Una ricerca preclinica condotta sulle cellule T regolatorie (Treg) dimostra l’utilità della tecnica per trovare una soluzione a patologie come il diabete di tipo 1
Non è più un mistero per nessuno che i linfociti T stiano diventando gli indiscussi protagonisti della medicina del prossimo futuro e il successo delle terapie CAR-T costituisce una solida prova del loro valore. Tuttavia, la comprensione del ruolo dei linfociti T passa attraverso la realizzazione che si tratta di un poliedrico insieme di cellule, altamente differenziate. La loro stessa eterogeneità è il punto su cui fare leva per poterli impiegare anche contro malattie autoimmuni quali il diabete e, come dimostrato da uno studio pubblicato su Science Translational Medicine, la tecnica di editing del genoma nota come CRISPR potrebbe essere la leva giusta per questa operazione.
Il gruppo di ricerca coordinato dal prof. David Rawlings, direttore del Children’s Research Institute’s Center for Immunity and Immunotherapies di Seattle, ha coordinato un interessante lavoro di ricerca sull’impiego dei linfociti T con funzione regolatoria (le cosiddette Treg, Regulatory T cells) nella lotta alle malattie autoimmuni tra cui il diabete di tipo 1 o il Lupus Eritematoso Sistemico. In quest’ultimo caso, la possibilità di sfruttare le cellule T per trattare la malattia era già passata attraverso il ricorso alle CAR-T che potrebbero riconoscere e distruggere le cellule B responsabili della produzione di autoanticorpi tipici della patologia. Diversamente da questa possibilità l’idea considerata da Rawlings si focalizza sull’opportunità di ricorrere a CRISPR per correggere i difetti che causano un’interruzione o un danneggiamento dell’azione dei linfociti T regolatori. Infatti, nel timo i linfociti T che esprimono il recettore delle cellule T (TCR, T-cell receptor) subiscono una conversione a linfociti T regolatori assumendo un ruolo importante per il mantenimento della risposta immunitaria e il contrasto dell’infiammazione. In particolare, essi bilanciano l’effetto dei linfociti T effettori (Teff, Effector T cells) i quali, nelle patologie autoimmuni si scatenano contro alcune parti dell’organismo stesso. Nel diabete di tipo 1, ad esempio, la distruzione delle cellule beta delle isole di Langerhans è la principale ragione dell’assoluta carenza di insulina che contraddistingue la malattia. In questo caso, a differenza del diabete di tipo 2, il meccanismo alla base della malattia è proprio di tipo autoimmune.
La scarsità di cellule Treg nel circolo sanguigno e la difficoltà di prelevarle ed espanderle ha sempre reso arduo farne ricorso per tentare di mettere a punto una cura risolutiva. La scoperta che un’elevata espressione del gene FOXP3 - e pertanto un aumento delle concentrazioni della proteina da esso codificata - consente una produzione di cellule Treg efficaci ha spinto i ricercatori statunitensi a ricorrere a CRISPR per attivare il gene e favorire così la produzione di cellule Treg che bilancino l’effetto delle Teff. In questo modo sarà possibile proteggere le cellule del pancreas deputate alla produzione di insulina. Più in particolare, usando il sistema Crispr-Cas9 per introdurre una modifica nel gene FOXP3, i ricercatori sono riusciti a produrre delle cellule Treg a partire da linfociti T CD4+. Queste cellule conservano, inoltre, un profilo simile a quello delle Treg originali capaci di fermare l’azione delle cellule Teff: mostrano il medesimo profilo di espressione di antigeni di superficie delle cellule Treg, la stessa capacità di produrre citochine e un’identica sensibilità all’Interleuchina-2 (IL-2). Un altro aspetto molto importante è che le Treg prodotte grazie all’azione di CRISPR, oltre a dimostrare una robusta attività, sia in vivo che in vitro, sono risultate stabili e hanno la possibilità di essere espanse con una certa facilità. Al momento la strategia messa a punto dal team di Rawlings è stata studiata solamente in modelli animali.
Tra le patologie autoimmuni, il diabete di tipo 1 è certamente quella maggiormente studiata e una delle strategie più gettonate per trovare una soluzione alla malattia passa per lo sviluppo di cellule beta prodotte a partire da cellule staminali embrionali umane o da cellule staminali pluripotenti indotte (iPSC). Tali cellule possono essere trapiantate per consentire un recupero della produzione di insulina. Purtroppo, al trapianto è necessario associare una terapia immunosoppressiva per evitare che il sistema immunitario le aggredisca come nel caso delle cellule originali. Al fine di aggirare questo ostacolo, alcuni gruppi di ricerca stanno lavorando su un metodo di incapsulamento delle cellule trapiantate che, in tal modo, sarebbero protette dall’attacco del sistema immunitario. Tuttavia, ciò solleva un problema legato all’apporto dell’ossigeno e dei nutrienti limitando la sopravvivenza delle cellule per cui occorre affinare un metodo per rendere le cellule trapiantate invisibili al sistema immunitario.
Nel frattempo Rawlings e il suo team stanno continuando il loro cammino sul fronte delle cellule Treg. Se i risultati preclinici continueranno ad essere incoraggianti, i ricercatori potranno avviare un percorso che sfoci nella sperimentazione sull’uomo. La speranza è di avere tra le mani una potenziale terapia per malattie come il diabete di tipo 1 di cui soffrono milioni di persone nel mondo.