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Stefano Vella

Uno studio preclinico indica che è possibile eliminare in modo permanente il virus che causa l’AIDS. Ma l’applicazione clinica sull’uomo è ancora lontana, ne parliamo con Stefano Vella.

Da quasi 40 anni, la comunità scientifica internazionale sta cercando una cura per l’infezione da HIV, che - se non trattata - causa la sindrome da immunodeficienza acquisita (AIDS). Un articolo pubblicato la settimana scorsa su Nature Communications riporta uno studio preclinico, coordinato dalla Temple University di Philadelphia, che vede protagonisti una strategia terapeutica basata sugli antiretrovirali a rilascio prolungato (long-acting slow effective release antiretroviral therapy, Laser Art) e la tecnica di editing genomico CRISPR/Cas9 utilizzati insieme per eliminare il virus dalle cellule bersaglio in modelli murini.

Il virus dell’HIV, nome con cui è conosciuto dal 1986, è tristemente famoso per essere stato in grado di eludere con successo quasi ogni terapia utilizzata contro di esso in tutti questi anni di studio e sperimentazioni. Secondo i dati di UNAIDS, sono più di 36.7 milioni le persone infettate dall’HIV di tipo 1 (HIV-1) – la tipologia di infezione presa in considerazione nello studio e che corrisponde al 95% dei casi; bisogna ricordare che esiste anche l’HIV di tipo 2, diffuso principalmente in alcune zone dell’Africa, ma che inizia a diffondersi anche negli altri continenti – e ogni giorno si contano più di 5000 nuovi casi nel mondo. La terapia antiretrovirale (ART) è quella d’elezione e serve per limitare l’infezione, bloccando il ciclo di vita virale (e di conseguenza la replicazione). “Uno dei problemi più seri, relativamente alla possibilità di ‘eradicare’ l'infezione da una persona portatrice del virus, è legato alla capacità di HIV di integrare il suo genoma retro-trascritto nel DNA delle cellule bersaglio: i linfociti CD4 dell'organismo ospite, che sono coinvolte nella risposta immunitaria”, afferma Stefano Vella, già Direttore del Centro per la Salute Globale dell'ISS e past-president dell''International AIDS Society. Purtroppo, “è un evento che avviene immediatamente dopo l'infezione, ed è per questo che, malgrado l'efficienza della terapia ART nel tenerne a bada la replicazione (e far vivere le persone sieropositive), il virus non va più via. Come si interrompe la terapia, il virus riesce fuori dai suoi serbatoi”. In poche parole, se la terapia venisse interrotta, l’infezione riprenderebbe a causa della capacità del virus di integrarsi nel DNA delle cellule, dove rimane silente e inattaccabile dalla ART, e si avrebbe la progressione della malattia verso l’AIDS. Sebbene ad oggi la terapia antiretrovirale abbia trasformato l’HIV da malattia con un alto tasso di mortalità a malattia cronica, la cura definitiva resta l’obiettivo dei virologi di tutto il mondo.

La sfida nel trovare una cura per l’infezione da HIV-1 sta nel trovare il modo per eliminare il DNA integrato nel genoma delle cellule, o cellule infette, senza causare problemi all’organismo. Ad oggi, sono solo due i casi in cui è stata verificata la remissione a lungo termine dell’HIV nell’uomo ed erano entrambi casi particolari. Il gruppo di ricerca statunitense ha messo in pratica una procedura, sviluppata dal co-autore dello studio Kamel Khalili – professore presso il dipartimento di neuroscienze alla School of Medicine, Temple University – che utilizza il sistema CRISPR/Cas9 per rimuovere il DNA dell’HIV integrato nel genoma, combinandolo con la Laser Art. La Laser Art è una tecnologia sviluppata nel laboratorio di Howard Gendelman – medico presso il dipartimento di farmacologia e neuroscienze sperimentali alla University of Nebraska Medical Center (UNMC) – in collaborazione con Benson Edagwa, professore di farmacologia presso la UNMC, che permette la distribuzione controllata e lenta, nel tempo, di farmaci antiretrovirali. Inibendo la replicazione virale, si riduce la quantità di DNA dell’HIV nell’ospite e ciò consente a CRISPR di essere più efficace. Per testare la loro idea, i ricercatori hanno sperimentato la strategia su topi geneticamente modificati in laboratorio per produrre cellule T umane suscettibili all'infezione da HIV, permettendo l'infezione virale a lungo termine e la latenza indotta da ART. Successivamente, i topi sono stati trattati con Laser Art e con CRISPR-Cas9. Alla fine del trattamento, i topi sono stati esaminati per misurare la carica virale: le analisi hanno rivelato la completa eliminazione del DNA dell'HIV in circa un terzo dei topi infetti da HIV. Questi dati forniscono prova del concetto che è possibile eliminare in modo permanente il virus. “Il lavoro, benché eseguito su un modello murino, che assomiglia solo in parte a quel che accade nell'uomo, è interessante. Poiché la sede dell'integrazione di HIV è variabile, i ricercatori sono riusciti ad applicare la tecnica CRISP-Cas9 andando a tagliare il genoma integrato attraverso il riconoscimento di alcune sequenze specifiche, in particolare la sequenza codificante per la proteina Gag”, spiega Vella “Ora però, da qui a dire che tutto ciò possa essere applicato all'uomo, ce ne passa. I pazienti con HIV oggi riescono a vivere una vita praticamente normale, pur dovendo assumere una terapia a vita. Vanno, quindi, considerati i potenziali rischi di un intervento CRISP-Cas9 su cellule umane, quali ad esempio gli eventi off-target (i tagli in punti indesiderati)”.

Lo studio, pur essendo un passaggio fondamentale verso la possibile cura per l’HIV, è in fase preclinica e, sebbene i risultati siano incoraggianti per i possibili sviluppi futuri, il percorso dai modelli animali all’uomo è lungo e complesso. Inoltre, i numeri molto piccoli dello studio richiedono un follow-up (ovvero di essere seguiti nel tempo) e potrebbero anche non essere significativi: solo 2 topi sui 7 trattati con la terapia combinata non presentano un ritorno di carica virale dopo due settimane. L’efficienza non è alta – bisogna capire perché molti degli animali non hanno portato a risultati positivi - e la specificità della sequenza che CRISPR riconosce potrebbe essere un problema. Se da un lato, essendo altamente specifica, riduce gli eventi off-target (non rilevati in questo studio), dall’altro può causare un fenomeno di resistenza: un virus che muta velocemente come HIV potrebbe rendere CRISPR inutilizzabile in poco tempo. Inoltre, il sistema CRISPR-Cas9 dovrebbe essere veicolato in tutto il corpo, cosa non proprio banale in un organismo complesso come l’essere umano. È comprensibile che l’eccitazione sia notevole, ma bisogna tenere i piedi per terra e affrontare il lungo percorso di sperimentazione con rigore scientifico.

Negli ultimi mesi si è parlato molto dell’utilizzo di strategie molto discutibili di editing genomico per eradicare l’HIV: dalle gemelline cinesi geneticamente modificate, allo scienziato russo che vorrebbe mettere in pratica un esperimento simile. Sperimentazioni che non hanno dimostrato nessuna evidenza scientifica riguardo alla sicurezza e all’efficacia, e che sono state eseguite contro le procedure condivise all’interno della comunità scientifica internazionale.

Questa nuova ricerca pone sicuramente delle basi scientificamente solide, eticamente corrette e meno rischiose. Ma siamo ancora lontani dall’applicazione clinica sull’uomo. “Sicuramente c'è molta strada ancora da fare e sarebbe importante provare questa tecnica su sistemi più complessi, tipo sui primati non umani con il virus SIV (simian immunodeficiency virus – virus simile all’HIV che infetta le scimmie)”, conclude Vella.

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