Una ricerca statunitense pubblicata su Cancer Discovery chiama in causa i meccanismi epigenetici di metilazione per alzare i livelli di persistenza delle CAR-T all’interno dell’organismo
Come tutte le terapie avanzate anche quelle a base di cellule CAR-T sono accompagnate da interrogativi in merito alla reale efficacia o agli effetti avversi a cui si accompagnano. Ma, visti i traguardi tagliati dalle CAR-T nella lotta ai tumori ematologici, in questo momento la domanda più ricorrente ad esse connessa è relativa a quanto a lungo nel tempo potranno mantenersi i benefici prodotti sull’organismo. E, soprattutto, come sarà possibile aumentare la loro persistenza in circolo nei riceventi al fine di farne durare gli effetti? Un interessante studio apparso sulle pagine della rivista Cancer Discovery potrebbe suggerire una soluzione verso cui dirigere le prossime ricerche.
Guidati dal professor Michel Sadelain, del Center for Cell Engineering and Immunology Program presso il Memorial Sloan Kettering Cancer Center di New York, i ricercatori sono riusciti ad aumentare il tasso di espansione precoce, la persistenza a lungo termine e l’effetto anti-tumorale delle cellule CAR-T prodotte a partire da campioni biologici di pazienti in modelli di leucemia e cancro alla prostata. Ciò è stato possibile intervenendo sul gene SUV39H1, che codifica una istone-lisina N-metiltransferasi, vale a dire un particolare enzima coinvolto in processi di metilazione delle proteine.
Per effettuare la modifica su SUV39H1 i ricercatori statunitensi si sono avvalsi del sistema di editing genomico Crispr-Cas9 che oggi sta permettendo di realizzare cose impensabili solo fino a pochi anni fa e che sta contribuendo a far avanzare nuovi filoni di ricerca. Dopo aver apportato le modifiche al gene SUV39H1 nelle CAR-T essi le hanno somministrate a topi precedentemente sottoposti a impianti di cellule leucemiche umane o di cancro alla prostata: mentre gli esemplari che avevano ricevuto le “classiche” CAR-T - cioè quelle prive della modifica con cui è stato spento SUV39H1 - sono andati incontro a recidiva e, quindi, deceduti, quelli a cui sono state somministrate le CAR-T “modificate” non solo sono sopravvissuti ma le loro CAR-T sono riuscite a durare più a lungo, mantenendo la funzionalità e riuscendo così a eliminare le cellule tumorali.
Le analisi degli esiti dell’esperimento eseguito sui modelli murini hanno confermato l’aumentata espressione dei fattori collegati a una maggior persistenza delle CAR-T in circolo e una riduzione di quelli che sembrano poterne esaurire l’efficacia a lungo termine. In pratica le CAR-T modificate sembrano in grado di mantenere i loro effetti anti-tumorali, sebbene i ricercatori le avessero esposte nel corso del tempo a nuovi tumori. “Questi risultati suggeriscono che le cellule CAR-T in cui SUV39H1 è modificato siano in grado di ridurre il rischio di recidiva nei pazienti”, commenta il dottor Zeguo Zhao, del laboratorio di Sadelain, che ha preso parte alla ricerca. Ciò si verifica in conseguenza del fatto che l’interruzione del gene SUV39H1 conduce al ripristino dell’espressione di vari geni implicati nel sostenere la longevità delle cellule T. Nel loro articolo, infatti, gli scienziati statunitensi osservano come, concretamente, i cambiamenti epigenetici che determinano lo spegnimento del gene SUV39H1 abbiano un effetto a catena su altri geni da esso regolati. Disabilitare questo singolo gene ha causato lo spegnimento di tutti gli altri. “Piuttosto che cercare di modificare l’espressione dei vari geni singolarmente, abbiamo pensato di concentrarci solo sull’interruzione di SUV39H1”, spiega Nayan Jain, primo autore dello studio pubblicato su Cancer Discovery. “Ciò ha consentito di regolare con precisione l’espressione di più geni contemporaneamente allo scopo di migliorare la funzionalità dei linfociti T”.
Si tratta di risultati che dovranno trovare conferma in studi clinici di ampia portata condotti su pazienti, il team di Sadelain è comunque convinto di aver imboccato una strada promettente. “Se potessimo aiutare le cellule CAR-T a mantenere la loro funzione interrompendo le funzioni di un solo gene, potremmo ricavare un’ampia gamma di benefici per i pazienti”, afferma Jain. Infatti, il fenomeno dell’esaurimento delle CAR-T, per cui esse perdono la loro capacità di riconoscere e uccidere le cellule neoplastiche, è uno dei problemi a cui scienziati e clinici impegnati nello sviluppo di queste terapie devono trovare risposta. Tra le ipotesi formulate per spiegare questo fenomeno - che coincide con la nuova proliferazione delle cellule tumorali - c’è anche quella che i linfociti T prelevati dai pazienti per essere ingegnerizzati ed esprimere così l’antigene di sintesi CAR si trovino in stato di sofferenza dopo i vari cicli di chemioterapia che hanno preceduto la scelta di passare alle CAR-T. Modificare delle cellule stressate e fiaccate dalla malattia e da terapia aggressive potrebbe non facilitarne il processo di moltiplicazione neppure dopo la fase di “potenziamento”. L’approccio messo a punto da Sadelain e dal suo team richiede, invece, un minor numero di cellule, aumentando la longevità delle CAR-T senza comprometterne la funzione di “killer” del cancro. E riducendo allo stesso modo il rischio di insorgenza della sindrome da rilascio di citochine (CRS), uno dei più gravi effetti collaterali legati a queste nuove forme di trattamento.
A credere in questo genere di ricerca è la società di biotecnologie Mnemo Therapeutics, che potrebbe supportare la realizzazione delle prime fasi cliniche di validazione del metodo. Per ora tuttavia, servono prudenza e una robusta dose di finanziamenti, oltre che la costruzione di una fitta rete di collaborazioni attraverso cui condurre questo progetto nelle acque profonde della sperimentazione clinica. Ma se la strategia della programmazione epigenetica delle CAR-T avesse successo i livelli di sicurezza e di efficacia delle future versioni di tali farmaci innovativi potrebbero ulteriormente supportarne la validità quali strumenti contro tutti i tumori, compresi quelli solidi oggi molto più difficili da trattare.