Una molecola “apripista” ha migliorato l'infiltrazione delle cellule CAR-T nel microambiente tumorale riducendo i tumori solidi in studi preclinici su modelli animali
Le terapie a base di cellule CAR-T sono ormai entrate nella pratica clinica per il trattamento di alcuni tumori del sangue ma non ancora dei tumori solidi. In questo ambito uno dei problemi che i ricercatori devono superare è la crescita anormale dei vasi sanguigni nel microambiente tumorale, che in alcuni casi può bloccare la penetrazione dei linfociti e delle cellule CAR-T nel sito dove si trova il tumore. Un team di ricerca statunitense ha quindi pensato di associare alla terapia CAR-T una sorta di molecola “apripista” che consenta la penetrazione nel microambiente tumorale delle cellule T normali e potenziate, favorendo l’attacco delle cellule maligne. Lo studio preclinico, pubblicato lo scorso novembre su Nature Cancer, ha mostrato dati incoraggianti.
LA MOLECOLA “APRIPISTA”
Per prima cosa, i ricercatori dell’University of Pennsylvania School of Medicine hanno condotto un ampio screening su oltre 500 chinasi (enzimi), che regolano l'attivazione delle cellule endoteliali umane (cellule che formano i vasi sanguigni) dei pazienti affetti da glioblastoma, il tumore del cervello più comune e aggressivo. Gli esperti hanno scelto proprio questo tumore perché ha una vascolarizzazione elevata e anormale che lo porta ad essere “immunologicamente freddo”, cioè un tumore che non risponde all’attacco del sistema immunitario perché le cellule T non riescono a raggiungerlo.
In seguito allo screening il team della Penn University ha scoperto che PAK4 (la chinasi 4 attivata da p21) – già riconosciuto come fattore di crescita nei tumori solidi – è responsabile della vascolarizzazione nei tumori solidi. L’enzima PAK4 guida infatti la riprogrammazione genetica delle cellule endoteliali tumorali che rivestono le pareti dei vasi sanguigni e portano ad anomalie vascolari. Grazie a un farmaco inibitore, in grado di inattivare PAK4 nelle cellule endoteliali del glioblastoma, i ricercatori hanno ripristinato l'espressione delle proteine di adesione – importanti per il reclutamento delle cellule immunitarie – e stimolato l'infiltrazione delle cellule T nei tumori. Sono riusciti così a modificare la morfologia dei vasi sanguigni rendendola meno caotica e a “normalizzare” il microambiente.
POTENZIARE LE TERAPIE CAR-T
A questo punto i ricercatori hanno provato a utilizzare la terapia CAR-T insieme a un inibitore di PAK4 in modelli di topi con glioblastoma. I dati raccolti hanno mostrato che l'inibizione di PAK4 riduceva la vascolarizzazione anormale, migliorava l'infiltrazione delle cellule T e inibiva la crescita del tumore nei topi. Inoltre, l'inibizione di PAK4 normalizza il microambiente vascolare del tumore e sensibilizza il glioblastoma alla terapia CAR-T. Circa l'80% dei topi privi di PAK4 (knockout per PAK4) è sopravvissuto per almeno 60 giorni dopo la conclusione dell'esperimento, mentre tutti i topi di controllo (in cui PAK4 non era stato “spento”) sono morti entro 40 giorni dall'impianto del tumore.
In un altro esperimento l’associazione di un inibitore PAK4 con una terapia cellulare CAR-T diretta contro una variante del recettore del fattore di crescita epidermico III (EGFRvIII), un fattore coinvolto nello sviluppo dei tumori, ha mostrato una riduzione di quasi 80% nella crescita del tumore rispetto ai topi che avevano ricevuto la sola terapia CAR-T. In particolare, quasi il 40% dei topi nel gruppo della terapia di combinazione è sopravvissuto anche a 33 giorni dopo l'impianto del tumore, quando tutti i topi negli altri gruppi erano morti.
“La risposta alle terapie con cellule CAR-T nei pazienti affetti da glioblastoma è scarsa perché queste non riescono a entrare nel tumore”, ha spiegato Yi Fan, professore associato presso la Perelman School of Medicine dell’Università della Pennsylvania e autore del lavoro. “Il nostro studio mostra che disattivare la riprogrammazione genetica delle cellule endoteliali con un inibitore PAK4 può aiutare ad ‘aprire la porta’ e consentire così sia alle cellule T che alle cellule T ingegnerizzate di raggiungere il tumore e compiere il loro lavoro”.
NON SOLO GLIOBLASTOMA
Secondo gli autori del lavoro le molecole inibitrici di PAK4 possono, dunque, fornire un'opportunità unica per ricondizionare il microambiente tumorale e migliorare l’efficacia delle cellule CAR-T nei tumori solidi. I risultati supportano anche l'idea che la normalizzazione dei vasi sanguigni mediante l'inibizione di PAK4 possa migliorare l’arrivo a destinazione del farmaco e ridurre la privazione di ossigeno nota come ipossia, portando così a una migliore risposta alle terapie target, radioterapia e chemioterapia. “È importante sottolineare che questo potrebbe non essere limitato solo ai tumori cerebrali”, ha concluso Fan. “Potrebbe potenzialmente essere utilizzato per tanti tipi di tumori, incluso tumore al seno, al pancreas e altri ancora, perché l'anomalia vascolare è una caratteristica comune per quasi tutti i tumori solidi”.