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Osservatorio Terapie Avanzate - Video

Un team di biologi e informatici ha creato robot biologici partendo da cellule embrionali di rana. In grado di muoversi in ambienti acquosi in risposta agli stimoli esterni, e non solo

Gli xenobot stanno capovolgendo alcuni punti cardine della biologia dello sviluppo. Vedendoli nuotare nei piattini da laboratorio potrebbero essere scambiati per microrganismi acquatici, che si muovono liberamente e interagiscono tra loro. In realtà si tratta di ammassi di cellule di Xenopus laevis, una specie di rana e modello animale usato in laboratorio, che sono completamente scollegate da qualsiasi fase dello sviluppo dell’anfibio da cui provengono. Studiarli potrebbe portare a interessanti scoperte nell’ambito della biologia dello sviluppo, ma anche in altri campi in cui si studiano le interazioni cellulari e gli effetti delle “istruzioni” scritte nel genoma. Potrebbero anche diventare preziosi modelli per la medicina rigenerativa. Un recente studio, pubblicato su Science Robotics, descrive una nuova generazione di xenobot, in grado di prendere una forma senza l’intervento umano.

UNA NUOVA FORMA DI VITA MULTICELLULARE?

Nei piattini da laboratorio (più tecnicamente, capsule Petri) gli xenobot si comportano come una comunità, rispondendo alla presenza l'uno dell'altro e partecipando ad attività che si possono definire collettive. La scorsa primavera si era già parlato di xenobot: un team di biologi e informatici della Tufts University e dell'Università del Vermont (Stati Uniti) aveva creato minuscole macchine biologiche da cellule di rana in grado di muoversi, spingere un piccolo carico e persino esibire un comportamento collettivo in presenza di altri xenobot. Lo studio era stato pubblicato sulla rivista scientifica PNAS (Proceedings of the National Academy of Sciences).

Lo stesso gruppo di ricerca, ora guidato dal prof. Michael Levin, ha creato xenobot che si auto-assemblano in un “corpo” a partire da singole cellule senza interventi esterni, non richiedono cellule muscolari per muoversi e dimostrano capacità di memoria. Una nuova versione migliorata, che non necessita dell’intervento manuale dell’uomo per posizionare e modellare i tessuti. Gli scienziati hanno lasciato agli xenobot la libertà di auto-assemblarsi e formare delle strutture sferoidi, in cui alcune cellule si sono anche differenziate per formare delle piccole ciglia per il movimento. Nella prima versione, invece, il movimento era provocato dalla contrazione ritmiche delle cellule cardiache “scolpite” manualmente dall’uomo.

BIOLOGIA E SIMULAZIONI

Nella loro condizione standard, le cellule embrionali di rana cooperano per la creazione del girino, ma rimuovendo quel contesto specifico le stesse cellule assumono ruoli nuovi, ad esempio andando a formare strutture non previste (le ciglia) o creando nuovi piani di sviluppo corporeo. Mentre i ricercatori della Tufts University creavano fisicamente gli “organismi” in laboratorio, gli scienziati dell'Università del Vermont si occupavano delle simulazioni al computer: xenobot di forme diverse possono avere comportamenti diversi? Simulando centinaia di migliaia di condizioni casuali, sono stati in grado di identificare l’insieme di xenobot più efficienti nell’eseguire il compito richiesto (per ora si tratta di incarichi molto semplici).

UNA MEMORIA FUNZIONANTE

Un’altra novità è la memoria, dato che registrare informazioni e usarle per modificare il comportamento dei robot è una funzione fondamentale, anche nel caso di robot biologici. È stata testata utilizzando una proteina in grado di cambiare colore se esposta alla luce ad una specifica lunghezza d’onda. Un punto sulla capsula Petri è stato illuminato da un fascio di luce di 390 nanometri, sufficiente a indurre il cambiamento di colore della proteina da verde a rossa, e gli xenobot che sono passati in quel punto hanno cambiato colore, “registrando” il passaggio. L’obiettivo futuro è quello di estendere la memoria molecolare per registrare anche altri stimoli, come ad esempio le radiazioni, inquinanti, farmaci, e magari più di uno contemporaneamente, riuscendo anche a cambiare comportamento in risposta alle sostanze rilevate.

AUTOGUARIGIONE E SOPRAVVIVENZA

Come se ciò non bastasse, gli xenobot sono in grado di “guarire” da soli, cosa che i robot di ferro e circuiti non possono fare. I processi di guarigione fanno intrinsecamente parte del mondo dei viventi e questa caratteristica è conservata anche nel caso di ammassi di cellule embrionali di rana. Ovviamente le cellule hanno un loro metabolismo e questo potrebbe rivelarsi un punto di grande interesse per gli studi di biologia sintetica, che molto spesso prevede la riprogrammazione di organismi per la produzione di molecole utili. Per quanto riguarda la sopravvivenza, questi robot biologici dalla forma sferica possono sopravvivere fino a 10 giorni con la loro riserva energetica ma, se immersi in sostanze nutritive, arrivano a diversi mesi di attività.

DA MODELLO DI STUDIO ALLA PULIZIA DELLE ARTERIE

Gli obiettivi da raggiungere e gli ambiti di possibili future applicazioni sono molteplici. Innanzitutto, possono essere considerati un nuovo modello di studio per la medicina rigenerativa, offrendo un metodo all’avanguardia – e diverso dagli organoidi – per studiare come le cellule comunicano e si specializzano. Questo permetterà anche di approfondire l’origine, in termini evolutivi, degli organismi multicellulari a partire da quelli unicellulari. Inoltre, acquisendo sempre nuove capacità, potrebbero diventare strumenti viventi per fare compiti più complessi: dalla pulizia delle microplastiche o di altri contaminanti alle applicazioni biomediche in cui gli xenobot potranno viaggiare nel corpo umano, ad esempio per identificare il cancro, ricostruire tessuti o pulire le arterie dal colesterolo accumulato.

Riconoscendo l'enorme impatto che questa tecnologia potrebbe avere in futuro, la Tufts University e l'Università del Vermont hanno istituito l'Institute for Computer Designed Organisms (ICDO), che sarà lanciato formalmente nei prossimi mesi e che vuole gettare le basi di un nuovo ambito di ricerca in cui vita e macchine si intersecano indissolubilmente.

Crediti video: Doug Blackiston and Sam Kriegman

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