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stampa 3D

Un gruppo di ricercatori americani ha trovato il modo per stampare in 3D la pelle completa di vasi sanguigni. Un passo significativo per la creazione di innesti sempre più simili alla pelle naturale

È vero che gli innesti cutanei allogenici (cioè con cellule provenienti da un donatore) attualmente disponibili e utilizzati per il trattamento di alcune tipologie di ferite accelerano la guarigione, ma presentano alcune problematiche. Uno studio pubblicato il primo novembre su Tissue Engineering Part A illustra una nuova tecnica basata sulla biostampa 3D per creare pelle formata da cellule vive e completa di vasi sanguigni. Gli scienziati del Rensselaer Polytechnic Institute (New York), che si occupano di bioingegneria, hanno collaborato con la Yale School of Medicine per stampare in tre dimensioni il tessuto e testarlo su modelli animali. I risultati della ricerca sono molto promettenti, anche se la sperimentazione sull’uomo è ancora lontana.

Non ci pensiamo spesso, ma la pelle è l’organo più esteso nei mammiferi e nell’uomo ha una superficie di circa 2 metri quadrati. Le sue funzioni sono molte e comprendono la protezione, la termoregolazione, la sensibilità e molto altro ancora. È quindi necessario avere a disposizione degli strumenti per rigenerare la pelle o sostituirla in caso di ferite, ustioni, malattie genetiche, traumi o infezioni gravi. L’ingegneria tissutale della pelle permette di combinare materiali biologici e sintetici con cellule in vitro per creare dei tessuti funzionali. Questo ambito dell’ingegneria ha fatto grandi progressi negli ultimi anni ed è possibile trovare in commercio diversi sostituti cutanei, sia fatti di cellule che sintetici. Un problema degli innesti è l’integrazione completa del lembo di tessuto con l’organismo: la mancanza di vasi sanguigni, necessari per il mantenimento del tessuto, ne limita l’utilizzo e può causare il distaccamento dello stesso. Quando non c’è circolazione di sangue nel tessuto le cellule non vengono nutrite, le sostanze di scarto non vengono eliminate e, di conseguenza, il tessuto viene danneggiato e non sopravvive a lungo.

Il gruppo di ricerca coordinato da Pankaj Karande, professore associato di ingegneria chimica e biologica e membro del Center for Biotechnology and Interdisciplinary Studies (CBIS), ha dimostrato che combinando più tipi cellulari - tra cui i melanociti (responsabili del colore della cute), le cellule endoteliali (che rivestono l’interno dei vasi sanguigni) e i periciti (che circondano le cellule endoteliali nei piccoli vasi, come i capillari) immersi nel collagene estratto da modelli murini - e utilizzando questo preparato come se fosse una sorta di “inchiostro biologico”, è possibile stampare in 3D la pelle con tanto di vasi sanguigni. I ricercatori lavoravano da diversi anni a questa sfida e, in uno studio precedente, erano riusciti a trasformare due tipi di cellule umane viventi in bio-inchiostro e stampare una struttura simile alla pelle, ma ancora distante dalla loro idea. Da allora hanno lavorato in collaborazione con la Yale School of Medicine per stampare un tessuto vascolarizzato e tentare l’innesto in modelli murini. La pelle ottenuta con la stampa in 3D si integra efficacemente con l’organismo ospite, sia per quanto riguarda le cellule superficiali che il tessuto sottostante. La cosa stupefacente è che si sono spontaneamente creati dei collegamenti tra i vasi sanguigni dell’ospite e quelli stampati e innestati. In questo modo il tessuto è nutrito e si mantiene vivo, eliminando il problema del distaccamento.

La biostampa 3D ha un enorme potenziale nell’ambito della medicina di precisione e permetterebbe di adattare il trattamento al singolo paziente. Il prossimo obiettivo è quello di creare un tessuto più complesso, funzionale ed efficiente e poterlo utilizzare su pazienti umani con diversi problemi, tra cui le ulcere e alcune conseguenze del diabete. Nel caso di ustioni gravi il discorso può essere più complesso perché vengono coinvolte anche le terminazioni nervose. Per usarlo in ambito clinico è però necessario un ulteriore passaggio: le cellule del donatore, utilizzate per preparare il bio-inchiostro, dovranno essere modificate geneticamente per evitare il rischio di rigetto. La tecnologia di editing genomico CRISPR potrebbe rispondere a questa necessità, anche se lo stesso Karande ha affermato che è ancora troppo presto per parlarne.

In questo breve video Pankaj Karande presenta la sua ricerca.

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