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Progeria

Uno studio pubblicato su Nature mostra come l’utilizzo di CRISPR in modalità ‘base-editing’ sia in grado di rallentare il processo di invecchiamento prematuro su modelli animali

La progeria è una malattia genetica rara che porta i bambini a invecchiare precocemente. I segni non colpiscono solo l’aspetto esteriore ma, purtroppo, anche gli organi interni con conseguenze fatali. Da qualche anno diversi gruppi di ricerca stanno studiando l’editing genomico come possibile strategia terapeutica. Un nuovo studio, che porta la firma di David Liu – pioniere dell’editing genomico – e di Francis Collins - direttore del NIH - ha dimostrato, in studi preclinici su topi, la possibilità di usare la tecnica di ‘base-editing’ per modificare in maniera precisa ed efficace la mutazione del gene che causa la progeria. I risultati mostrano un significativo rallentamento dell’invecchiamento e un raddoppiamento dell’aspettativa di vita. La speranza è che questi risultati possano aprire la strada alla ricerca clinica di quest’innovativa strategia.

L’EDITING GENOMICO PER LA PROGERIA

La sindrome dell’invecchiamento prematuro, nota come progeria o sindrome progeroide di Hutchinson-Gilford (HGPS), è una malattia genetica ultrarara che colpisce un bambino su 4-8 milioni e, ad oggi, si stima che nel mondo vi siano circa 250 pazienti affetti da progeria infantile. La patologia è causata da una mutazione del gene LMNA che codifica la proteina lamina A, fondamentale per la struttura e il corretto funzionamento del nucleo cellulare. I bambini affetti nascono sani, hanno un normale sviluppo cognitivo, ma dopo il primo anno di vita mostrano un’accelerazione dei processi di invecchiamento e i tratti tipici delle persone anziane: alterazioni dello scheletro e osteoporosi, perdita della forza muscolare, assottigliamento della pelle, perdita dei capelli, problemi cardio-cicolatori. L’aspettativa di vita è limitata alla seconda decade di età e durante l’adolescenza i pazienti sono colpiti da malattie cardiovascolari e cerebrali.

Nel 2019 due importanti studi, pubblicati sullo stesso numero della rivista scientifica Nature Medicine e di cui abbiamo scritto qui, avevano dimostrato che utilizzando il sistema di editing genomico Crispr-Cas9 per modificare il gene LMNA è possibile ottenere dei benefici clinici con un significativo rallentamento del processo di invecchiamento in modelli di topo affetti da progeria. Risultati promettenti che hanno incoraggiato diversi ricercatori a continuare su questa strada.

PUNTARE AL BASE EDITING

È stata accolta con molto entusiasmo una nuova pubblicazione comparsa a inizio gennaio su Nature e che sposta l’asticella ancora più in alto. Uno studio che porta le firme di David Liu della Harvard University e del Broad Institute del MIT, uno dei pioniere della tecnologia CRISPR e in particolar modo del base-editing, e di Francis Collins, genetista che ha guidato il Progetto Genoma Umano e che dal 2009 è direttore dei National Institutes of Health (NIH) statunitensi. La mutazione a carico del gene LMNA che causa la progeria è stata scoperta nel 2003 proprio nel laboratorio del NIH di Collins: un difetto apparentemente piccolo, la sostituzione di una lettera C con una T, ma deleterio. In oltre il 90% dei pazienti questa singola mutazione puntiforme, che sostituisce nel gene LMNA una coppia di nucleotidi CG in una TA, porta alla produzione di una proteina tossica conosciuta come progerina. “Con questa scoperta si era aperta la possibilità di riuscire un giorno a correggere questo errore di battitura e aiutare, o addirittura curare, i bambini con progeria”, ha scritto Francis Collins sul suo blog. “Ma allora, non avevamo gli strumenti necessari per modificare il DNA in modo sicuro e preciso. Ora, grazie ai progressi della ricerca nel campo dell’editing genomico, compreso il lavoro che ha portato al premio Nobel per la chimica del 2020, si può fare. Ad essere onesti, non pensavo che sarebbe stato possibile durante la mia vita”.

Per ripristinare la coppia originale di nucleotidi, è stata utilizzata la tecnica di base-editing che permette di correggere la sequenza del DNA senza tagliare la doppia elica bensì intervenendo con una modifica chimica. I ricercatori hanno utilizzato una proteina Cas9 chimerica in maniera tale da portare con sé sulla sequenza bersaglio anche l’enzima adenosina deaminasi, in grado di modificare l’incriminata adenosina (A) in inosina (I). L’inosina viene poi riconosciuta dal meccanismo di replicazione del DNA come una G, portando quindi la cellula a riparare praticamente da sola la mutazione del gene LMNA.

RISULTATI PROMETTENTI

I primi esperimenti sono stati condotti in vitro su fibroblasti (cellule del derma) prelevate da pazienti con progeria. I ricercatori hanno dimostrato che la tecnica di base-editing è in grado di correggere in maniera specifica la mutazione, con un’ottima efficienza (87-91%) e con un rischio limitato di effetti “off-target” (ovvero di cambiamenti indesiderati in altri punti del genoma). Il passo successivo è stato di passare ad esperimenti in vivo su modelli animali, topi geneticamente modificati in cui è stata inserita la mutazione e che sviluppano la progeria. Per veicolare il DNA che codifica il base-editor all’interno delle cellule i ricercatori hanno scelto un virus adeno-associato (AAV), classico vettore virale usato per la terapia genica, che è stato iniettato nei topi a 14 giorni dalla nascita, che corrisponde a circa 5 anni di età nell’uomo. È stato quindi osservato che, dopo sei mesi, fino al 60% delle cellule delle ossa, muscolari scheletriche, epatiche e cardiache possedevano la versione corretta del gene LMNA, risultato importantissimo considerando gli effetti pleiotropici su tutto l’organismo di questa malattia. Rispetto ai topi di controllo, quelli trattati hanno mostrato una riduzione della quantità di progerina e un aumento dei livelli di lamina A in diversi tessuti, con un significativo miglioramento dei parametri connessi allo sviluppo di patologie cardiache. Inoltre, l’aspettativa di vita dei topi trattati è raddoppiata, suggerendo un forte impatto di questa strategia di editing genomico.

“I risultati sono stati nettamente superiori a ciò che osavamo anche solo sperare”, ha dichiarato Collins. “Siamo speranzosi che questo lavoro possa alla fine portare a una cura per la progeria. Ma i topi certamente non sono esseri umani, e ci sono ancora passi importanti che devono essere completati prima che un tale trattamento di editing genomico possa essere provato in modo sicuro nelle persone”. E su questi prossimi passi gli scienziati stanno già lavorando. In particolar modo Leslie Gordon, professoressa alla Brown University e coautrice dello studio, il cui figlio è morto di progeria. Gordon, cofondatrice della Progeria Research Foundation, si sta già muovendo per avviare collaborazioni con aziende farmaceutiche e biotech, tra cui Beam Therapeutics cofondata da David Liu, nella speranza di poter avviare una sperimentazione clinica in un futuro prossimo. "Troveremo un modo per farlo per questi bambini", ha dichiarato Gordon.

 

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