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Trial Clinici

Con la pubblicazione dei risultati di uno studio clinico di Fase III si confermano l’efficacia e la sicurezza di valoctocogene roxaparvovec 

Il percorso di approvazione di valoctocogene roxaparvovec, una nuova terapia genica per l’emofilia A, assomiglia alla tappa di montagna di una corsa ciclistica: si parte da lontano cioè dalla ricerca in laboratorio, si fatica a mantenere il ritmo sulle dure salite costituite dagli studi clinici e, infine, dopo tanti sforzi si spera di arrivare al traguardo della commercializzazione. L’articolo apparso lo scorso marzo sulle pagine della rivista The New England Journal of Medicine riporta i promettenti risultati di uno studio di Fase III e costituisce una tappa importante del percorso che punta alla meta, ma che non è ancora quella conclusiva.

Superate le pendenze dei passi di montagna, la corsa procede a velocità sostenuta sulla discesa che porta al traguardo; un settore dove comunque non mancano i rischi di cadute o rallentamenti e bisogna procedere con attenzione. Infatti, valoctocogene roxaparvovec è indicata tra le 7 terapie avanzate per cui è atteso entro il 2022 il nulla osta dell’Agenzia Europea dei Medicinali (EMA). Si tratta di una terapia genica sviluppata da BioMarin Pharmaceutical che sfrutta un vettore adeno-virale di tipo 5 (AAV5) per veicolare nell’organismo un frammento di DNA codificante il fattore VIII (FVIII) della coagulazione, che nella malattia viene a mancare. I risultati preliminari degli studi di Fase I/II effettuati su pazienti affetti dalla forma grave di emofilia A avevano messo in evidenza la capacità del farmaco di ridurre i tassi di sanguinamento e, di conseguenza, la frequenza delle infusioni a cui i pazienti devono sottoporsi.

Infatti, come descritto anche nel romanzo “Nico è così” incentrato su un adolescente affetto da emofilia, attualmente la gestione terapeutica dei malati passa attraverso la continuativa e ripetuta somministrazione di concentrati del FVIII ricombinanti o di derivazione plasmatica, rendendo spesso difficoltosa l’aderenza e la continuità terapeutica, soprattutto per i gli adolescenti che si trovano ad affrontare le tante sfide della vita. 

I dati pubblicati sulla rivista scientifica edita dalla Massachusetts Medical Society si riferiscono allo studio multicentrico di Fase III GENEr8-1, condotto in aperto su 134 pazienti affetti da emofilia A di tipo severo precedentemente sottoposti a profilassi con concentrato di FVIII per almeno un anno e senza precedenti di sviluppo di autoanticorpi inibitori contro il FVIII o anticorpi anti-AAV5 preesistenti. È stata effettuata una singola infusione di 6×1013 particelle vettoriali di valoctocogene roxaparvovec per Kg di peso corporeo. Secondo quello che si legge nella descrizione dello studio, l’obiettivo principale era il cambiamento dell’attività del FVIII (misurata tra le 49 e le 52 settimane dopo l’infusione) rispetto ai valori basali. Gli outcome secondari che i ricercatori si sono posti coincidevano con la variazione dell’utilizzo annualizzato dei concentrati di FVIII (infatti, nei pazienti arruolati la profilassi con FVIII è proseguita nelle 4 settimane dopo l’infusione della terapia genica, come da protocollo, e poi è stata usata solo al bisogno) e dei tassi di sanguinamento. Infine, è stata valutata la sicurezza della terapia con la registrazione dei possibili eventi avversi. 

Dei 134 pazienti arruolati (che, nel complesso, hanno raggiunto e completato le 51 settimane di follow-up), 2 sono risultati positivi all’esame dell’HIV e sono usciti dallo studio e nei 132 rimanenti è stato osservato un aumento del livello medio dell’attività del FVIII statisticamente significativo. Inoltre, nei 112 individui della popolazione rollover, arruolati tramite uno studio prospettico non interventistico (da cui sono stati ottenuti dati sui sanguinamenti e sull’utilizzo dei preparati a base di FVIII per almeno 6 mesi e che sono stati usati per le opportune valutazioni comparative) è stata osservata una riduzione, rispettivamente del 98,6% e dell’83,8%, nell’uso dei concentrati di FVIII e nei tassi di sanguinamento. In aggiunta a ciò, un dato di grande incoraggiamento consiste nel fatto che, dopo l’infusione di valoctocogene roxaparvovec, l’attività del FVIII sembrava mantenersi nel tempo poiché il 90,3% dei partecipanti allo studio non è andato incontro a emorragie o ha avuto meno emorragie trattate, rispetto a quanto osservato nel gruppo non interventistico.

Infine, sebbene tutti i partecipanti abbiano riportato almeno un evento avverso (mal di testa, nausea, aumento dei livelli di AST o ALT), solo nel 16,4% dei pazienti è stata riportata l’insorgenza di eventi avversi gravi. I ricercatori hanno notato che nell’85,8% dei pazienti trattati si è assistito a un rialzo del valore dell’enzima epatico alanina aminotransferasi (ALT), una problematica gestita con la somministrazione di farmaci immunosoppressori e glucocorticoidi. 

Ora, un po’ come l’attesa del ciclista che si presta a tagliare il traguardo con le mani alzate sulla linea d’arrivo, ci si aspetta che arrivi il prima possibile il via libera degli enti regolatori europei, e successivamente italiano, per l’approvazione di questa terapia genica in grado di cambiare la vita di tanti malati.

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