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Alessandro Sessa, silenziatori epigenetici

La nascita della start-up Repron Therapeutics, basata sugli studi preclinici di un gruppo di ricercatori italiani, è testimonianza dell’interesse per questo innovativo filone terapeutico

Uno dei trattati di strategia militare più antichi e conosciuti al mondo è “L’arte della guerra” di Sun Tzu che molti hanno cercato di adattare anche alle dinamiche d’impresa e qualcun altro alla lotta al cancro. Fra questi ultimi figurano i ricercatori dell’Ospedale San Raffaele di Milano e dell’Istituto di Neuroscienze del CNR i quali - basandosi su un approccio di terapia genica - hanno elaborato una strategia di contrasto alla proliferazione delle cellule cancerose del glioblastoma. I loro “silenziatori epigenetici” che interrompono vie molecolari all’interno del tumore, riducendone così la capacità di crescere e proliferare, hanno riscosso tale attenzione da portare alla fondazione di una nuova start-up: Repron Therapeutics. Ne abbiamo parlato con il dott. Alessandro Sessa, responsabile dell’Unità di ricerca di Neuroepigenetica dell’IRCCS Ospedale San Raffaele.

INTERROMPERE LE VIE DI SEGNALAZIONE CHE FANNO CRESCERE IL TUMORE 

Poco più di un anno fa ci eravamo occupati dei cosiddetti “silenziatori epigenetici, frutto della ricerca congiunta del dott. Vania Broccoli, responsabile dell’Unità di ricerca su Cellule Staminali e Neurogenesi dell’Ospedale San Raffaele e Istituto di Neuroscienze del CNR, e del dott. Alessandro Sessa, responsabile dell’Unità di ricerca di Neuroepigenetica dell’IRCCS Ospedale San Raffaele. “Questa ricerca è nata dalla possibilità di creare una piattaforma con cui inattivare i programmi genetici attivi nelle cellule del cancro in fase di proliferazione”, spiega Sessa. “Tali programmi di solito sono attivati da oncogeni, in particolare fattori di trascrizione capaci di attivare una cascata di geni nel genoma cellulare del tumore. L’attivazione di questi geni conferisce alle cellule del tumore particolari caratteristiche di malignità e resistenza ai trattamenti”.

In pratica, l’accensione di geni a cascata rappresenta la modalità di invio dei segnali di crescita e potenziamento che rendono aggressivo un tumore; perciò, l’idea dei ricercatori lombardi è stata di “tagliare le comunicazioni” al nemico giacché - come afferma Sun Tzu - “un esercito privo di rifornimenti, cibo e depositi andrà distrutto”. Ma come si interrompono le cascate di segnalazione genica che permettono al tumore di crescere? “La nostra soluzione è stata quella di generare un fattore silenziante epigenetico capace di esplicare le sue funzioni prendendo a bersaglio gli stessi geni dell’oncogene originale. Ma con l’obiettivo di spegnerli anziché attivarli”, afferma ancora Sessa. “Spegnendo sul nascere tutta la cascata genica le cellule tumorali sono meno inclini a proliferare, migrare e in, ultima istanza, meno dannose per l’organismo”. 

DAL GLIOBLASTOMA ALLE METASTASI 

Il microambiente tumorale del glioblastoma - il raro e aggressivo tumore oggetto degli studi di Sessa e Broccoli - è un terreno ricco di insidie e difficilmente accessibile anche alle CAR-T, che rappresentano il reparto più moderno e meglio equipaggiato dell’esercito di trattamenti a disposizione degli oncologi. Per vincere su questo tipo di terreno occorre “escogitare stratagemmi”, esattamente come hanno fatto i due neuroscienziati con il loro sistema per interrompere l’evoluzione del tumore. Tanto che la loro ricerca - che ha raccolto dati robusti sul glioblastoma - potrebbe trovare applicazione anche nel trattamento di altre forme di tumore solido ed essere utile persino nel contrasto delle metastasi epatiche, già oggetto di studio proprio da parte dei ricercatori dell’Ospedale San Raffaele di Milano.

Una volta intraviste le potenzialità di questo approccio hanno cominciato a palesarsi anche gli investimenti necessari a costituire Repron Therapeutics , start-up all’interno della quale sarà possibile esplorare le potenziali applicazioni di questo nuovo approccio terapeutico. “I soci fondatori di Repron Therapeutics sono l’Ospedale San Raffaele di Milano, presso cui svolgiamo la nostra attività io e il dott. Broccoli che siamo fondatori e consulenti scientifici di questa nuova realtà, e Claris Ventures, il primo fondo VC italiano a investire esclusivamente nel biotech. Repron è nata per garantire una prosecuzione sul piano imprenditoriale del nostro progetto di ricerca scientifico”, spiega Sessa aggiungendo che in seguito è stato stabilito un aumento di capitale societario necessario a dare ai ricercatori un paio d’anni per affinare il loro progetto. “Difficilmente capita che le start-up ricevano finanziamenti per progetti che non siano già vicini alla fase clinica di sperimentazione o alla traslazione in prodotti prossimi all’entrata sul mercato”, prosegue il ricercatore lombardo. “Invece, la nostra strategia per colpire bersagli multipli del genoma in cellule ben selezionate, è stata compresa a fondo e ha ricevuto apprezzamento e fiducia già in una fase molto precoce”.

AFFINARE IL PIANO D’AZIONE E CORREGGERE I PUNTI DEBOLI

Grazie ai fondi ottenuti da Claris Ventures, i gruppi di ricerca di Sessa e Broccoli potranno proseguire il cammino verso la messa a punto di un prodotto terapeutico da validare in studi clinici. “Il nostro primo obiettivo è rifinire la piattaforma, cercando nuovo oncogeni a partire dai quali creare un fattore sintetico per spegnere altre cascate geniche”, puntualizza Sessa. “Inoltre, desideriamo esplorare nuove e diverse combinazioni di domini epigenetici da applicare alla piattaforma, in modo da poter generare una famiglia di fattori sintetici con cui aggredire sottotipi diversi di tumore”. Questo permetterebbe di aumentare la specificità d’azione del prodotto, dotando la piattaforma di un ampio ventaglio di bersagli molecolari e arrivando a spegnere un numero sempre maggiore di cascate geniche.

“Parallelamente, dobbiamo affrontare il grande problema di come inserire i nostri fattori sintetici all’interno delle cellule tumorali”, conclude Sessa. “Essendo il nostro un approccio di terapia genica richiede l’identificazione del ‘cavallo di Troia’ giusto per ingannare il nemico. Siamo al lavoro su varie tipologie di vettori virali e dobbiamo identificare quella più adeguata allo scopo”.

Gli attuali studi preclinici in corso saranno centrali per trovare soluzioni a questi quesiti e poter passare alle sperimentazioni sui modelli animali al fine di verificare l’efficacia e la sicurezza  dell’approccio terapeutico. Solo dopo si potrà ragionare sulle fasi cliniche di sperimentazione. La strada è quindi ancora lunga ma la strategia di partenza sembra essere solida, sia dal punto di vista scientifico che di operatività.

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