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Terapia enzimatica sostitutiva e trapianto di cellule staminali ematopoietiche, le due opzioni terapeutiche oggi disponibili per le MPS, hanno dei limiti che la terapia genica può superare

Le mucopolisaccaridosi (MPS) sono un gruppo di disturbi genetici ereditari legati all'accumulo di glicosaminoglicani nei lisosomi. Queste malattie sono caratterizzate da manifestazioni multisistemiche come anomalie scheletriche, cardiache e neurologiche. Attualmente, i trattamenti includono la terapia enzimatica sostitutiva e il trapianto di cellule staminali ematopoietiche, che mostrano però limitazioni significative. La terapia genica emerge come una strategia promettente per superare questi ostacoli, consentendo l'espressione a lungo termine del gene terapeutico nei tessuti colpiti. Una review, firmata da due ricercatori italiani - Nicola Brunetti-Pierri e Alessandro Rossi - e pubblicata su The Journal of Inherited Metabolic Disease, esplora i recenti sviluppi nella terapia genica per le MPS, con particolare attenzione agli approcci ex vivo e in vivo e ai progressi clinici per i vari sottotipi.

Consentendo l'espressione a lungo termine di un gene terapeutico, la terapia genica sta emergendo come una strategia promettente e potenzialmente efficace per superare i limiti dei trattamenti oggi a disposizione dei pazienti affetti dalle diverse forme di mucopolisaccaridosi. Infatti, la terapia enzimatica sostitutiva - tecnica che prevede la somministrazione dell’enzima lisosomiale mancante che è in grado di degradare i glicosaminoglicani - è una terapia che deve essere continuativa nel tempo (di solito con frequenza settimanale) e il trapianto di cellule staminali ematopoietiche ha due grossi problemi: la difficoltà nel trovare un donatore compatibile e il rischio di rigetto. Anche se nessuna terapia genica è stata ancora approvata per queste malattie, sono in corso diversi studi clinici che utilizzano sia approcci ex vivo che in vivo. La review che porta la firma dei ricercatori dell’Università Federico II di Napoli fa una panoramica su quelle che sono le informazioni note sulle strategie di correzione dei difetti genetici che causano queste devastanti malattie metaboliche.

TERAPIA GENICA EX VIVO PER MPS

L'approccio ex vivo prevede la modifica genetica delle cellule staminali ematopoietiche del paziente stesso per inserire il gene terapeutico, seguita dalla reinfusione delle cellule “corrette”. Questo metodo elimina il rischio di complicanze immunologiche, come il rigetto e il fallimento del trapianto. I recenti studi su vettori lentivirali, che hanno gradualmente sostituito i vettori gamma-retrovirali, hanno dimostrato risultati promettenti, con livelli sovrafisiologici di attività enzimatica e miglioramenti significativi nelle funzioni motorie e cognitive in alcuni dei pazienti trattati.

Poiché le cellule staminali ematopoietiche geneticamente corrette possono attraversare la barriera emato-encefalica e differenziarsi in microglia, la terapia genica ex vivo è stata proposta per il trattamento delle malattie neurodegenerative. Tuttavia, affinché la terapia sia efficace, il trattamento deve essere eseguito prima dell'insorgenza delle manifestazioni cliniche. Questa è una sfida per i casi senza sorelle o fratelli maggiori affetti, almeno fino a quando i piccoli pazienti non potranno essere identificati in modo routinario e pre-sintomatico mediante lo screening neonatale.

TERAPIA GENICA IN VIVO PER MPS

A differenza del trattamento ex vivo, la terapia genica in vivo consiste nella somministrazione diretta al paziente di un vettore che esprime il gene terapeutico mediante iniezioni sistemiche (ad esempio, per via endovenosa) o localizzate (ad esempio, intracerebrale, intracerebroventricolare o intracisternale). In questo caso, i vettori adeno-associati (AAV) si sono dimostrati particolarmente efficaci, grazie alla loro sicurezza e specificità tessutale, anche se hanno alcuni limiti come, ad esempio, la capacità di carico. Per fortuna, nessuna delle MPS è dovuta a mutazioni in geni di grandi dimensioni. La consegna del gene terapeutico alle cellule del fegato tramite AAV mira a trasformare questo organo in una "fabbrica" per la produzione dell'enzima terapeutico, con benefici sistemici. Tuttavia, l'alta dose necessaria per superare la barriera ematoencefalica comporta rischi di tossicità epatica e neurotossicità. Inoltre, sebbene una somministrazione one-shot funzioni per alcune malattie, la perdita di espressione del gene terapeutico a causa della divisione cellulare è un problema nel caso del fegato e sono state studiate diverse strategie per superare questo ostacolo, tra cui l’editing genomico.

TERAPIA GENICA PER MPS I, II e III

La terapia genica ex vivo con vettori lentivirali per MPS I (gene IDUA), studiata su bambini pre-sintomatici e pauci-sintomatici, si è dimostrata sicura e efficace, mostrando un miglioramento delle funzioni motorie e cognitive, oltre alla normalizzazione dell'escrezione urinaria dei glicosaminoglicani (ne abbiamo parlato qui). Sono stati osservati anche prestazioni cognitive stabili, miglioramento dello sviluppo motorio e riduzione della rigidità articolare. Gli studi clinici in vivo con vettori AAV mirano a fornire un trattamento efficace anche per i pazienti sintomatici.

Per l'MPS II (gene IDS) è stato condotto anche uno studio che prevede l’uso delle nucleasi a dita di zinco (ne abbiamo parlato qui) e sono in corso tre studi di terapia genica (NCT05665166, NCT03566043, NCT04571970), a cui aggiungere uno studio di follow-up a lungo termine.

Nell'MPS III (geni GNS, HGSNAT, NAGLU, SGSH), i trattamenti in sperimentazione includono sia approcci ex vivo che in vivo, con risultati promettenti nella stabilizzazione delle funzioni neurocognitive e motorie. È attualmente in corso uno studio clinico sulla terapia genica ex vivo mediata da vettori lentivirali in pazienti con mucopolisaccaridosi di tipo IIIA (MPS IIIA) e funzione neurocognitiva conservata. Tuttavia, i risultati di questo studio non sono ancora stati pubblicati. Per quanto riguarda la terapia in vivo, due studi clinici per la somministrazione diretta al sistema nervoso centrale nelle MPS IIIA e MPS IIIB hanno dimostrato una produzione sostenuta di enzimi nel cervello e un miglioramento delle funzioni neurocognitve, soprattutto nei bambini più piccoli (ne abbiamo parlato qui).

ALTRI SOTTOTIPI DI MPS

Gli approcci di terapia genica per l'MPS IV (geni GALNS e GLB1) e VII (gene GUSB) sono focalizzati sulla correzione delle manifestazioni periferiche, con particolare attenzione alle anomalie scheletriche e cardiache. Tuttavia, non sono in corso studi clinici sulla terapia genica per la MPS IV A.

La mucopolisaccaridosi di tipo VI (gene ARSB) non presenta un coinvolgimento cerebrale primario e la terapia genica diretta al fegato ha portato a una riduzione dell'accumulo di GAG e a un miglioramento delle malattie cardiache e scheletriche in studi preclinici e clinici. È recentissima la pubblicazione, sempre a firma di Brunetti-Pierri, dei risultati sull’efficacia a lungo termine sulla terapia genica per la MPS VI.

Per i sottotipi rari come l'MPS IX (gene HYAL1) - di cui si conoscono solo pochissimi casi - e X - che è stata descritta di recente - gli studi sono ancora in fase preclinica.

UNO SGUARDO AL FUTURO

Appare evidente che i risultati ottenuti con le terapie geniche già approvate per altre malattie o in fase avanzata di sperimentazione siano una spinta fondamentale per portare avanti gli studi anche per le MPS. Nonostante gli importanti progressi, restano delle sfide significative. Gli ostacoli includono la necessità di dosi elevate di vettore per la distribuzione sistemica, la risposta immunitaria ai vettori virali e le preoccupazioni sulla genotossicità a lungo termine. Inoltre, il riconoscimento precoce della malattia, ad esempio attraverso lo screening neonatale, è cruciale per massimizzare l'efficacia dei trattamenti, che è migliore nella fase pre-sintomatica.

Come scritto nella review “Con diverse strategie di terapia genica disponibili per le MPS, c'è la speranza di cambiare radicalmente la storia naturale di questi disturbi degenerativi fatali. Tuttavia, la determinazione dell'approccio più efficace potrebbe essere problematica perché i risultati dei vari studi clinici sono difficili da confrontare, data la loro eterogeneità nei criteri di inclusione ed esclusione e negli endpoint clinici. Pertanto, sarà molto difficile stabilire quale terapia genica sia più adatta, ex vivo o in vivo, in base allo stadio della malattia e alle caratteristiche del paziente. Tuttavia, la terapia genica eseguita il più precocemente possibile e idealmente prima dell'insorgenza delle manifestazioni cliniche deve essere perseguita in modo tenace per migliorare gli esiti dei pazienti. Lo screening neonatale allargato offre l'opportunità di diagnosticare i pazienti affetti da MPS in modo pre-sintomatico e diverse MPS sono state incluse o sono in fase di valutazione per l'inclusione nei programmi di screening neonatale”.

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