Studi preclinici hanno dimostrato la capacità di una proteina di contrastare la risposta immunitaria indotta dai vettori AAV, un ostacolo che ha finora limitato l’applicazione della terapia genica
Durante questi mesi di pandemia abbiamo imparato che quando un virus entra in contatto con l’organismo umano, questo in tutta risposta genera anticorpi per neutralizzarlo. È una strategia di difesa che viene mantenuta anche quando si tratta di virus resi innocui e svuotati, che sono usati come vettori nella terapia genica. Un limite che un team di ricercatori del centro di ricerche Genethon in Francia e della biotech statunitense Spark Therapeutics ha cercato di risolvere usando un’arma in grado di neutralizzare gli anticorpi diretti contro i virus adeno-associati (AAV), vettori usati in strategie di terapia genica per diverse malattie. Lo studio è stato pubblicato su Nature Medicine lo scorso 1 giugno.
La “star” delle terapie geniche
I virus noti alla comunità scientifica sono tantissimi e diversi tipi sono stati testati per essere sfruttati come vettori in grado di trasportare il materiale genetico per lo sviluppo di terapie geniche. Tra tutti però, la “star” indiscussa del settore restano i virus adeno-associati, usati anche per alcune delle terapie geniche oggi approvate dagli enti regolatori, ultima tra queste Zolgensma per l’atrofia muscolare spinale (SMA). Nonostante questa meritata gloria, però, gli AAV presentano anche alcuni limiti. Come la limitata possibilità di trasportare materiale genetico e la risposta anticorpale che possono determinare in alcune persone, essendo virus naturali.
I problemi in questo caso possono essere due: lo sviluppo di anticorpi contro gli AAV in seguito alla somministrazione della terapia genica, che impedisce un’ulteriore somministrazione in caso di necessità; e l’impossibilità di somministrarla anche una prima volta in caso di persone che naturalmente presentano anticorpi neutralizzanti nei confronti degli AAV perché vi sono già entrati in contatto durante la loro vita. Come si legge dallo studio, la prevalenza di persone che posseggono anticorpi neutralizzanti contro AAV è molto alta (intorno al 30-50%), restringendo non di poco la fetta di popolazione che potrebbe beneficiare di queste terapie avanzate, in molti casi salvavita. Una soluzione è l’impiego di farmaci immuno-soppressori, che però possono fare poco per rimuovere eventuali anticorpi già presenti.
Una nuova “arma”
Per provare a risolvere il problema il gruppo di ricercatori Genethon/Spark ha pensato di utilizzare una endopeptidasi chiamata Imlifidase (IdeS). Una proteina in grado di degradare gli anticorpi IgG circolanti, che è attualmente in fase di valutazione per i pazienti che hanno subito un trapianto (e devono fare i conti con l’attacco del sistema immunitario nei confronti del nuovo organo estraneo). I ricercatori hanno quindi provato a utilizzare IdeS contro gli anticorpi neutralizzanti AAV, nel contesto della terapia genica. I risultati hanno mostrato che IdeS è in grado di inibire la risposta immunitaria indotta dagli anticorpi AAV sia in vitro che in vivo. In particolare, come scrivono gli autori del lavoro scientifico, “l’endopeptidasi è riuscita a scindere in maniera efficiente IgG umani aggregati in vitro. IdeS inoltre ha ridotto i livelli di anticorpi anti-AAV dai campioni di plasma umano in vitro, incluso il plasma proveniente da persone candidate a ricevere la terapia genica”.
I risultati su modelli animali
Dopo questi primi test gli esperti sono passati a quelli in vivo, su modelli animali. Prima in topi immunizzati passivamente con Immunoglobuline per via endovenosa, in cui la somministrazione di IdeS ha ridotto gli anticorpi anti-AAV e ha permesso un efficiente trasporto del materiale genetico nel fegato. Poi su primati non umani, considerati un ospite naturale per i virus AAV. L’endopeptasi è stata somministrata prima dell’infusione di vettori AAV, senza provocare effetti collaterali e portando a un incremento della trasduzione a livello epatico e alla neutralizzazione degli anticorpi, anche in animali con IgG anti-AAV neutralizzanti. Evidenziandone l’efficacia preclinica negli animali con immunità naturale. Infine per verificarne la potenzialità anche per le persone che potrebbero necessitare di più dosi di terapia genica, i ricercatori hanno somministrato una prima dose di vettore AAV, quindi IdsS e infine una seconda dose di vettori virali. Anche in questo caso l’endopeptasi ha ridotto il livello di anticorpi circolanti permettendo la ri-somministrazione del vettore AAV. Questi risultati, seppure preclinici, aprono a nuove prospettive terapeutiche e alla possibilità di trattare più volte i pazienti se necessario.
Verso gli studi clinici
In conclusione, come riportano i ricercatori, lo studio ha evidenziato che una singola somministrazione in vivo di IdeS può essere utile sia nei casi di pre-esistente e naturale immunità verso gli AAV, sia in caso di ri-somministrazione dei vettori virali. La procedura ha inoltre dimostrato di essere sicura: per via dell’assenza di effetti collaterali in questi test preclinici e dei precedenti studi clinici condotti in soggetti sani e pazienti trapiantati, popolazione che non è stata associata a eventi avversi e non ha aumentato il rischio di infezioni opportunistiche. Ora il prossimo passo sarà testare questa strategia negli esseri umani. “Questi studi dovrebbero gettare le basi per traslare questo approccio in clinica, dando, in futuro, la possibilità ai pazienti positivi per AAV di beneficiare della terapia genica nonostante la presenza di anticorpi”, ha osservato Christian Leborgne, ingegnere presso Genethon. “Ciò potrebbe anche rendere possibile il trattamento dei pazienti in una fase precoce rispetto alla comparsa dei primi sintomi della malattia e, se necessario, procedere con una successiva somministrazione della terapia genica”.