Com’è cambiata la gestione delle malattie cardiache con la pandemia? Una panoramica sul tema in occasione della Giornata Mondiale per il Cuore che, come ogni anno, si celebrerà il 29 settembre
La pandemia di COVID-19 ha avuto un forte impatto su molti aspetti della nostra vita tra cui anche la gestione delle patologie cardiache. Le persone sono diventate più caute nel visitare gli ospedali, specialmente nel periodo di emergenza, e le visite mediche saltate o rimandate hanno avuto importanti conseguenze, a volte anche fatali. Uno studio italiano pubblicato a giugno sull’European Heart Journal ha evidenziato una notevole riduzione - circa del 50% rispetto allo stesso periodo del 2019 - delle ospedalizzazioni in Italia per infarto acuto del miocardio con un aumento dei tassi di complicazioni e mortalità. La telemedicina e gli strumenti di digital health potrebbero rivoluzionare la gestione delle patologie cardiache in situazione di emergenza ma anche, e soprattutto, in condizioni di normalità.
Gli strumenti per il monitoraggio del cuore a distanza sono utilizzati da parecchio tempo, ma con l’emergere della telemedicina questa soluzione si prospetta come un’alternativa sicura, utile e applicabile su larga scala. Questo perché possono rilevare anomalie anche in assenza di visita di routine, monitorare pazienti che hanno già una diagnosi, misurare le risposte ai farmaci sperimentali per il trattamento dell’infezione da SARS-CoV-2 che hanno un impatto sul cuore. L’obiettivo è chiaro: tenere sotto controllo i pazienti, riducendo al minimo il rischio di esposizione al virus per medici e pazienti. Proprio per questi motivi, aziende, medici e pazienti sono sempre più interessati ai dispositivi per il controllo a distanza.
Sono molte le aziende che stanno esplorando le possibili tecnologie a supporto dei cardiologi e non si limitano ai soli dati relativi al cuore, ma anche livelli di sonno e attività e altri parametri utili per rilevare malessere. Grazie alle app si può fare un’auto-rilevazione delle aritmie in autonomia, ma fino ad oggi non era possibile andare oltre. I risultati di uno studio di un gruppo di ricerca dell’Università Magna Graecia di Catanzaro, lo stesso che ha pubblicato lo studio sul calo delle ospedalizzazioni in Italia, hanno però superato questo limite, dimostrando come lo smartwatch possa essere anche uno strumento per la diagnosi tempestiva di infarto.
Gli smartwatch, come quelli di Apple e Fitbit, sono sempre più venduti e sfruttare la loro diffusione capillare nella popolazione mondiale per avere uno strumento di prevenzione e diagnosi è una mossa strategica. Infatti, come riportato dal Rapporto dell’Ocse: Health at a Glance 2019, le malattie croniche sono la principale causa di decesso nel mondo. Studiare la fattibilità di utilizzo di uno strumento alla portata di tutti per la registrazione di elettrocardiogramma (ECG) può avere quindi un impatto sociale notevole. Lo studio italiano, pubblicato a fine agosto su JAMA Cardiology, è stato condotto tra l’aprile 2019 e il gennaio 2020 e ha coinvolto 81 partecipanti con problemi di infarto e 19 sani, con un’età media di 61 anni.
È stato scelto uno degli wearable più venduti al mondo, l’Apple Watch Series 4, e sono state effettuate in contemporanea le registrazioni con lo smartwatch e con l’ECG standard. Per quanto riguarda lo smartwatch è sufficiente avvicinarlo al torace, portandolo in nove determinate posizioni, per ottenere tutti i dati necessari a identificare l’eventuale problema cardiaco. Nove posizioni perché così si effettua una misurazione a nove derivazioni analoga a quella di un ECG standard, che ne ha dodici (elettrodi sul torace e sugli arti, per esplorare tutte le regioni cardiache e i segnali periferici). In questo modo viene eseguito un elettrocardiogramma in grado di riconoscere l’attacco di cuore con una sensibilità del 94%. L’Apple Watch, appena uscito dalla fabbrica, è programmato per registrare l’attività elettrica di una sola parte del cuore, cioè una misurazione a una derivazione: i ricercatori hanno trovato il modo di superare questo limite.
Per ora i risultati possono essere letti solo da uno specialista, ma in futuro potrebbe essere creato un software per la diagnosi automatica. Questa funzione può essere per ora utilizzata solo in condizioni di emergenza, se non c’è possibilità di fare un ECG standard. La registrazione tramite smartwatch può contribuire a migliorare la prognosi dei pazienti perché permette di ridurre le tempistiche di diagnosi e di intervenire dal punto di vista medicochirurgico in tempi brevi, dato che la procedura salvavita effettuata in 90-120 minuti riduce la mortalità per infarto del 50%.
La tecnologia sta pervadendo la nostra vita e si sta facendo ampio spazio in medicina con la cosiddetta digital health, che in questo periodo ha fatto molto parlare di sé. È necessario proseguire gli studi e aumentare le conoscenze sulle applicazioni possibili, ma le prospettive sembrano ottime. La telemedicina e gli strumenti tecnologici permettono un’assistenza virtuale valida, centrata sul paziente, in sicurezza, con costi ridotti e una maggior produttività rispetto ai metodi tradizionali di erogazione delle terapie, specialmente durante la pandemia. Lo descrive bene un recente articolo pubblicato su The Lancet Digital Health.
Sarà importante per i sistemi sanitari raccogliere i frutti di questa innovazione digitale “imposta” dalla pandemia per ridisegnare il futuro della gestione dei pazienti. Uno sguardo sul futuro rinnovato della cardiologia in occasione della Giornata Mondiale del Cuore che si celebra domani.