Per i pazienti oncologici la telemedicina può essere un valido supporto, specialmente in pandemia. Purtroppo, alcune fasce di popolazione hanno meno probabilità di accedere a questa opportunità
Si è parlato diffusamente di come la pandemia di COVID-19 abbia dato un notevole contributo alla diffusione delle pratiche di telemedicina. La necessità di monitorare i pazienti, arginando il più possibile la diffusione del virus, ha trovato una soluzione nella tecnologia, pur con alcuni limiti. Negli Stati Uniti questo processo è stato più evidente che nel nostro Paese e ha fornito l’occasione per studiare la situazione e approfondire pro e contro, possibilità e difficoltà. Un’analisi retrospettiva pubblicata a fine 2020 su JAMA Otolaryngology - Head & Neck Surgery ha descritto le correlazioni tra le caratteristiche demografiche e le disparità socioeconomiche dei pazienti con una diagnosi di tumore a collo e testa e il ricorso alla telemedicina.
Uno dei principali fornitori di servizi medici della zona di Detroit (Michigan, USA), l’Henry Ford Health System, ha applicato la telemedicina nella gestione di piccoli gruppi di pazienti, portando ad un considerevole ampliamento del suo utilizzo a partire dalla chiusura dei centri clinici a causa della pandemia. Sono stati presi in considerazioni i pazienti dai 18 anni in su con una diagnosi di tumore alla testa e al collo valutata tra il 17 marzo e il 24 aprile 2020, escludendo gli incontri al trattamento con le radiazioni. Dopo aver raccolto i dati relativi ai pazienti – età, sesso, etnia e tipologia di assicurazione – e aggiunto all’analisi quelli per la valutazione dello stato socioeconomico - reddito familiare mediano, completamento dell'istruzione superiore o superiore, stato civile, stato occupazionale, lingua e redditi superiori al livello di povertà federale – sono stati confrontati con lo stesso periodo del 2019. Inoltre, altre informazioni sono state raccolte sulla tipologia di visita: virtuale (audio e video), telefoniche, di persona o senza appuntamento.
Dal 17 marzo al 24 aprile 2020 si è verificato un totale di 401 incontri, con 346 incontri (86,3%) completati da 234 pazienti. Ottantasette (25,1%) erano di persona, 170 (49,1%) virtuali e 89 (23,6%) visite telefoniche. Nello stesso periodo del 2019 non è stata effettuata alcuna visita di telemedicina sulle 551 visite fatte da un totale di 394 pazienti. Non sono state osservate differenze demografiche, assicurative o socioeconomiche tra i pazienti visitati durante la pandemia COVID-19 e quelli dell'anno precedente. Tuttavia, l’analisi di tutte le variabili ha portato a concludere che i pazienti non assicurati, i pazienti con Medicaid (il supporto sanitario federale per individui e famiglie statunitensi a basso reddito) e, in generale, quelli con redditi familiari più bassi hanno avuto meno probabilità di completare una visita di telemedicina, evidenziando una disparità. Quest’ultima non è stata dimostrata nelle visite telefoniche, che hanno alcuni limiti rispetto alle visite che includono anche il video, dato che permettono una comunicazione migliore e una valutazione più completa.
L’analisi ha evidenti limiti sia dal punto di vista della raccolta dei dati dei pazienti che sulle visite: ad esempio, non è stato possibile contare gli appuntamenti cancellati e le motivazioni per giustificare l’impossibilità a completare le visite andranno esplorate meglio in studi futuri. Al di là dei limiti e delle problematiche associate a questa analisi, appare evidente come il problema della disparità nell’accesso alle cure è da affrontare nel più breve tempo possibile per consentire a tutti i pazienti, oncologici, e non, di poter ricevere l’assistenza necessaria a prescindere dalle condizioni socioeconomiche e dallo stato di emergenza sanitaria.