A fine maggio è entrato in vigore il Regolamento UE 2017/745/CE sui dispositivi medici, ma resta incerto l’approccio degli enti preposti all’applicazione delle norme per le DTx
Sebbene alcune terapie digitali (DTx) siano già disponibili, e talora rimborsate, in alcuni Paesi – ad esempio Stati Uniti, Germania, Francia, Regno Unito e altri – non è ancora chiaro come gestirne gli aspetti regolatori. Dal 2007, anno della Direttiva 2007/47/CEE-MDD, è stato sancito che un software può essere considerato un dispositivo medico, sia quando incorporato in un dispositivo sia se usato da solo. Con il Regolamento UE 2017/745/CE è stata estesa la definizione di dispositivo medico, includendo predizione e prognosi tra le finalità considerate, andando così potenzialmente a includere software di calcolo di indici di rischio. Ma resta poco chiara la collocazione delle DTx.
Le terapie digitali rappresentano una nuova modalità di intervento medico: infatti, l’obiettivo è l’integrazione tra le tecnologie – di misurazione, monitoraggio, somministrazione – e l’erogazione di un intervento, in modo tale che il paziente possa scegliere tenendo in considerazione una opzione terapeutica in più. A causa della pandemia COVID-19, siamo diventati tutti più consapevoli di quanto la medicina digitale possa essere utile nella gestione sanitaria del Paese, oltre a rappresentare una reale opportunità per lo sviluppo tecnologico (ed economico).
Dal punto di vista regolatorio le DTx sono classificate tra i dispositivi medici, seppure non siano citate nel Regolamento UE 2017/745/CE, approvato prima che il concetto di terapia digitale fosse emerso nella discussione internazionale. Un software, per essere definito dispositivo medico e rientrare in questo regolamento, non deve essere dedicato semplicemente al benessere, cioè di tracciatura dello stile di vita, ma deve riguardare la diagnosi, il monitoraggio, la previsione, la prognosi, il trattamento o l’attenuazione di malattia. Per definire la classe di dispositivo medico, è necessario analizzare l’uso previsto e il rischio intrinseco. Le classi di rischio dei dispositivi medici sono 4:
- Classe I: dispositivi meno critici, quali la gran parte di quelli non attivi e non invasivi;
- Classe IIa: dispositivi a rischio medio, quali alcuni dispositivi non attivi (invasivi e non) e dispositivi attivi che interagiscono con il corpo in maniera non pericolosa;
- Classe IIb: dispositivi a rischio medio/alto, quali alcuni dispositivi non attivi (specie invasivi) e i dispositivi attivi che interagiscono con il corpo in maniera pericolosa;
- Classe III: dispositivi ad alto rischio, quali gran parte dei dispositivi impiantabili, quelli contenenti farmaci o derivati animali, ed alcuni dispositivi che interagiscono con le funzioni di organi vitali.
Per il software devono essere applicate le regole relative ai dispositivi attivi e la classe di marcatura di CE viene definita in base all’utilizzo. La possibilità che sia il software stesso ad ottenere l’effetto terapeutico non è contemplata in questo documento e il rischio si una mancata classificazione delle terapie digitali è quello che vengano fatte ricadere in una generica dicitura “tutti gli altri usi” in classe I. Questo potrebbe essere un metodo di gestione più rapido - dato che per i dispositivi di classe I è previsto che il dispositivo possa essere marcato CE e commercializzato grazie ad una “auto-dichiarazione” del fabbricante - ma si rischierebbe di classificare in modo errato delle vere e proprie terapie, sottoposte a sperimentazione clinica, spesso diversissime tra loro e con un impatto più o meno importante sulla salute del paziente. Nel caso delle DTx, per ora le norme internazionali più adeguate sono rispettivamente la ISO 13485 e la EN ISO 14971 per gli approcci generali, seguite dalla IEC 62304 e IEC 62366 per gli aspetti specificamente legati al ciclo di vita e alla usabilità.
Ad oggi le terapie digitali sono indicate soprattutto per il trattamento di malattie croniche, in particolare mentali e metaboliche: le approvazioni sono ancora poche, ma le DTx in fase di studio e sviluppo sono numerose in tutto il mondo. Nel caso di approvazione da parte degli enti regolatori, le terapie digitali hanno dimostrato benefici clinici paragonabili a quelli ottenibili dalle terapie farmacologiche (e spesso con una migliore tollerabilità e aderenza), sebbene confronti diretti, ad oggi, non sono disponibili.
La normativa ad oggi applicabile è questa e sono evidenti anche le criticità sul tema DTx, ma l’approccio degli enti deputati all’applicazione delle norme è incerto. Anche in Italia resta aperta la discussione sull’aspetto regolatorio: le terapie digitali sono competenza del Ministero della Salute (in quanto dispositivi medici) o dell’Agenzia Italiana del Farmaco (in quanto terapie)? Il mercato delle DTx è in crescita, il numero di patologie target è in aumento: resta da capire quale sia la soluzione migliore dal punto di vista regolatorio per una gestione ottimale di queste tecnologie che potrebbero rivoluzionare il concetto di terapia.