Vaccino COVID-19

Mentre l’ente regolatorio inglese ha concesso l’approvazione al vaccino italo-britannico a fine dicembre, le agenzie statunitensi ed europee prendono tempo e chiedono più dati

Dopo l’autorizzazione a fine dicembre del vaccino COVID-19 prodotto da Pfizer/BioNTech, per cui è già in atto il programma di vaccinazione in Italia, e la recentissima per quello di Moderna (il 6 gennaio in Europa e il 7 gennaio in Italia) , l’approvazione da parte della Commissione Europea del vaccino prodotto da AstraZeneca si sta facendo attendere e sta facendo discutere. Al centro del dibattito il dosaggio e la sua efficacia. Un’attesa che avrà un impatto importante sull’Italia che aveva puntato fin da subito sul vaccino italo-britannico con la speranza che potesse giungere rapidamente sul mercato e arrivare nel nostro Paese in quantità massicce. Diversa invece la decisione dell’ente regolatorio inglese (MHRA) che ha dato il via libera lo scorso 30 dicembre.

DOSE STANDARD O MEZZA DOSE?

I prodotti di Pfizer/BioNTech e Moderna sono vaccini che si basano su molecole di RNA messaggero (mRNA) per far produrre dalle cellule del nostro organismo la proteina spike: l’arpione con il quale SARS-CoV-2 penetra nelle cellule umane e anche responsabile di innescare la risposta immunitaria. Il vaccino ChAdOx1 nCoV-19 - sviluppato dai ricercatori di Advent (gruppo IRBM di Pomezia) in collaborazione con l’Università di Oxford e prodotto dalla biofarmaceutica britannica AstraZeneca – punta allo stesso obiettivo, ovvero la produzione della proteina spike, ma si basa su un vettore virale (un adenovirus) per veicolare nell’organismo un frammento di DNA che codifica l’ormai celebre proteina.

I risultati dell’analisi ad interim per il vaccino ChAdOx1 nCoV-19, pubblicati sulla rivista The Lancet poco dopo che i diretti concorrenti (Pfizer e Moderna) avevano comunicato i dati di efficacia (rispettivamente 95% e 94,5%), hanno fatto storcere il naso alla comunità degli esperti. Infatti, sono stato comunicati due diversi dati di efficacia: uno del 90%, in un gruppo che aveva ricevuto una mezza dose seguita da una dose standard, e l’altro del 62,1%, in un gruppo che aveva ricevuto due dosi standard. L’efficacia cumulativa è risultata del 70,4%, decisamente più bassa dei due concorrenti. Ma per quale motivo esiste una tale differenza? E perché si parla di mezza dose o dose piena? “Il vicepresidente della sezione ricerca e sviluppo di AstraZeneca ha affermato che il tema della mezza dose è emerso come un caso di serendipity”, spiega Stefania Di Marco, direttore scientifico di Advent. “A Oxford, infatti, la quantificazione della dose standard è stata eseguita con un metodo spettrofotometrico, meno accurato di quello che usiamo nei nostri laboratori dove utilizziamo la PCR quantitativa per la determinazione della dose. Il metodo spettrofotometrico ha portato a sovrastimare il numero di particelle di adenovirus che compongono una dose di vaccino. Notando che al momento dell’iniezione i primi pazienti non sviluppavano i classici sintomi (arrossamento, gonfiore e stanchezza, n.d.r.), i ricercatori di Oxford hanno verificato nuovamente la dose e si sono accorti dell’errore”. Naturalmente il fatto è stato immediatamente comunicato al personale della Medicines and Healthcare products Regulatory Agency (MHRA), l’ente regolatorio inglese, che ha approvato l’utilizzo del metodo più accurato della PCR quantitativa per la determinazione della dose da somministrare e la continuazione dello studio. “Per questo motivo i pazienti successivi hanno ricevuto le due dosi standard”, prosegue Di Marco. “A complicare la situazione c’è il fatto che l’efficacia osservata nel primo gruppo di pazienti (90%) è maggiore di quella relativa al secondo gruppo (62,1%) con le due dosi standard. Ma nel primo gruppo è stato incluso un numero minore di individui, per giunta, mancante della popolazione anziana”.

OTTIMA TOLLERABILITA’ E RAPIDITA’ DI PRODUZIONE

Di fatto, i dati dello studio clinico di Fase I, relativo alla sicurezza e all’immunogenicità, mettono in risalto la formazione di anticorpi contro il virus e da quello di Fase II/III, condotto anche su individui over 70, si evince che il vaccino prodotto da AstraZeneca è sicuro e ben tollerato, soprattutto dagli individui più anziani. Si tratta di un importante punto a favore di questo vaccino che, diversamente da quelli a RNA, non necessita della catena del freddo ma può essere conservato in maniera stabile a una temperatura di 4°C. AstraZeneca ha fatto sapere di essere pronta a consegnare milioni di dosi in Europa (circa 40 milioni di queste sono destinate all’Italia) ma manca il via libera da parte dell’Agenzia Europea per i Medicinali (EMA) che ha richiesto maggiori dati ad AstraZeneca prima di concedere il proprio avvallo. “Abbiamo visto che il protocollo con le due dosi produce buoni risultati di efficacia ma abbiamo anche capito che una mezza dose è sufficiente a stimolare la formazione di anticorpi. Occorrerà capire se tutti sono neutralizzanti ma questo discorso vale anche per tutti gli altri vaccini”, chiarisce Di Marco. “Quello che è evidente è che il vaccino di AstraZeneca non produce alcun effetto collaterale nemmeno dopo la seconda dose che, da protocollo, viene somministrata dopo un intervallo di tempo compreso tra 4 e 12 settimane”.

LA PAROLA ALLE AGENZIE REGOLATORIE

Sulla base del “pasticcio” delle diverse dosi e dei risultati di efficacia, gli enti regolatori come la Food and Drug Administration (FDA) statunitense e l’EMA si sono mosse con cautela, chiedendo conferme più nette. Un atteggiamento che dovrebbe perlomeno fugare i dubbi di coloro che temono che l’immissione in commercio dei vaccini contro il virus SARS-CoV-2 sia stata troppo precoce. L’FDA ha chiesto di realizzare un secondo studio di Fase III prima di sbilanciarsi su quale protocollo adottare per il mercato statunitense mentre l’EMA è in attesa di dati su un numero più alto di campioni necessari a rilasciare un’autorizzazione condizionale al protocollo con due dosi standard. Sul fronte inglese, invece, è stata data piena fiducia al vaccino e lo scorso 30 dicembre l’MHRA ha concesso l’approvazione al protocollo di due dosi standard. “La soglia minima di efficacia per tutta la popolazione stabilita dall’OMS è del 50%”, conclude Di Marco. “Probabilmente il governo inglese punta ad un’azione più rapida per arginare la diffusione del virus, conscio che la prima dose possa essere già sufficiente a concedere l’immunizzazione alla popolazione”. L’obiettivo è partire con la campagna vaccinale al più presto e raggiungere più persone possibile.

Il fatto che l’MHRA abbia dato il semaforo verde al vaccino di AstraZeneca è un segnale incoraggiante non solo per gli altri governi europei ma anche per gli stessi produttori concorrenti: Ugur Sahin, cofondatore e amministratore delegato di BioNTech, partner di Pfizer, ha infatti annunciato le difficoltà dell’azienda a rispondere da sola alla domanda mondiale di vaccino. AstraZeneca ha una robusta capacità produttiva e il suo farmaco può essere consegnato e conservato più facilmente di quelli di Pfizer e Moderna per questo è necessario che le risposte ai legittimi quesiti di chi deve dare l’assenso al vaccino giungano in maniera tempestiva e convincente.

 

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