Gli scienziati hanno fatto sviluppare con successo, per ben 19 giorni, embrioni contenenti cellule umane e di scimmia, ma come (e perché) siamo arrivati fino a questo punto?
Sebbene la ricerca sugli ibridi umano-animali abbia una storia lunga ed eticamente discutibile, negli ultimi anni i ricercatori hanno esplorato le possibilità di questo ambito di ricerca per migliorare la conoscenza di meccanismi biologici che potrebbero essere utili per ampliare le conoscenze nel campo della medicina rigenerativa. A metà aprile è stato pubblicato su Cell uno studio che descrive come delle cellule staminali umane siano state trasferite in embrioni di scimmia e, successivamente, fatti sviluppare in vitro per 19 giorni. Una sperimentazione che solleva molteplici interrogativi scientifici, tecnici, regolatori e soprattutto etici: la notizia è stata riportata su molti media e Osservatorio Terapie Avanzate ha deciso di approfondire ulteriormente un argomento di cui avevamo già parlato QUI.
CHIMERE: UN PO’ DI STORIA
La storia delle chimere da laboratorio, cioè di organismi che risultano dalla fusione di cellule di individui o specie diverse, ha inizio già qualche decennio fa: gli scienziati iniziarono a studiarle per capire meglio la biologia dei mammiferi e studiare alcune malattie. Risalgono agli anni ’70 gli esperimenti con embrioni di topo e ratto, ma più di recente sono stati utilizzati embrioni di animali di dimensioni maggiori. Nel 1998 alcuni giornali americani annunciarono un esperimento che risaliva a tre anni prima quando, per la prima volta, è stato fuso il nucleo di una cellula umana con un ovulo di mucca, precedentemente privato del suo nucleo. Nel 2003 una sperimentazione cinese utilizzò oociti di coniglio per produrre cellule staminali embrionali umane e nel 2006, negli Stati Uniti, ne fu effettuata una simile ma con oociti di mucca. Nel 2007 le chimere sbarcarono anche in Europa: due gruppi di ricerca inglesi fecero infatti richiesta di un’autorizzazione per l’avvio di una sperimentazione che prevedeva la produzione di embrioni a partire dal nucleo di cellula umana e da un ovulo bovino.
GLI STUDI DI BELMONTE
Negli ultimi anni, il professor Juan Carlos Izpisúa Belmonte del Salk Institute in California (Stati Uniti) ha pubblicato varie ricerche sul tema. Nel 2017 il suo gruppo di ricerca ha fatto notizia riportando studi su una serie di ibridi diversi: embrioni di maiale cresciuti con cellule umane, embrioni di mucca cresciuti con cellule umane ed embrioni di ratto cresciuti con cellule di topo. Esclusa l’ultima menzionata, non furono sperimentazioni di grande successo, probabilmente a causa della distanza filogenetica tra l’uomo e le specie animali scelte: in teoria, le cellule estranee dovrebbero differenziarsi e diffondersi in tutto il corpo, ma produrre embrioni ibridi vitali si è dimostrato alquanto difficile. La quantità di cellule umane integrate nell’organismo ospite con successo era molto bassa, suggerendo alcune incompatibilità biologiche.
Secondo il regolamento dei National Institutes of Health statunitensi, dal 2016 i fondi federali non possono più essere utilizzati per la creazione di chimere umano-animale: per questo motivo, nel 2019 Belmonte ha condotto studi in collaborazione con la Cina con l’obiettivo di creare chimere umano-animale, nello specifico embrioni di scimmia con l’aggiunta di cellule umane. Questi embrioni sono stati fatti sviluppare per poco tempo e eliminati prima di arrivare alla formazione degli organi.
CHIMERE GIAPPONESI
Sempre nel 2019 il Giappone ha pubblicato le linee guida aggiornate per quel che riguarda la ricerca su embrioni umano-animale: secondo questo aggiornamento si possono impiantare cellule staminali pluripotenti indotte (iPSC) umane in embrioni di animale e, se viene concesso un permesso specifico per quella ricerca, è possibile anche l’impianto in utero di animale modello da laboratorio per lo sviluppo.
Questo ha permesso di superare il limite di sviluppo precedente che era fissato a 14 giorni. Il ricercatore Hiromitsu Nakauchi, alla guida dei team dell'Università di Tokyo e della Stanford University in California, ha l’obiettivo di sperimentare chimere umano-suino per produrre animali con organi costituiti da cellule umane che possano essere poi trapiantati. Infatti, il ricercatore ha creato embrioni di maiale geneticamente modificati in modo tale da non produrre il pancreas e prevedere l’inserimento di iPSC umane. L’idea alla base dell’esperimento è che le cellule staminali si sviluppino in un pancreas composto principalmente da cellule umane man mano che l'embrione animale si sviluppa.
La scelta del maiale deriva dal fatto che i suoi organi sono di dimensioni simili a quelli umani e che è un animale che si riproduce facilmente. In questo modo si potrebbero produrre organi da trapianto composti da cellule umane, ma sviluppati all’interno di organismi animali, andando a risolvere il problema della carenza di organi che costa vita umane ogni giorno (in poche parole, una versione evoluta degli xenotrapianti, di cui abbiamo parlato QUI).
UMANO-MACACO: L’EMBRIONE DEL DIBATTITO
L’interesse si è poi spostato verso i primati – come dimostrato anche dallo studio pubblicato lo scorso 15 aprile su Cell dal team guidato da Juan Carlos Izpisúa Belmonte - che sono geneticamente più vicini all’essere umano e che potrebbero quindi dare risultati migliori. Il gruppo di ricerca del Salk Institute in California – in collaborazione con la Kunming University of Science and Technology (Cina) e con l’ Universidad Catòlica San Antonio de Murcia (Spagna) - ha introdotto cellule staminali umane in embrioni di scimmia (Macaca fascicularis) e li ha osservati svilupparsi in laboratorio: le cellule umane e di scimmia si sono divise e sono cresciute insieme, e alcuni embrioni sono sopravvissuti fino a 19 giorni dopo la fecondazione. L’obiettivo dello studio, come specificato dagli stessi ricercatori, non è quello di impiantare organismi chimerici nell’utero delle scimmie, ma analizzare e comprendere come le cellule di specie diverse comunicano nelle fasi iniziali di sviluppo embrionale. I membri di questo team di ricerca sono anche stati i primi a dimostrare, nel 2019, che potevano far crescere embrioni di scimmia in vitro fino a 20 giorni dopo la fecondazione.
In ciascuna delle blastocisti (si chiama così lo stadio raggiunto dall’embrione dopo 5-6 giorni di sviluppo) di scimmia sono state iniettate 25 cellule staminali pluripotenti estese umane, ovvero staminali con la capacità di contribuire sia allo sviluppo dell'embrione che dei tessuti circostanti che sosterranno il suo sviluppo. Utilizzando molecole fluorescenti, con cui sono state “etichettate” le cellule umane, i ricercatori sono stati in grado di osservare la loro integrazione in 132 embrioni di macaco. Dopo 10 giorni, 103 degli embrioni chimerici erano ancora vivi e in via di sviluppo. Tuttavia, il tasso di sopravvivenza ha cominciato a diminuire nel tempo, e al giorno 19, solo tre erano ancora vivi ed è stata concluso l’esperimento entro il ventesimo giorno, distruggendo gli embrioni rimasti. Tutti gli studi precedenti avevano mostrato una sopravvivenza estremamente limitata delle cellule umane introdotte in embrioni di topo o maiale. I risultati hanno mostrato un'integrazione più riuscita rispetto agli studi del 2017.
MA PERCHÉ SI STUDIANO LE CHIMERE?
L’obiettivo di queste ricerche è quello di trovare nuovi modelli per testare farmaci e per comprendere lo sviluppo embrionale, oltre a capire come le cellule umane possono interagire con gli embrioni di altre specie, incluse quelle che potrebbero essere utili alla produzione di organi adatti al trapianto nell’uomo. Questo esperimento ha inoltre permesso di rivelare nuovi indizi sulla comunicazione cellulare negli organismi ibridi, informazioni che potrebbero rivelarsi fondamentali per aumentare l’efficienza di questi esperimenti.
L’altro lato della medaglia sono gli interrogativi etici che mettono in subbuglio l’intera comunità scientifica mondiale: cosa accadrebbe se a questi embrioni fosse consentito lo sviluppo oltre i 20 giorni? Arrivare allo sviluppo di un rudimentale sistema nervoso potrebbe cambiare la percezione etica della sperimentazione? La ricerca di modelli animali sempre migliori per lo studio dello sviluppo e delle malattie umane è una giustificazione sufficiente a portare avanti questi studi?
LE LINEE GUIDA INTERNAZIONALI
L'International Society for Stem Cell Research (ISSCR) riconoscendo le preziose intuizioni sulla biologia umana e le malattie che questo tipo di ricerca fornisce - ha affrontato queste questioni in un rapporto consultivo e nelle sue linee guida del 2016. L’ISSCR - la più grande organizzazione internazionale per la ricerca sulle cellule staminali, riconosciuta come ente regolatore in questo campo - ha inoltre recentemente annunciato che le linee guida aggiornate per la ricerca di base e l’applicazione clinica saranno rilasciate a maggio 2021 (ne abbiamo cui abbiamo recentemente parlato QUI). Questo aggiornamento avrà ripercussioni sulla ricerca a livello mondiale: l’ambizione scientifica dovrà lavorare in parallelo con la bioetica.
UN PO’ DI BIOETICA “CHIMERICA”
Assieme allo studio, su Cell è stato pubblicato anche un commento firmato da Henry T. Greely, professore di genetica e legge a Stanford e direttore del Center for Law and the Biosciences, e da Nita A. Farahany, professoressa di legge e filosofia alla Duke University e Founding Director della Duke Initiative for Science & Society. La scoperta che le cellule umane aggiunte a un embrione di scimmia siano in grado di moltiplicarsi e svilupparsi – almeno per un certo tempo – solleva nuove sfide etiche per la società. Come specificato anche dai due autori, i ricercatori hanno riconosciuto che il loro lavoro ha importanti implicazioni etiche e sociali e hanno confermato che hanno seguito i regolamenti esistenti.
I dubbi etici che sollevano Greeny e Farahany sono riassumibili in 4 punti: in primo luogo, il benessere degli animali deve essere una priorità; poi la provenienza delle cellule umane utilizzate, le persone che forniscono queste cellule debbono essere informate se sono utilizzate in ricerche particolarmente controverse? Il terzo punto riguarda l’idea di mescolare cellule umane e animali, che può portare a reazioni forti specialmente se si pensa al numero di cellule umane che potrebbero formare il cervello animale (potrebbe fornire “qualità umane” all’animale?) o la possibilità di una futura progenie chimerica. Il quarto punto, direttamente collegato al terzo, riguarda l’impatto sulla società e l’importanza del dibattito pubblico, dato che – come sottolineato nel testo – “sorprendere il pubblico con una ricerca inaspettata e, spesso, sconcertante può avere gravi conseguenze per quella ricerca e per quei ricercatori, ma anche per la fiducia del pubblico nella scienza in generale”.
Sarebbe inoltre inevitabilmente più complicato se si parlasse di embrioni e feti impiantati in utero o, addirittura, portati alla nascita. Non è quello che è stato fatto, non è tra gli obiettivi di questa ricerca ed è incerto se mai sarà possibile una cosa del genere ma, concludono i professori, è una possibilità a cui bisogna iniziare a pensare. Soprattutto dal punto di vista bioetico.