L’interfaccia ha rilevato l’attività cerebrale di un paziente paralizzato mentre immaginava di scrivere con la mano e l'ha trasferita su uno schermo sotto forma di parole e frasi
Scrivere con la sola forza del pensiero. Non è fantascienza, ma la nuova frontiera delle interfacce cervello-computer per comunicare in forma scritta senza l’uso delle mani. L’università di Stanford (Stati Uniti) ha realizzato un’intelligenza artificiale per "leggere nel pensiero" di un uomo paralizzato dal collo in giù. Un centinaio di micro elettrodi registrano l’attività cerebrale del paziente mentre immagina di scrivere con la propria mano, il software trasforma ogni segnale in una lettera e su uno schermo, in tempo reale, compaiono parole e frasi. La velocità di digitazione è la più alta mai raggiunta e potrebbe aiutare i pazienti con gravi paralisi a comunicare senza aprire bocca o muovere un muscolo. Lo studio è stato pubblicato a maggio su Nature.
LE INTERFACCE CERVELLO-COMPUTER
La scienza lavora alle interfacce cervello-computer (BCI: Brain-Computer interface) da quasi quaranta anni: le BCI traducono gli impulsi elettrici trasmessi dai neuroni in output che possono compensare o ripristinare una funzione del corpo umano. Anche se il corpo non funziona più, l’attività neuronale associata al movimento spesso rimane intatta nei pazienti paralizzati. In altre parole, quindi, le BCI riescono a "leggere nel pensiero", a digitalizzare l’informazione e ad eseguire il comando richiesto dal cervello grazie all’intelligenza artificiale e all’apprendimento automatico. Le BCI possono quindi aiutare i pazienti con gravi disabilità o paralisi a compiere azioni apparentemente banali, come parlare o muovere un arto.
LIMITI DI VELOCITÀ
I ricercatori dell’Howard Hughes Medical Institute della Stanford University, in particolare, hanno creato una nuova BCI che possa aiutare i pazienti paralizzati a comunicare in forma scritta. Esistono già interfacce di questo tipo, ma con un limite: la velocità di digitazione è molto più bassa di quella su una normale tastiera, che è in media di 190 caratteri per minuto. Spesso, inoltre, il paziente non è libero di spostare lo sguardo o di battere troppe volte le palpebre, poiché molte BCI richiedono di mantenere un contatto visivo con il monitor.
Uno dei metodi più comuni è basato sull’elettroencefalogramma (EEG), che misura l’attività cerebrale attraverso elettrodi posizionati sul cuoio capelluto e la trasforma in onde. La velocità di digitazione, però, va dai 4-5 ai 60 caratteri per minuto. Le BCI del tipo “point-and-click”, invece, permettono di muovere con la sola forza del pensiero un cursore in 2D su uno schermo in qualunque direzione e di cliccare nel punto di interesse (ad esempio una lettera o un numero). Anche in questo caso, però, la velocità di digitazione non supera i 40 caratteri per minuto.
DECODIFICARE LA SCRITTURA A MANO
Il nuovo sistema ha invece raggiunto una velocità di 90 caratteri per minuto con un’accuratezza del 94% online e superiore al 99% offline. È stato testato su un uomo di 65 anni, paralizzato dal collo in giù dal 2007 a causa di una lesione al nervo spinale. Il risultato, scrivono i ricercatori, supera quello di qualunque altra BCI ed è vicino alla velocità media con cui un uomo della stessa età digita sulla tastiera di uno smartphone, circa 115 caratteri al minuto.
I ricercatori hanno impiantato due piccoli chip – ciascuno con 100 microelettrodi per registrare l’attività cerebrale – nella regione della corteccia motoria che controlla i movimenti delle mani e delle braccia. Hanno quindi chiesto al paziente di immaginare di poter impugnare una penna e scrivere una serie di parole e frasi, come se la sua mano non fosse paralizzata. Nel frattempo, gli elettrodi registravano l’attività neuronale e il software analizzava i dati, ne memorizzava le caratteristiche e "imparava" dal loro esame. Attraverso le tecniche di "machine learning", o apprendimento automatico, l’interfaccia ha imparato come trasformare ciascun impulso elettrico in una determinata lettera, mettendo in fila caratteri diversi, parole e addirittura intere frasi.
Questo tipo di interfaccia, basato sulla scrittura a mano, funziona con una velocità oltre due volte superiore a quella del classico sistema point-and-click, ma l’accuratezza è la stessa. La differenza, secondo i ricercatori, dipende dalla capacità del software di distinguere due segnali diversi e consecutivi. Le lettere scritte – e quindi il tipo di segnali generati dal cervello – sono più facili da distinguere l’una dall’altra rispetto al movimento di un cursore su uno schermo.
LE SFIDE PER L’APPLICAZIONE CLINICA
Sui prossimi passi, gli scienziati hanno già le idee chiare: cercheranno soprattutto di migliorare la performance e aumentare la longevità degli elettrodi, che al momento funzionano fino a più di 1000 giorni dopo l’impianto.
Francis Willet, neuroscienziato e primo autore della ricerca, ha spiegato che decodificare la scrittura a mano è stato un grande traguardo, ma prima dell’ingresso in clinica bisognerà confermare la sicurezza ed l’efficacia di questa tecnologia su un numero maggiore di pazienti paralizzati. Il ricercatore precisa, inoltre, che una delle sfide ancora aperte nel campo delle BCI è quella di decodificare il linguaggio parlato, ossia di sviluppare un’intelligenza artificiale che non sappia solo scrivere, ma anche parlare al posto nostro, pronunciando le parole mano a mano che le pensiamo nella nostra testa.
“È difficile predire quando questa tecnologia sarà disponibile sul mercato”, ha dichiarato Willet. “Molte aziende, tuttavia, stanno lavorando proprio adesso su dispositivi impiantabili. Probabilmente ci vorranno anni, speriamo non decenni”.