Cervello

Nanoparticelle di oro eccitate da una luce laser agiscono sulle giunzioni strette della barriera emato-encefalica, aumentandone la permeabilità a farmaci e vettori per la terapia genica

Fondamentale per la protezione del tessuto cerebrale, la barriera emato-encefalica è anche un ostacolo all’ingresso della maggior parte dei farmaci nel cervello e quindi al successo di una terapia. Un team di ingegneri dell’università del Texas ha ideato una nuova tecnica a bersaglio molecolare per aumentare la permeabilità della barriera in modo reversibile e senza danni permanenti. Ad aprire le porte del cervello sono delle nanoparticelle di oro: attivate da un laser, producono una piccola forza meccanica, sufficiente ad allentare le giunzioni che tengono insieme la barriera. I ricercatori hanno usato questa strategia per veicolare nel tessuto cerebrale anticorpi e vettori per i farmaci o la terapia genica. I risultati sono pubblicati su Nano Letters. 

LA BARRIERA EMATOENCEFALICA

La barriera emato-encefalica (BEE) è l’interfaccia tra il cervello e il resto dell’organismo. La sua funzione è quella di proteggere il tessuto cerebrale e di regolare gli scambi con la circolazione sanguigna. È formata dalle cellule endoteliali che rivestono le pareti dei vasi capillari e dalle cellule gliali, che hanno funzione nutritiva e di sostegno del sistema nervoso. Rispetto ai vasi periferici, quelli della barriera emato-encefalica hanno una particolarità: le loro cellule endoteliali sono unite da giunzioni strette o occludenti. Formano quindi una struttura compatta e particolarmente selettiva, che consente il passaggio dei nutrienti essenziali e dell’ossigeno, ma blocca tutte molecole idrofile o di grandi dimensioni. 

La presenza della BEE è fondamentale, poiché protegge il cervello dalle infezioni o dai composti chimici che circolano nel sangue. D’altro canto, però, ostacola anche il passaggio di molecole che vorremmo trasportare nel cervello per curare una patologia, come un’infezione o un tumore. Nel caso di un’infezione, ad esempio, gli anticorpi, che sono piuttosto grandi, non riescono a passare attraverso la BEE, rendendo la malattia molto difficile da trattare. Si stima che la barriera ematoencefalica escluda l’accesso al cervello del 98% delle piccole molecole e di tutte le grandi molecole ad azione terapeutica. 

Ecco perché esiste un filone di ricerca che studia come modulare la permeabilità della BEE per consentire l’ingresso dei farmaci nel cervello. Ad oggi esistono vari metodi di natura biologica o biofisica, come l’uso di agenti vasoattivi o di ultrasuoni focalizzati, di peptidi o di vettori virali formulati in modo da riuscire a penetrare attraverso la barriera. 

NANOPARTICELLE A BERSAGLIO MOLECOLARE

La strategia messa a punto dai ricercatori dell’università del Texas, però, è la prima a bersaglio molecolare, ossia con una azione specifica contro una determinata molecola. La pubblicazione su Nano Letters è il risultato di una collaborazione internazionale e multidisciplinare tra ingegneri meccanici, bioingegneri e neurologi. Hanno contribuito anche i ricercatori dell’Istituto FIRC di Oncologia Molecolare (IFOM).

Il progetto si basa sulle nanotecnologie, un settore in piena espansione e con molteplici applicazioni in nanomedicina, inclusi il trasporto e la consegna dei farmaci. I ricercatori hanno realizzato un tipo di "proiettili intelligenti" composti da nanoparticelle di oro e glicole polietilenico (PEG), programmati per agire in maniera specifica sulle giunzioni strette della BEE. Per raggiungere questo scopo, la superficie delle nanoparticelle è stata modificata con anticorpi contro JAM-A, una proteina espressa nelle giunzioni. Ma il sistema potrebbe funzionare contro qualunque bersaglio molecolare: l’anticorpo serve infatti a programmare le nanoparticelle verso un target specifico. 

LA STIMOLAZIONE LASER

L’iniezione delle nanoparticelle, però, non basta per rendere permeabile la BEE. È necessaria anche una stimolazione transcranica con un raggio laser, della durata di pochi picosecondi (trilionesimi di secondo). Il laser eccita le nanoparticelle che generano una piccola forza meccanica, sufficiente per aprire dei pori attraverso le giunzioni strette della BEE. Il fenomeno è temporaneo e non causa danni permanenti alla struttura e alla vasomotilità della barriera. La sua funzione è solo quella di aprire una breccia per il tempo necessario a far entrare un farmaco che deve svolgere la sua azione all’interno del cervello. 

I ricercatori hanno verificato che le nanoparticelle, unite alla stimolazione laser, modulano la permeabilità della barriera, e in particolare aumentano la diffusione paracellulare, ossia il movimento di sostanze attraverso lo spazio tra le cellule. Il sistema ha permesso di veicolare nel cervello dei topi una serie di farmaci o vettori di farmaci usati nella ricerca o nella pratica clinica. 

LE APPLICAZIONI

I ricercatori hanno veicolato con successo un anticorpo, un liposoma e un virus adeno-associato. Gli anticorpi riconoscono in maniera specifica una sostanza estranea, come un patogeno, o un bersaglio molecolare. Possono essere usati per combattere le infezioni ma anche altri tipi di patologie, come il cancro. I liposomi sono vescicole di grasso estremamente versatili: possono veicolare farmaci antitumorali, antifungini e antibiotici. I virus adeno-associati, infine, sono tra i vettori più utilizzati per la terapia genica: permettono di trasportare un gene di interesse all’interno delle cellule bersaglio, per correggere un difetto genetico o sostituire una proteina difettosa. 

Il sistema richiede ancora dei miglioramenti, a cominciare dalla profondità di azione del laser, che è di 1-3 mm ed esclude ancora le regioni più profonde del cervello. L’obiettivo è quello di creare una piattaforma versatile per rendere le nuove terapie sempre più accessibili per i pazienti che soffrono di malattie del sistema nervoso centrale. 

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