Terapia genica, WAS, Telethon

Dott. Celeste Scotti (Fondazione Telethon): “Il tema dell’accessibilità alle terapie geniche per le malattie rare è molto importante ed è fondamentale che ci sia sempre più presa di coscienza”

È recente l’annuncio dell’impegno di Fondazione Telethon a portare la terapia genica per la sindrome di Wiskott-Aldrich (WAS) fino all’autorizzazione all’immissione in commercio: dopo l’acquisizione dei diritti di commercializzazione di Strimvelis, terapia genica per l’ADA-SCID, un’altra terapia avanzata per malattie genetiche rare viene salvata dall’oblio grazie all’intervento dall’ente no-profit. L’esperienza, seppur ancora breve, di produzione e commercializzazione di una terapia genica ha spianato la strada a questa seconda operazione, che richiede anche la gestione della presentazione della domanda di autorizzazione agli enti regolatori. Osservatorio Terapie Avanzate ne ha parlato con il dott. Celeste Scotti, Direttore della Ricerca e Sviluppo di Fondazione Telethon.

La scienza va veloce. Viviamo in un momento storico in cui la ricerca ha accelerato in un modo che non ha precedenti. Un esempio su tutti sono le terapie basate sull’editing genomico: recentemente approvate anche in Europa, sono arrivate al traguardo autorizzativo poco più di 10 anni dopo le prime pubblicazioni scientifiche sul tema, un vero record nel campo della ricerca traslazionale, e 3 anni dopo il Nobel assegnato per la scoperta di CRISPR. A fronte di una scienza che va sempre più veloce e di tecnologie all’avanguardia che sono sempre più disponibili, l’ambito regolatorio fa fatica a mantenere la stessa velocità. Sebbene sia normale che le valutazioni degli enti si prendano il tempo necessario, e che questo sia fatto in primis a tutela dei pazienti, tutto ciò è anche direttamente collegato ai limiti e ai problemi di accesso di queste terapie. Questi ultimi dipendono anche dai costi di sviluppo e mantenimento sul mercato che questi innovativi farmaci hanno e che, come già accaduto, scoraggiano le biotech a investire nel settore.

Dott. Scotti, ci può spiegare meglio come si è arrivati a questa decisione?

Per capire cosa è successo di recente in Fondazione Telethon, dobbiamo guardare a qualche anno fa. La biotech Orchard Therapeutics, infatti, aveva in licenza ben quattro terapie sviluppate nei nostri centri: quella per la leucodistrofia metacromatica, già approvata in Europa e da pochi giorni anche negli Stati Unitiquella per la mucopolisaccaridosi di tipo I, per cui è appena iniziato lo studio di Fase III negli Stati Uniti e che presto inizierà anche in Europa; quella per la ADA-SCID, sul mercato europeo dal 2016; e quella per la sindrome di Wiskott-Aldrich, protagonista della recente acquisizione.

L’ADA-SCID e la WAS sono malattie ultra-rare, i cui numeri sono bassissimi, ed è quindi veramente difficile in questi casi avere un ritorno dell’investimento per l’azienda, a maggior ragione di fronte agli elevati costi di produzione. Dopo l’annuncio da parte di Orchard della scelta di disinvestire nel settore delle immunodeficienze primitive, l’anno scorso è avvenuto il trasferimento dell’autorizzazione all’immissione in commercio della terapia per la ADA-SCID. Di recente, è stata riacquisita dall’azienda la licenza per la terapia per la WAS: Telethon si è assunta la responsabilità di mantenere in commercio Strimvelis e di portare avanti nel suo percorso autorizzativo la terapia per la WAS, che ha già concluso l’iter di sperimentazione clinica. L’obiettivo è quello di ottenere l’autorizzazione alla commercializzazione, così da rendere accessibile la terapia a tutti i pazienti europei che ne hanno bisogno. Va sottolineato che la terapia genica per la WAS è già disponibile in Italia dall’anno scorso grazie alla legge 648, una forma di accesso anticipato unica al mondo che garantisce l’accesso a una terapia una volta concluso l’iter di sperimentazione clinica nel caso di malattie la cui necessità terapeutica è elevata e non ci sono altre opzioni.

Quali sono i prossimi passi che vi siete prefissati? 

Stiamo lavorando alla preparazione del dossier che verrà presentato all’Agenzia Europea per i Medicinali (EMA) per ottenere l’approvazione e l’autorizzazione al commercio nel Vecchio Continente. In questo momento è però difficile fare previsioni sulle tempistiche con cui questo potrebbe avvenire: noi possiamo impegnarci a presentare i documenti necessari il prima possibile, ma l’esito finale dipende dal parere dell’Agenzia. Possiamo solo dire che speriamo che nel 2025 la terapia sia approvata in Europa e faremo tutto il possibile per raggiungere questo obiettivo.

L’esperienza con Strimvelis, seppur recente, ha aiutato nella presa in carico della gestione della terapia genica per la sindrome di Wiskott-Aldrich?

Premesso che il nuovo impegno è ancora più oneroso, perché la terapia non è ancora stata approvata, sicuramente aver operato in questo modo per la terapia genica per l’ADA-SCID ci facilita perché è qualcosa per cui esiste già un ecosistema di supporto fatto di un ospedale e di una struttura di produzione, oltre alla Fondazione stessa. Questo vuol dire che ci sono i medici dell’Ospedale San Raffaele – guidati dal prof. Alessandro Aiuti, vicedirettore dell'Istituto San Raffaele Telethon per la Terapia Genica SR-Tiget – che possono somministrare la terapia e seguire i pazienti nel loro percorso. Questi professionisti hanno una esperienza unica al mondo per quello che riguarda le terapie geniche per malattie genetiche rare.

Per la produzione - che va sottolineato essere decisamente più complessa rispetto a quella di un farmaco tradizionale, dato che si parla di cellule prelevate dal paziente, modificate geneticamente in laboratorio e poi reinfuse, e in grado di correggere a lungo termine il difetto genetico alla base della malattia – ci affidiamo alla stessa facility che produce anche Strimvelis: AGC Biologics. È un’azienda che si trova a Bresso, appena fuori Milano, che lavora per noi ormai da anni.

Produrre e portare in commercio le terapie avanzate per le malattie genetiche rare è una responsabilità sociale e la vostra decisione è ammirevole, ma i problemi relativi agli alti costi di gestione restano. Come affronterete questo aspetto? Anche in questo caso, come è stato dichiarato ai tempi per Strimvelis, se e quando ci sarà un profitto verrà re-investito in ricerca?

Assolutamente sì. Il nostro modello differisce completamente da quello di un’azienda farmaceutica: non ci serve avere un profitto, ma neanche dobbiamo recuperare i costi di sviluppo perché questi sono supportati dalle donazioni. Mentre gli investitori di una grande azienda si aspettano un ritorno economico, per i nostri donatori il ritorno è che si faccia del bene per pazienti con malattie genetiche rare. Forti di questo supporto, abbiamo la possibilità di occuparci di malattie di cui altri non si occupano.

Purtroppo, oltre ai costi di produzione e gestione – incluso il rischio di produrre lotti che non vengono somministrati al paziente per svariate ragioni - vanno aggiunti i costi per presentare i dossier per l’approvazione agli enti regolatori. Si tratta di procedure molto onerose: in Europa la spesa è di circa 350mila euro, sono soldi che devono essere ovviamente spesi ma che non sono un investimento in ricerca o in produzione. La speranza è che questi costi fissi, anche in vista di una nuova legislazione del farmaco in Europa, vengano ridotti - o addirittura eliminati - almeno nel caso di malattie genetiche rare.

Con il contributo incondizionato di

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