Al Tigem di Napoli è in corso uno studio clinico sull’impiego della terapia genica per la mucopolisaccaridosi di tipo VI. Questo farà da apripista anche ad altre forme di malattia
I difetti congeniti del metabolismo raggruppano una ampia e variegata famiglia di malattie - più o meno rare - della quale fanno parte le mucopolisaccaridosi (MPS). Ciò che accomuna queste patologie è una mutazione nella sequenza genetica codificante per specifici enzimi lisosomiali: questo spiega, ad esempio, perché esistano almeno 6 categorie di mucopolisaccaridosi, ognuna delle quali si contraddistingue per la carenza di un ben preciso enzima e per l’accumulo di determinati metaboliti - i glicosaminoglicani – che sono tossici per le cellule. Per tale ragione la terapia genica si presenta come una realistica opportunità terapeutica contro alcune di esse. Ne abbiamo parlato con il prof. Alberto Auricchio, coordinatore del programma di ricerca Terapie Molecolari dell’Istituto Telethon di Genetica e Medicina (Tigem) di Napoli.
Da anni la Fondazione Telethon è impegnata nella ricerca contro le mucopolisaccaridosi con buoni risultati soprattutto contro la MPS IH (anche detta sindrome di Hurler), la MPS IIIA (o sindrome di Sanfilippo) e la MPS VI (o sindrome di Maroteaux-Lamy). Attualmente, presso il Policlinico di Napoli è in fase di completamento un trial clinico riguardante una terapia genica proprio contro quest’ultima forma di MPS. Ce lo ha illustrato il prof. Alberto Auricchio, coordinatore del programma di ricerca Terapie Molecolari dell’Istituto Telethon di Genetica e Medicina (Tigem) di Napoli, impegnato su questo filone di ricerca insieme al prof. Nicola Brunetti Pierri, coordinatore dello studio clinico.
LA STRADA VERSO UN VETTORE VIRALE ADEGUATO
“Il nostro progetto ha preso avvio circa una decina di anni fa all’interno dei laboratori dell’Istituto Tigem di Napoli valutando la possibilità che una singola somministrazione (cosiddetta “one shot”) di terapia genica diretta alle cellule del fegato (epatociti) potesse superare certi limiti della terapia enzimatica sostitutiva che, all’epoca, era da poco stata approvata per i pazienti affetti da questa malattia lisosomiale”, spiega Alberto Auricchio. “La scelta è ricaduta sulla MPS VI proprio perché essa, al contrario di altre mucopolisaccaridosi, non presuppone un coinvolgimento primario del sistema nervoso centrale”. Infatti, tra le più comuni manifestazioni sintomatiche della sindrome di Maroteaux-Lamy figurano anomalie scheletriche, cardiache ed oculari. Nei piccoli pazienti - è una malattia che nelle forme severe si individua nei primi anni di vita - è presente il deficit dell’enzima arisulfatasi B che determina l’accumulo di mucopolisaccaridi a livello di diversi tessuti dell’organismo.
“Grazie ad un vettore virale adenoassociato (AAV), pensato per raggiungere gli epatociti e favorire la produzione dell’enzima mancante in maniera stabile e continua, volevamo superare il principale limite della terapia di sostituzione, che deve essere ripetuta in ambiente ospedaliero una volta alla settimana”, prosegue Auricchio. “Abbiamo perciò creato un vettore in laboratorio e lo abbiamo testato in vari modelli animali per la malattia”. Questa parte della sperimentazione preclinica è stata condotta in stretta collaborazione con i veterinari dell’Università della Pennsylvania (Stati Uniti) e una serie di analisi hanno mostrato che una singola somministrazione della terapia genica era in grado di ripristinare il livello di enzima arisulfatasi B. Inoltre, una volta riattivato l’enzima questo rimaneva stabile in circolo per anni. L’impatto sul fenotipo della malattia si è rivelato molto buono: se trattati precocemente, gli animali sviluppavano ossa di lunghezza pari a quelle degli esemplari sani di controllo e una motilità pari a quella normale.
UN PASSO DOPO L’ALTRO
“In forza di questi risultati abbiamo avuto accesso ad un finanziamento del Fondo Europeo che ci ha permesso di avviare un trial clinico”, prosegue l’esperto napoletano. “Perciò abbiamo approfondito i nostri studi e, una volta ottenute tutte le informazioni relative alla sicurezza, alla biodisponibilità ed alla biodistribuzione del vettore, in collaborazione con gli esperti della malattia guidati dal prof. Nicola Brunetti Pierri, abbiamo sottomesso il protocollo all’AIFA per ricevere l’autorizzazione a testare tale approccio in un protocollo di Fase I/II presso la sezione di Pediatria dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria ‘Federico II’ di Napoli”.
Lo studio - il cui arruolamento sarà concluso a breve - ha come obiettivo la determinazione della sicurezza e della tollerabilità della terapia genica somministrata a dosi incrementali in 10 pazienti dai 4 ai 65 anni affetti da MPS VI, precedentemente trattati con la terapia enzimatica sostitutiva (ERT, Enzyme Replacement Therapy). “In 8 pazienti su 9 arruolati abbiamo visto che l’iniezione del vettore virale stimola la produzione dell’enzima da parte delle cellule del fegato e che i livelli di enzima rimangono stabili”, precisa Auricchio. “Inoltre, abbiamo notato che nel gruppo dove è stata testata la dose più alta di terapia genica i livelli di enzima terapeutico circolante sono superiori rispetto agli atri gruppi, facendo ben sperare che questo trattamento possa ridurre la frequenza o anche sostituire le infusioni di ERT. Il fegato dei pazienti sta producendo autonomamente l’enzima di cui avevano bisogno”.
PROSPETTIVE PER I PAZIENTI
Quella prodotta e sviluppata dai ricercatori italiani è, dunque, una terapia stabilmente efficace in grado di rivoluzionare il protocollo terapeutico di questa malattia che oggi, oltre all’ERT, prevede il trapianto di cellule staminali ematopoietiche, un intervento efficace ma non sempre adatto a tutti i malati. “Vogliamo espandere il nostro studio clinico e concentrarci su una dose leggermente superiore a quelle usate finora in maniera tale da garantire un risultato ottimale a tutti i pazienti”, conclude Alberto Auricchio. “E non è detto che presto questo approccio non possa essere applicato ad altre forme di mucopolisaccaridosi, come ad esempio la MPS IV (o sindrome di Morquio), una malattia dalle caratteristiche simili alla MPS VI che non coinvolge il sistema nervoso centrale”.
Inoltre, come testimoniato anche da un comunicato stampa di Orchard Therapeutics sui risultati di una terapia genica contro la MPS IIIA - presentati nel corso del 17th Annual WORLDSymposium, conferenza internazionale sulle malattie lisosomiali che si è svolta lo scorso febbraio - confermano la validità della terapia genica allargando l’orizzonte terapeutico ad altre mucopolisaccaridosi.