Virus

Una ricerca statunitense ha testato l’efficacia del sistema Crispr-Cas13 nel rilevare e distruggere i virus a RNA a singolo filamento nelle cellule umane, causa di infezioni comuni e mortali, per cui i farmaci a disposizione sono ancora limitati

CRISPR è ormai nota come la tecnica di editing genomico in grado di tagliare e cucire il DNA, magari correggendo un difetto all’origine di malattie genetiche. In principio però, il sistema si è evoluto per difendere i batteri dall’invasione di batteriofagi (virus che sfruttano i batteri per replicarsi, causandone la morte) e altri acidi nucleici estranei. Così dopo che un gruppo canadese della Western University ha provato a utilizzare CRISPR contro i batteri resistenti, ora è la volta dei ricercatori del Broad Institute del Massachusetts Institute of Technology (MIT) e di Harvard che sono invece tornati all’originaria funzione del sistema e ne hanno testato l’efficacia come antivirale che può essere programmato per rilevare e distruggere i virus a RNA a singolo filamento (single-stranded RNA, ssRNA) nelle cellule umane.

Virus alla base di infezioni comuni e mortali. La ricerca, che prende in esame una piattaforma Crispr-Cas13 chiamata CARVER (Cas13-Assisted Restriction of Viral Expression and Readout), è stata descritta in un lavoro pubblicato lo scorso 10 ottobre su Molecular Cell.
“I patogeni virali umani sono estremamente diversi e si adattano costantemente al loro ambiente, anche all'interno di una singola specie di virus” spiega Pardis Sabeti, membro del Broad Institute e professore all'Università di Harvard, co-autore del lavoro. “Il che evidenzia come siano necessarie piattaforme antivirali flessibili. Il nostro lavoro mostra come CARVER sia una tecnologia diagnostica e antivirale potente e velocemente programmabile verso un’ampia varietà di virus”.

Pochi farmaci antivirali
D’altra parte molte delle più comuni o pericolose malattie sono causate da virus a ssRNA, come l’Ebola, Zika, o semplicemente l’influenza, e per la maggior parte di esse non esistono trattamenti. Negli ultimi 50 anni sono stati prodotti 90 farmaci antivirali, approvati in clinica, in grado di curare solo nove malattie, di cui appena quattro a virus ssRNA. Inoltre, i virus per cui esistono vaccini – che negli anni si sono affermati come strategia d’elezione contro le malattie virali – approvati dalla Food and drug administration (FDA) statunitense sono appena sedici. Dati che fanno pensare come un nuovo approccio antivirale (facilmente adattabile anche a diversi patogeni) sia necessario. Anche per via della rapidità di evoluzione dei virus, che può portare con altrettanta facilità a resistenza verso i farmaci.

L’enzima Cas13
Escluso il più noto enzima Cas9, perché più specifico contro i virus a DNA, i ricercatori si sono indirizzati verso Cas13, enzima già usato per la correzione dell’RNA, che presenta diversi vantaggi. Oltre al fatto che il suo target naturale è l'RNA virale nei batteri, può essere programmato per colpire specifiche sequenze di acidi nucleici con poche limitazioni, ed è relativamente facile da “recapitare” all’interno delle cellule. Inoltre è stato ben studiato nei mammiferi e precedenti ricerche hanno dimostrato la capacità di una piattaforma basata sulla tecnologia Crispr-Cas13, chiamata SHERLOCK (specific high-sensitivity enzymatic reporter unlocking), di rilevare la presenza di virus, batteri o altri bersagli patogeni. Il team di Sabeti ha quindi combinato l'attività antivirale di Cas13 con la sua capacità diagnostica, creando una singola piattaforma – CARVER – che potrebbe essere usata sia per diagnosticare infezioni virali ssRNA, sia per curarle. Comprese le infezioni causate da virus nuovi ed emergenti.

Identificare i siti target
Una volta messo a punto lo strumento, gli scienziati hanno esaminato oltre 350 genomi virali associati all'uomo, cioè che possono infettare le cellule umane direttamente o che hanno “parenti stretti” in grado di farlo. Con un’analisi computazionale hanno poi controllato migliaia di potenziali siti target, per identificare sequenze di RNA virale che Cas13 potesse colpire in modo efficiente. Il team ha cercato di selezionare serie di acidi nucleici con meno probabilità di mutare, e che una volta tagliate dall’enzima avevano più probabilità di fermare il virus. In base a questo elenco di potenziali siti bersaglio, i ricercatori hanno infine progettato l'RNA guida dell'enzima Cas13, in grado di portare il sistema fino alla sequenza di acido nucleico scelta, per tagliarla. “In teoria Cas13 può essere programmata per attaccare praticamente qualsiasi parte di un virus”, ha aggiunto Cameron Myhrvold, ricercatore del team di Sabeti. “Ma c'è un'enorme diversità tra i virus e gran parte del genoma cambia rapidamente man mano che un virus stesso si evolve. Per cui, se non si presta attenzione, il rischio è di prendere come un bersaglio un sito che alla fine non avrà alcun effetto”.

I test sulle cellule umane
Per verificare l’efficacia della piattaforma gli scienziati hanno usato cellule umane infettate con tre diversi virus a RNA: virus della coriomeningite linfocitica (malattia infettiva dei roditori), virus dell'influenza A e il virus della stomatite vescicolare (malattia virale che colpisce equini, bovini e suini). Hanno introdotto il gene Cas13 e una guida RNA ingegnerizzata nelle cellule, e 24 ore dopo le hanno esposte a un virus. Dopo altre 24 ore, gli enzimi Cas13 avevano ridotto di 40 volte il livello di RNA virale nelle colture cellulari. Infine, per verificare anche l’efficacia del sistema Cas13 sull'infettività del virus, hanno misurato la capacità restante del patogeno di continuare a infettare le cellule umane. I dati hanno mostrato che dopo otto ore dall'esposizione virale, Cas13 aveva ridotto la capacità infettiva del virus dell'influenza di oltre 300 volte.

Una piattaforma “tuttofare”
La componente diagnostica SHERLOCK infine, è stata inserita per misurare rapidamente i livelli rimanenti di RNA virale in un campione. In questo modo CARVER potrebbe anche diventare uno strumento clinico in grado di “eseguire una diagnosi su un campione, trattare un'infezione virale e misurare l'efficacia del trattamento”, ha concluso Catherine Freije dell'Università di Harvard, co-autrice dello studio. “Il tutto con la possibilità di adattare rapidamente la piattaforma in caso di nuovi virus emergenti o mutati, diventati resistenti ai farmaci”.

Con il contributo incondizionato di

Website by Digitest.net



Questo sito utilizza cookies per il suo funzionamento Maggiori informazioni