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La piattaforma SHERLOCK ha dimostrato altissimi livelli di sensibilità e specificità, e promette di abbassare notevolmente i tempi e i costi diagnostici 

CRISPR è ormai conosciuto come l’acronimo dello strumento più innovativo nell’ambito biotecnologico con un forte impatto in diversi settori, dalla medicina all’agricoltura. In campo biomedico CRISPR è il croccante suono del progresso attraverso cui si mettono a punto nuovi farmaci mentre si perfezionano terapie avanzate già esistenti, come le CAR-T. Gli utilizzi del famoso sistema di editing vanno ancora al di là delle strategie terapeutiche, raggiungendo quelle delle diagnosi, come illustrato in uno studio statunitense pubblicato sulla rivista Blood in cui ad esser protagonista è la piattaforma SHERLOCK.

Come già descritto in precedenza da Osservatorio Terapie Avanzate, SHERLOCK sta per “Specific High-sensitivity Enzymatic Reporter unLOCKking” e indica una tecnologia basata sul sistema Crispr-Cas13 per la diagnosi di infezioni da parte di virus e altri patogeni. Il suo principale vantaggio è dato dalla possibilità di combinare le fasi di trascrizione e amplificazione dell’RNA bersaglio con una rilevazione specifica mediata da Crispr-Cas13. I ricercatori del Dana-Farber Cancer Institute di Boston sono riusciti a mettere a punto un test diagnostico molecolare basato sulla piattaforma SHERLOCK per due forme di leucemia alla cui origine si ritrovano mutazioni che comportano fusioni geniche. Più nello specifico si tratta della leucemia promielocitica acuta e della leucemia mieloide cronica.

La leucemia promielocitica acuta (APL) può condurre in breve tempo al decesso del paziente ma, nella stragrande maggioranza delle situazioni, può essere curata senza chemioterapia, con una combinazione di acido all-trans retinoico (ATRA) e triossido di arsenico (ATO). Risulta però evidente la necessità di identificare al più presto i pazienti ad alto rischio. Di contro, la leucemia mieloide cronica (CML) arriva a rappresentare fino al 15% di tutte le leucemie ma nella quasi totalità delle forme è positiva alla presenza del cromosoma Philadelphia (Ph+), il quale deriva da una traslocazione tra il proto-oncogene ABL (posto sul cromosoma 9) e il gene BCR (sul cromosoma 22): tale traslocazione porta alla produzione di un gene chimerico BCR-ABL che codifica per una proteina con attività tirosin-chinasica. Il gene di fusione BCR-ABL1 rappresenta un affidabile criterio diagnostico per la leucemia mieloide cronica. Ugualmente, il gene di fusione PML-RARA è tipico della leucemia promielocitica acuta (APL). Entrambi i geni di fusione possono essere rilevati tramite tecniche di ibridizzazione in situ in fluorescenza, con il metodo del Southern Blotting o con la PCR, ma i ricercatori statunitensi si sono messi alla ricerca di un metodo veloce, altrettanto affidabile e poco costoso per accelerare le diagnosi di malattie così gravi e comprimere il gap tra diagnosi e avvio al trattamento.

Coordinati dal professor Rahul S. Vedula, del Dipartimento di Oncologia Medica del Dana-Farber Cancer Institute, i ricercatori hanno sviluppato due saggi, valicandoli su un ristretto insieme di campioni di sangue provenienti da pazienti affetti da entrambe le patologie: un saggio per la rilevazione del gene PML-RARA nei pazienti con leucemia promielocitica acuta, e un altro per il gene BCR-ABL1 da cercare nei pazienti con leucemia mieloide cronica. Nel primo caso SHERLOCK ha raggiunto una concordanza del 100% rispetto alla metodica RT-PCR, identificando tutti i campioni positivi senza alcun falso positivo. Allo stesso modo nel caso del gene BCR-ABL1, la piattaforma SHERLOCK usata dai ricercatori statunitensi ha ottenuto un livello di sensibilità e specificità del 100%: su un totale di 13 campioni e altrettanti controlli non ha commesso alcun errore, distinguendo esattamente il sangue dei malati dai sani. I ricercatori del Dana-Farber Cancer Institute hanno condotto le prime validazioni sui loro test, anche ricorrendo a campioni di sangue secco di pazienti con leucemia mieloide acuta ottenendo risulti eccellenti con l’identificazione di tutti i campioni tumorali. Sulla base dei risultati del loro studio essi hanno poi iniziato a collaborare con il Robert and Renee Belfer Center for Applied Cancer Science del Dana-Farber al fine di traghettare questa tecnologia all’approdo in un prodotto commerciale.

Quello descritto è uno studio di ricerca e prima dell’inserimento di questo tipo di test diagnostico nella pratica clinica sarà necessaria una validazione estesa - che va dalla preparazione dei campioni, all’ottimizzazione del sistema di rilevazione e di lettura dei risultati - ma la piattaforma è molto promettente e potrebbe determinare un drastico taglio dei ritardi diagnostici e la costruzione di percorsi di cura più rapidi. Una strategia che acquisisce valore nell’ottica di sviluppo dei cosiddetti test POCT (Point-Of-Care Test), cioè quelli che possono essere effettuati in prossimità del punto di cura del paziente. Molte delle tecniche di laboratorio già citate - tra cui la PCR - vengono eseguite presso grandi laboratori di analisi o nei maggiori istituti oncologici e ciò significa che i centri di cura più piccoli sono costretti a inviare i campioni di sangue per l’esecuzione dei test molecolari, con un ovvio ritardo nella consegna del risultato.

Il nostro test può essere utilizzato sul centro di cura, in modo che un medico del pronto soccorso possa sapere entro un paio d’ore se il paziente dovrà o meno ricevere un farmaco salvavita”, spiega Vedula in un’intervista, citando ad esempio il caso della leucemia promielocitica acuta in cui il rischio più grande che corrono i pazienti sono le emorragie e dove una rapida conferma del test diagnostico affretterebbe l’assunzione del farmaco, abbassando in maniera notevole il pericolo.

La medicina di laboratorio contribuisce a più di due terzi delle decisioni relative alla salute di una persona e comprende tutti gli esami diagnostici, dal dosaggio della glicemia ai test più complessi come quelli appena descritti. È un settore che negli ultimi anni - basti pensare ai test per l’identificazione del virus SARS-CoV-2 - ha compiuto enormi balzi avanti ed è attualmente in forte espansione. I test POCT sono fondamentali per poter programmare percorsi rapidi dedicati alle diverse patologie e far in modo di collegare al meglio i centri clinici. Tuttavia, la tecnologia che soggiace a molti test ha un costo talmente elevato da renderli proibitivi per i sistemi sanitari dei Paesi a basso reddito, rendendo di fatto più difficoltoso l’accesso alla diagnostica per malattie per le quali esistono già i trattamenti adeguati.

I test basati su CRISPR, sviluppati anche per far fronte alla pandemia da COVID-19, esprimono una rivoluzione nella diagnosi in oncologia - e non solo - e costituiscono un’opportunità concreta, specie per le regioni del mondo con risorse diagnostiche limitate, tra cui America Centrale, Africa, Asia e Oceania, dal momento che costano meno delle attuali tecnologie e non necessitano della strumentazione tipica di un laboratorio avanzato.

Con il contributo incondizionato di

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