Emmanuelle Charpentier e Jennifer Doudna hanno vinto il Nobel ma non la contesa sulla proprietà intellettuale e ora sono pronte a rinunciare a due brevetti ottenuti in Europa
Lo scoop è ancora una volta merito di Antonio Regalado, che qualche anno fa è diventato famoso per aver rivelato al mondo gli esperimenti cinesi che hanno portato la nascita delle prime bambine con il DNA geneticamente modificato. Questa volta il giornalista della MIT Technology Review ha messo le mani sugli incartamenti che stanno decidendo l’esito della disputa europea sullo sfruttamento commerciale della tecnologia più usata per l’editing genomico. Parliamo del modello standard di CRISPR che impiega l’enzima Cas9 per recidere la doppia elica del DNA nel punto prescelto dai ricercatori, lo stesso che nel 2020 ha portato Emmanuelle Charpentier e Jennifer Doudna a Stoccolma per ricevere il Premio Nobel per la chimica.
La contesa legale va avanti da oltre dieci anni e passerà alla storia come una delle più combattute di sempre nel campo dei diritti brevettuali sulle invenzioni biotecnologiche. Finora aveva visto Charpentier e l’ateneo di Doudna (l’Università della California) perdere la partita con il Patent Office statunitense, ma vincerla presso l’Ufficio brevetti europeo. A contendere alle due scienziate la paternità dell’invenzione, e dunque il diritto di sfruttarla commercialmente, ci sono Feng Zhang e il Broad Institute presso cui lavora. Dirimere la questione dei relativi meriti è più complicato di quanto si possa immaginare, perché il giudizio non dipende soltanto dai contributi scientifici dei gruppi rivali. Charpentier e Doudna sono state le prime a pubblicare su una rivista scientifica, con il loro fondamentale paper su Science nel 2012, mentre Zhang ha perfezionato la tecnica per farla funzionare negli organismi superiori. A ingarbugliare la matassa, però, c’è il fatto che le due parti hanno fatto ricorso a strategie legali differenti e i brevetti in gioco sono molteplici. Il risultato è un risiko di procedure e tecnicismi in cui è difficile orientarsi se non si è esperti di diritto brevettuale.
Nel penultimo episodio della saga, nell’agosto di quest’anno, una commissione tecnica d'appello europea ha emesso un parere negativo per Charpentier e Doudna, sostenendo che la descrizione presentata dal duo non illustrava sufficientemente bene alcuni aspetti della tecnica (in particolare il funzionamento delle sequenze di ancoraggio usate da CRISPR in prossimità del sito bersaglio, le cosiddette PAM). I legali di Charpentier e Doudna contestano questa affermazione ma, piuttosto che perdere sul campo, hanno consigliato alle scienziate di cancellare i due brevetti contestati (EP2800811 e EP3401400). Le due Nobel conservano invece un altro brevetto già assegnato (EP3597749), senza contare ulteriori richieste in corso di esame.
La cancellazione dei due brevetti europei potrebbe avere serie ripercussioni per le aziende biotech che hanno comprato e venduto i diritti di utilizzo della tecnica CRISPR al fine di sviluppare prodotti commerciali. Tra queste ricordiamo Editas Medicine (legata al Broad Institute), Caribou Biosciences e Intellia Therapeutics (fondate da Doudna) e CRISPR Therapeutics e ERS Genomics (riconducibili a Charpentier). Del tutto peculiare è il ruolo di ERS Genomics, che è stata costituita in Europa proprio per gestire le licenze relative all’uso di CRISPR e afferma di aver venduto l'accesso non esclusivo ai suoi brevetti fondanti a più di 150 soggetti, tra università e aziende. Secondo quanto dichiarato alla MIT Technology Review, i suoi clienti sarebbero comunque coperti dagli altri brevetti che restano nel portafogli di Charpentier e Doudna, ma le incognite non mancano. Le cifre pagate per l’uso legale di CRISPR possono variare molto a seconda delle previsioni sui possibili profitti commerciali derivanti dall’applicazione: dai 15.000 dollari l’anno per una piccola start-up che non ha ancora un prodotto pronto ai 50 milioni concordati (tanto per cominciare) con i produttori di Casgevy, la prima terapia genica a base di CRISPR.
Le scienziate direttamente coinvolte e il loro rivale non hanno rilasciato dichiarazioni, ma questa non è una novità, perché hanno sempre detto di considerare la disputa legale come una fastidiosa distrazione. Doudna, in particolare, ha dichiarato al suo biografo, Walter Isaacson, che se potesse tornare indietro gestirebbe la faccenda delle licenze diversamente (il libro si intitola “Decifrare la vita” ed è stato pubblicato da Feltrinelli). L’ideale probabilmente sarebbe stato che i due gruppi concorrenti condividessero i diritti di proprietà intellettuale, attuando una strategia comune volta a favorire un ampio uso della tecnologia a vantaggio di tutti. Così sostiene uno dei più quotati esperti di brevetti biotech, Jacob Sherkow, che è stato interpellato anche da Kevin Davies in un altro libro dedicato all’editing (“Riscrivere l’umanità”, Raffaello Cortina editore). Un giorno in commercio potrebbero arrivare innumerevoli prodotti a base di CRISPR, sviluppati anche con modelli diversi dalla classica Cas9, che è stata protagonista della saga in tribunale. Allora, secondo Sherkow, tutta questa disputa potrebbe apparire insensata. “Ci guarderemo indietro e diremo che assurdo spreco di denaro?”.