Partendo dalle cellule dei pazienti, il gruppo di ricerca guidato dalla dott.ssa Jessica Rosati ha messo a punto un modello cellulare per studiare la sindrome di Smith-Magenis
Nel mondo della ricerca scientifica biomedica, i modelli cellulari sono strumenti fondamentali: da anni la dott.ssa Jessica Rosati - Fondazione IRCCS Casa Sollievo della Sofferenza, Istituto Mendel Roma – si occupa di sviluppare modelli cellulari per comprendere i meccanismi alla base del neurosviluppo. Grazie alle cellule staminali pluripotenti indotte (iPSC), prodotte a partire da cellule cutanee prelevate dai pazienti, il team di ricerca da lei coordinato è riuscito a produrre e differenziare le cellule staminali neurali per studiare in vitro la sindrome di Smith-Magenis. Un recente finanziamento - in collaborazione con la Prof.ssa Pennuto (VIMM), ottenuto dalla Fondazione Just Italia - permetterà di studiare anche la sindrome di Potocki-Lupski e, in futuro, di poter applicare la tecnica ad altre patologie che colpiscono il sistema nervoso.
“Noi ci occupiamo di malattie rare e lo facciamo sviluppando modelli cellulari per indagare le cause delle malattie neurologiche, ereditarie e non. Abbiamo diversi filoni/linee di ricerca, tra cui la malattia di Huntington, la sclerosi laterale amiotrofica, la malattia di Parkinson, la leucodistrofia, la mucopolisaccaridosi e la sindrome di Joubert. Stiamo puntando molto sulla sindrome di Smith-Magenis per ottenere evidenze empiriche che ci siano utili per comprendere la malattia: per questo motivo stiamo studiando sia le cellule di pazienti con una singola mutazione del gene RAI1, che da solo causa la malattia, sia quelle con una delezione più grande che colpisce RAI1 e altri 60-80 geni localizzati sul cromosoma 17”, racconta la Dottoressa Jessica Rosati.
LA SINDROME DI SMITH-MAGENIS (SMS)
La Smith-Magenis, sindrome nota dal 1986, è una malattia genetica quasi sempre ad insorgenza sporadica (cioè la delezione insorge spontaneamente e non è ereditata dai genitori) che causa una sintomatologia piuttosto variabile e, allo stesso tempo, complessa: deficit cognitivo variabile, disturbi del sonno, anomalie craniofacciali e scheletriche, disturbi psichiatrici, ritardo motorio e del linguaggio. I sintomi si manifestano fin dall’infanzia e i neonati mostrano, tra i vari sintomi, letargia, ipotonia e difficoltà ad alimentarsi. La terapia, ad oggi disponibile, è solo sintomatico e prevede il trattamento dei disturbi del sonno e l'uso di farmaci psicotropi per aumentare l'attenzione, diminuire l'iperattività e stabilizzare il comportamento. Inoltre, un supporto valido è dato dalla terapia comportamentale ed educativa. Tuttavia, almeno fino ad ora, nessun trattamento si è dimostrato efficace in modo consistente.
Come molte malattie rare è sotto-diagnosticata, perché viene spesso identificata come disabilità intellettiva, e non come una sindrome ben precisa. Infatti, pur avendo una incidenza di 1 a 25.000 e una prevalenza di uno a 15.000, in Italia sono un centinaio le diagnosi confermate (e dovrebbero essere circa un migliaio). Negli ultimi anni sono state pubblicate alcune ricerche svolte su modelli murini, nei quali sono stati rilevati sintomi tra cui l’obesità, spesso associata a questa patologia, i tratti autistici e le problematiche del ritmo sonno-veglia. Articoli più recenti sottolineano come RAI1 sia implicato anche nella plasticità sinaptica e quanto sia importante il suo contributo a livello di regolazione cellulare.
iPSC PER LA SMITH-MAGENIS
Il modello cellulare viene prodotto in laboratorio tramite un processo che prevede il differenziamento a partire dalle cellule del paziente stesso, che vengono prelevate dalla cute e riprogrammate per diventare iPSC, una tipologia di cellula staminale in grado di dare origine a qualsiasi tipo di cellula del corpo umano. Le iPSC hanno rivoluzionato la ricerca sulle staminali, anche se sono state scoperte solo poco più di 10 anni fa da Shinya Yamanaka (di cui abbiamo parlato QUI), a cui è stato conferito il Premio Nobel per la Medicina e la Fisiologia nel 2012. Con l’attenzione puntata sul sistema nervoso, il gruppo di Rosati è riuscito a far differenziare le iPSC portatrici della mutazione nelle tre tipologie di cellule del sistema nervoso centrale – neuroni, astrociti e oligodendrociti.
“Questo è stato fatto per studiare lo sviluppo del sistema nervoso, si parte dalla capacità della cellula staminale di differenziarsi nelle diverse popolazioni del sistema nervoso, durante il differenziamento il ricercatore osserva come si comportano le cellule, se la percentuale di una popolazione rispetto all’altra sia normale rispetto alle cellule di giovani pazienti senza mutazione”, prosegue la Dottoressa. “Abbiamo già notato alcune discrepanze evidenti che possono essere associate, ad esempio, alle problematiche sonno-veglia che questi bambini hanno nella loro vita e che, a livello cellulare, si riflettono in disturbi del ciclo circadiano”.
QUAL È L’OBIETTIVO?
Lo scopo è quello di comprendere i meccanismi cellulari patologici alla base della sindrome: perché la cellula non si comporta in maniera fisiologica? Quali sono i meccanismi implicati nel malfunzionamento? Perché si verifica un problema nello sviluppo neuronale? Rispondere a queste domande permetterebbe di avere un bagaglio di conoscenze maggiore per iniziare a sviluppare terapie mirate, tra le quali la terapia cellulare e la terapia genica.
Le ricerche pubblicate finora descrivono modelli murini, in cui sono stati fatti studi di tipo comportamentale e sulla plasticità sinaptica, mentre il gruppo dell’Istituto Mendel si è focalizzato sullo sviluppo del sistema nervoso, utilizzando cellule umane. “Noi lavoriamo su cellule umane provenienti direttamente dai pazienti, cosa che fino a oggi nessuno aveva fatto per la sindrome di Smith-Magenis. Esistono fondazioni dedicate - una anche in Italia (Associazione Smith-Magenis Italia - e progetti finanziati ma non sono ancora stati pubblicati studi su cellule umane durante lo sviluppo del sistema nervoso, in questa malattia rara”.
Per quanto riguarda le sindromi di Smith-Magenis e di Potocki-Lupski: “sono spettri di malattie che i medici non riconoscono e inquadrano come ritardo nello sviluppo mentale e motorio. Questo prolunga i tempi della diagnosi che è uno dei problemi principali che devono affrontare i genitori dei bambini con la Smith-Magenis e, più in generale, tutte le famiglie colpite da malattie rare” e prosegue Jessica Rosati “Queste famiglie riescono ad avere una diagnosi talmente in ritardo rispetto alla nascita del bambino e all’insorgenza dei sintomi, che spesso già il sapere il nome della malattia è una liberazione, pur restando una malattia senza una cura, con tutte le conseguenze – cliniche, emotive e psicologiche – del caso”.
Il percorso di ricerca per la SMS ha finora portato buoni risultati, che si spera vengano pubblicati nel prossimo futuro: un approccio rivoluzionario – e frutto della ricerca italiana d’eccellenza - che aggiungerà un altro tassello utile alla ricerca sulle malattie rare.