Gaslini, linfociti

Al Gaslini di Genova è disponibile una procedura specifica e rapida per infondere linfociti antivirali a individui trapiantati e non trapiantati affetti da grave immunodepressione congenita o acquisita 

Il sistema immunitario è una corazza che difende il nostro organismo dagli attacchi dei patogeni, senza di esso saremmo esposti ai colpi di qualsiasi agente esterno, come un fante che scende in battaglia senza alcuna forma di protezione. Nella realtà esistono diverse persone costrette a vivere in questa situazione: si tratta dei pazienti affetti dalle cosiddette sindromi da immunodeficienza e di quanti sono stati sottoposti a trapianto allogenico di cellule staminali emopoietiche, nei quali il sistema immunitario non è funzionante. In entrambi i casi si genera una situazione che rappresenta un terreno favorevole per le infezioni virali - spesso resistenti ai trattamenti - che mettono a rischio la sopravvivenza dei malati. Una terapia cellulare autorizzata all’IRCCS G. Gaslini di Genova può però migliorare la prognosi di questi pazienti, ce ne parla la dott.ssa Maura Faraci, Responsabile della U.O.S.D. Centro Trapianto di Cellule Staminali Emopoietiche del centro genovese.

Infatti, presso il Centro Trapianto di Cellule Staminali Emopoietiche dell’IRCCS pediatrico genovese è stata autorizzata la somministrazione di una terapia cellulare a base di linfociti antivirali capace di combattere tre tipologie di virus - Epstein Barr Virus, Citomegalovirus e Adenovirus - resistenti ai trattamenti e, pertanto, estremamente pericolosi per i pazienti immunodepressi. “Si tratta di una terapia cellulare che consiste nella produzione tempestiva di linfociti T virus-specifici, ottenuta secondo istruzioni ben precise e già messa in atto presso altre Cell Factory oltre alla nostra”, spiega Maura Faraci. “Questa terapia è solitamente destinata a persone sottoposte a trapianto allogenico di midollo, una procedura che, nonostante evidenti progressi raggiunti negli anni, non è esente da complicanze sul piano infettivo”. Infatti, i rischi di un’infezione da virus come Epstein Barr, Citomegalovirus e Adenovirus sono molto comuni in chi si sottopone a questo tipo di trapianto, conducendo spesso a situazioni di difficile gestione, con pazienti che possono non rispondere positivamente alle terapie farmacologiche e vedono pertanto peggiorare le loro condizioni di salute.

Una delle possibili soluzioni a questo problema proviene dai linfociti T virus-specifici. “La procedura per ottenere i linfociti T ha inizio con un’accurata analisi sierologica del donatore (il più delle volte un genitore o, nel caso in cui non ci sia compatibilità, un fratello) per vedere se sia presente una risposta anticorpale segno di una pregressa infezione provocata da uno di questi tre virus”, prosegue Faraci. “Successivamente, si effettua un test di secrezione attraverso il quale si valuta se i linfociti in questione siano o meno in grado di produrre l’interferone-gamma, considerato una componente fondamentale della risposta antivirale. Nel caso in cui il test risulti positivo, i linfociti prodotti vengono rilasciati dopo 36 ore dalla nostra Cell Factory per essere infusi al paziente che ne abbia necessità”. In questo modo i linfociti T antivirali produttori di gamma-interferone attaccano i virus di cui sono affetti i pazienti e li distruggono. 

Abbiamo deciso di usare questa strategia non solo nei pazienti trapiantati ma anche in coloro che sono affetti da immunodeficienza congenita o acquisita e che pertanto hanno uno stato profonda di immunodepressione”, riprende Faraci. “Tutto è partito dall’esperienza di un nostro paziente con una forma grave di immunodeficienza congenita, che aveva sviluppato un’infezione da Adenovirus resistente al trattamento. Abbiamo sottomesso all’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) una richiesta di autorizzazione al trattamento del paziente con i linfociti antivirali prodotti dalla nostra Cell factory e da ciò è nata l’esigenza di avviare uno studio clinico per allargare il protocollo a tale categoria di persone”. È ora attivo presso il Centro Trapianto di Cellule Staminali Emopoietiche del Gaslini di Genova uno studio clinico di Fase I, non randomizzato e condotto in aperto, che ha l’obiettivo di valutare l’efficacia di un trattamento a base di linfociti T antivirali verso alcuni virus nei confronti dei quali un paziente immunodepresso abbia sviluppato resistenza. “Nel caso del Citomegalovirus si tratta della resistenza a due o più linee di terapia farmacologica antivirale, mentre in quello del virus dell’Epstein Barr è rappresentato dalla resistenza agli anticorpi monoclonali anti-CD-20”, puntualizza l’esperta ligure. “Per quanto riguarda, invece l’Adenovirus nessun agente virale si è dimostrato particolarmente in grado di combattere l’infezione anche se nei pazienti immunodepressi la terapia d’elezione prevede l’uso di cidofovir”. L’innovatività del approccio risiede in una produzione altamente specifica di linfociti antivirali che possono essere somministrati nell’arco di trentasei ore al paziente in attesa. “Nel caso di infezioni resistenti al trattamento, come quelle citate, il fattore tempo fa la differenza. Infatti, nel paziente immunodepresso il rischio di mortalità è elevatissimo e somministrare un prodotto efficiente e sicuro con tempestività è fondamentale”, sottolinea Faraci.   

Dalla fine degli anni Ottanta - quando ne fu avviata l’attività presso l’IRCCS Istituto G. Gaslini - il Centro Trapianto di Cellule Staminali Emopoietiche ha eseguito circa 1700 trapianti di cui oltre 600 da donatore familiare o volontario: una buona metà di essi è costituita da trapianti da donatore non familiare compatibile, fino al 40% è dato da trapianti aploidentici (cioè a partire da un genitore o un fratello o sorella con caratteristiche tessutali per metà compatibili con quelle del ricevente) e il resto da donatori familiari. Di norma dopo le procedure di trapianto la somministrazione di farmaci come la ciclofosfamide ha lo scopo di ridurre il rischio di insorgenza di eventuali reazioni immunologiche tra il donatore e il ricevente, ma le complicanze infettive rimangono una problematica significativa. “Oggi, grazie a questo protocollo possiamo estendere le procedure di infusione dei linfociti T antivirali a tutte le persone da 0 a 30 anni non sottoposte a trapianto, ma affette da gravi immunodeficienze congenite o acquisite che abbiano sviluppato infezioni virali resistenti alla terapia medica”, conclude Faraci. “In prospettiva futura auspichiamo che il nostro centro possa divenire un’officina produttiva anche per altre strutture ospedaliere all’interno della Regione Liguria, e non solo. Inoltre, puntiamo a sviluppare prodotti cellulari destinati a contrastare simultaneamente un più ampio spettro di organismi virali, sempre riuscendo a renderli disponibili in tempi rapidi”. Infine, si potrà pensare di utilizzare i linfociti raccolti da donatori non familiari, creando delle vere e proprie banche di donatori che possano aumentare le possibilità di individuare il materiale di partenza adeguato alle caratteristiche di ogni specifico malato.

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