Applicabile nei casi di distrofia endoteliale di Fuchs o di cheratopatia bollosa, la procedura potrà essere impiegata anche nei Paesi dove è difficoltoso realizzare un trapianto di cornea
Il mondo dell’oculistica è andato in fermento alla notizia dell’imminente avvio di uno studio clinico di Fase III sull’iniezione di cellule endoteliali per il trattamento di malattie dell'occhio quali la distrofia endoteliale di Fuchs o la cheratopatia bollosa, responsabili della degradazione delle cellule dell’endotelio corneale e, pertanto, associate alla perdita della vista. Fino ad oggi per queste situazioni era indicato il trapianto di cornea, una procedura invasiva e complessa, realizzabile solamente in centri ad elevata specializzazione e in presenza di donatori compatibili. Ma il metodo di coltivazione delle cellule endoteliali sviluppato dal prof. Shigeru Kinoshita, dell’Università di Kyoto, ha cambiato radicalmente la situazione. Lo spiega il prof. Vincenzo Sarnicola a margine del primo Congresso Nazionale della Società Italiana di Scienze Oftalmologiche (SISO).
LE PATOLOGIE DELLA CORNEA
La cornea è una struttura fondamentale dell’occhio: essa rappresenta, infatti, la membrana esterna collocata nella parte anteriore del globo oculare e costituisce la naturale continuazione della sclera, cioè dello strato più esterno che protegge l’occhio. La cornea è composta da diversi strati che dall’epitelio pavimentoso esterno raggiungono l’endotelio posto in profondità. “Questo aiuta a comprendere meglio il motivo per cui disponiamo di tre livelli di chirurgia: una della superficie delle cornea, una dello stroma corneale, cioè del foglietto intermedio, e una dell’endotelio che è la parte più interna della cornea”, spiega il prof. Sarnicola, Presidente S.I.C.S.S.O. (Società Internazionale Cornea Staminali Superficie Oculare). “L’evoluzione delle cellule endoteliali coltivate e iniettabili riguarda quest’ultimo strato, dove le cellule operano come idraulici capaci di regolare la quantità di acqua presente nello stroma corneale”.
A necessitare di un intervento a questo livello sono le malattie dell’endotelio, le quali rappresentano circa il 40-50% di quelle che richiedono un trapianto di cornea, oggi realizzabile con tecniche mini-invasive - come la DSAEK (Descemet Stripping Automated Endothelial Keratoplasty) o la DMEK (Descemet Membrane Endothelial Keratoplasty) - in grado di ridurre le complicanze intra- e post-operatorie del trapianto di cornea. Ma occorre un’ottima competenza tecnica e chirurgica per poterle eseguire, inoltre, serve un donatore di cellule per ogni occhio ricevente.
UNA NUOVA TECNICA DI TRATTAMENTO…
In questo senso la terapia cellulare provvede a portare ad un livello ancora superiore la strategia terapeutica. “Il prof. Shigeru Kinoshita è riuscito a mettere a punto una rivoluzionaria tecnica di coltivazione delle cellule dell’endotelio partendo dal presupposto che alla periferia dell’endotelio esista un gruppo di cellule dotate delle medesime caratteristiche delle staminali, essendo in grado di dividersi e moltiplicarsi”, precisa Sarnicola. “Nel 2018 e 2020, Kinoshita ha pubblicato i risultati del suo lavoro sulle prestigiose riviste The New England Journal of Medicine e Ophtalmology, facendo notare come le capacità di moltiplicarsi delle cellule siano proporzionali alla giovane età del donatore. Il principale vantaggio della sua tecnica è dato dal fatto che da un solo buon donatore si potrebbero ricavare circa 300-500 coltivazioni cellulari, ognuna delle quali è in grado di guarire un malato”.
I risultati della ricerca di Kinoshita sono stati così strabilianti da spingere Aurion Biotech, un’azienda statunitense, a investire nella tecnica portando alla progettazione di uno studio clinico di Fase II. L’obiettivo del trial, condotto tra El Salvador e gli Stati Uniti, è stato di testare la sicurezza, la tollerabilità e l’efficacia della nuova pratica di iniezione delle cellule endoteliali su 250 occhi. Dai risultati è emerso che tutti i pazienti hanno recuperato la vista e migliorato il loro stato di salute.
“Purtroppo la pandemia di COVID-19 ha rallentato i tempi di marcia”, afferma ancora Sarnicola. “Ma siamo in attesa che la Food and Drug Administration (FDA) statunitense conceda il via libera allo studio di Fase III che dovrebbe iniziare nel 2023 e che vedrà l’avvio di trial multicentrici in Nord America e in Europa. In quest’ultimo caso con coordinamento in Italia”.
…DALLE ENORMI POTENZIALITÀ
Numeri alla mano, questa è uno dei casi in cui a beneficiare maggiormente di un’innovazione biotecnologica non sono ristretti gruppi di malati accomunati da una rara patologia bensì milioni di persone al mondo che convivono con un problema di vista. “Le malattie della cornea che trarranno maggior vantaggio da questa tecnica sono soprattutto la distrofia endoteliale di Fuchs e la cheratopatia bollosa”, precisa Sarnicola. “Nel primo caso si tratta di una malattia che insorge su base ereditaria e affligge prevalentemente persone di età compresa tra i 50 e i 60 anni con una marcata riduzione della capacità di visione, spesso associata a una cataratta fortemente invalidante. La cheratopatia bollosa, invece, è una condizione clinica dovuta a incidenti di varia natura che possono aver danneggiato la cornea. Può anche essere conseguenza di pesanti interventi chirurgici che l’occhio può aver affrontato in seguito a una patologia glauocomatosa o vitroretinica o, semplicemente, dopo una cataratta”.
Si ritiene che ogni anno nel mondo il numero delle persone affette da cecità bilaterale corneale raggiunga l’incredibile cifra di 13 milioni e di questi circa il 40-50% soffrono di patologie dell’endotelio che necessitano di trapianto e potrebbero beneficiare del trattamento sviluppato da Kinoshita. “Purtroppo molti di essi vivono in zone come l’Africa, il Sud America e alcuni Paesi dell’Asia e dell’Est Europa che non hanno accesso al trapianto”, ricorda Sarnicola. “Nei Paesi più poveri del pianeta il problema è la disponibilità della cura: la principale criticità consiste nel reperire i tessuti necessari e poterli processare in modo adeguato per consegnarli nelle mani di chirurghi esperti che li sappiano innestare. Infine, scarseggiano le strutture e i medici con le competenze adatta per questo intervento così delicato. La tecnica di iniezione delle cellule endoteliali risolverebbe il problema giacché sarebbe sufficiente iniettare nell’occhio malato le cellule appena dopo aver grattato le cellule malate”. La tecnica garantisce un recupero post trattamento più rapido, un minor rischio di rigetto e una qualità visiva superiore. E soprattutto, a partire da un solo donatore si potrebbero curare fino a 500 pazienti: un aspetto che potrebbe contribuire a combattere efficacemente la cecità anche nei contesti più svantaggiati della Terra.
Di questa nuova pietra miliare della chirurgia oculistica si parlerà anche al prossimo Congresso annuale S.I.C.S.S.O che si svolgerà a Firenze tra il 30 giugno e il 2 luglio 2022.