Durante il Festival della Salute Globale, svoltosi a Padova dal 5 al 7 aprile 2019, la Prof.ssa Antonella Viola ha affrontato la complessa tematica
“Queste nuove terapie avanzate sono state e saranno una grande rivoluzione nella clinica. Sono state definite uno tsunami, ed è giusto che anche il grande pubblico sia consapevole di quali sono i risultati che sono stati raggiunti e in che direzione va la ricerca.” Antonella Viola, ordinario di Patologia Generale presso il Dipartimento di Scienze Biomediche dell’Università di Padova e direttrice scientifica dell’Istituto di Ricerca Pediatrico della Fondazione Città della Speranza e membro del comitato scientifico di Osservatorio Terapie Avanzate, spiega così l’intento dell’incontro “Potenzialità e problemi delle nuove terapie” svoltosi nell’ambito del Festival della Salute Globale, iniziativa padovana dedicata al grande pubblico.
“Fare informazione su queste terapie è davvero fondamentale: è bene infatti ricordare che se da un lato sono un preziosissimo strumento clinico, soprattutto per chi non ha altre possibilità terapeutiche, dall’altro sono molto spesso oggetto di fraintendimento da parte dei pazienti, che pensano che trattandosi di terapie derivanti dal proprio sistema immunitario siano meno pericolose di una terapia standard.”
Sono infatti ancora in molti a pensare che l’immunoterapia abbia percentuali di sopravvivenza maggiori rispetto alle terapie classiche, così come sono in troppi a non conoscere potenzialità e svantaggi di queste terapie, ed in particolare delle terapie CAR-T, acromimo di Car-T cells, per esteso Chimeric Antigens Receptor Cells-T, cioè Cellule T con recettore chimerico. Le cellule T sono linfociti T, un particolare tipo di globuli bianchi in grado di combattere i tumori.
COSA SONO LE CAR-T
“Le CAR-T sono rivoluzionarie e sono a tutti gli effetti un esempio di terapia genica. I linfociti T vengono infettati con un virus che permette l’espressione sulla superficie cellulare di un recettore che non c’era. Questa proteina serve proprio a riconoscere le cellule di uno specifico tumore e poterle distruggere.”
“Per poter esprimere questo recettore chimerico è necessario infettare le cellule con un virus non patogeno (un virus non più attivo), definito vettore. Il vettore porta con sé le sequenze di DNA che letteralmente insegnano alla cellula T a produrre quella particolare proteina”.
Le cellule T del paziente vengono prelevate attraverso una tecnica chiamata linfocitoaferesi. Vengono successivamente inviate a laboratori ultraspecializzati e accreditati, per poter essere “infettate” tramite il vettore virale, amplificate in vitro e poi reinfuse nel paziente.
“Ora queste cellule possono andare a riconoscere le cellule tumorali ed ucciderle. È un po’ come se fornissimo al paziente delle armi, dei killer, in grado di uccidere selettivamente solo le cellule tumorali. Sembra quasi fantascientifico, ma per alcuni tumori e alcuni pazienti è realtà.”
EFFICACIA E SICUREZZA
Si tratta però di una terapia attualmente approvata come seconda, o addirittura terza linea, cioè per pazienti che non hanno più opzioni terapeutiche, pur avendo tentato tutte le altre terapie disponibili.
“Questo dipende da diversi fattori. Prima di tutto attivare il sistema immunitario porta con sé degli aspetti di pericolosità intrinseca. Quando il nostro sistema immunitario si attiva in maniera eccessiva può scatenare quella che viene definita sindrome da rilascio delle citochine, che vuol dire che abbiamo un’infiammazione diffusa in tutto il nostro corpo. Questo può manifestarsi con sintomatologia lieve (febbre, mal di testa) ma in alcuni casi può dare problemi molto gravi come calo della pressione, arresto circolatorio e anche la morte. Inoltre si tratta di terapie estremamente costose, è stato stimato che il costo di una terapia CAR-T possa arrivare fino a un milione di dollari per paziente.”
Questi aspetti rappresentano a tutti gli effetti degli ostacoli, o meglio delle sfide da affrontare.
COSTI E BENEFICI
“Certamente è necessario migliorare l’efficacia di queste terapie e identificare al più presto dei biomarcatori predittivi che ci aiutino a capire chi beneficerà delle terapie e chi no. Terapie che comunque dovranno sempre essere somministrate presso centri clinici in grado di monitorare adeguatamente i pazienti. È inoltre necessario estendere gli studi su queste terapie, per avere numeri e casistiche più ampie. E poi c’è la questione dei costi, legata al problema più generale dell’allocazione delle risorse in oncologia.”
“La valutazione dei costi deve essere fatta sempre a lungo termine. Dai dati di cui disponiamo sappiamo che nei bambini la classica chemioterapia ha degli esiti a lungo termine. I pazienti, da adulti, sono più suscettibili a tutta una serie di malattie, che si traducono in costi per il SSN. Se dimostriamo che le terapie CAR-T sono un beneficio a lungo termine certamente l’impatto sui costi apparirà meno pesante. Resta però il fatto che si tratta di terapie costose, così come la maggior parte degli antitumorali di ultima generazione. Il che implica necessariamente una più serrata trattativa sui costi di acquisto del farmaco, pur comprendendo che i costi di sviluppo sono molto alti bisogna calcolare cosa il SSN può realmente permettersi.”
LE TERAPIE GIÀ DISPONIBILI
Attualmente in ambito pediatrico è stata approvata in Europa, ed è disponibile in Italia, solo una terapia CAR-T per la leucemia linfoblastica acuta a cellule B refrattaria, in recidiva post-trapianto o in seconda o successiva recidiva. (La medesima terapia è approvata anche per soggetti adulti.) Ogni anno in Italia circa 440 bambini si ammalano di LLA. Di questi solo il 15% risponde alle terapie classiche, il che fa della leucemia linfoblastica la principale causa di morte in oncologia pediatrica.
L’altra terapia approvata, solo per pazienti adulti, è indicata nel trattamento del linfoma diffuso a grandi cellule B, del linfoma primitivo del mediastino a grandi cellule B e del linfoma follicolare trasformato, in casi recidivanti o refrattari, dopo due o più linee di terapia sistemica.
Molte altre sono però le terapie CAR-T in fase di sviluppo o sperimentazione, quindi certamente è un tema destinato ad essere dibattuto a lungo.
“Per comunicare tematiche come queste – conclude Viola – dobbiamo creare una solida alleanza tra i giornalisti scientifici e chi fa scienza. Dobbiamo combattere insieme la disinformazione e fornire ai pazienti gli strumenti per essere adeguatamente informati.”