occhio, cecità, terapia genica, ricerca italiana

AAVantgarde Bio si avvicina allo studio clinico sulla retinite pigmentosa associata alla sindrome di Usher 1/b. Per la malattia di Stargardt il trial è previsto verso metà 2025

Restituire la vista ad adolescenti che l’hanno persa a causa di una malattia genetica. È l’ambizione della biotech italiana AAVantgarde Bio, nata come spin-off della Fondazione Telethon, che entro metà 2024 conta di far partire lo studio clinico sul più avanzato dei due programmi in pipeline: la terapia genica per la sindrome di Usher 1/b, caratterizzata dalla combinazione di cecità e sordità. Mentre per la componente uditiva della sindrome di Usher esistono rimedi parziali, come gli impianti cocleari, che offrono una possibilità di miglioramento, sul fronte della retinite pigmentosa non esistono al momento terapie efficaci. Questa lacuna ha spinto i ricercatori a sviluppare nuovi approcci terapeutici basati sull’utilizzo della tecnologia Dual Hybrid, che ha recentemente dimostrato le sue potenzialità su un bambino che ha recuperato l’udito.

La sindrome di Usher 1/b è caratterizzata dalla combinazione di retinite pigmentosa e sordità, dovuta a un difetto genetico che causa l'assenza di una proteina specifica sia nella retina che nell'orecchio interno. La prevalenza di questa malattia è stimata essere di circa uno su 40.000-50.000 individui. I sintomi visivi della retinite pigmentosa non si manifestano nell'infanzia immediata, ma emergono in adolescenza, intorno ai 15 anni, con difficoltà nella visione notturna e restrizione del campo visivo periferico, progressivamente evolvendo verso una perdita completa della vista intorno ai 30-40 anni; al contrario, la sordità è congenita e rappresenta il primo segnale di allarme, portando i pazienti a un primo contatto con l'audiologo.

“Il nostro obiettivo è chiaro: dobbiamo accelerare la ricerca per trovare soluzioni efficaci per questa malattia”, spiega Alberto Auricchio, fondatore di AAVantgarde Bio e coordinatore del Programma di Terapia Molecolare presso l'Istituto Telethon di Genetica e Medicina (Tigem) a Pozzuoli e docente di genetica medica presso l'Università Federico II di Napoli. “È cruciale agire rapidamente; una volta che la malattia raggiunge uno stadio avanzato, con la perdita completa dei fotorecettori, le opzioni terapeutiche si riducono drasticamente, rendendo inutile qualsiasi tentativo di intervento genico”.

AAVantgardeBio sta attendendo il benestare dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) per procedere a somministrare la terapia genica sul primo paziente (di questo trial ai blocchi di partenza abbiamo parlato anche qui). “La nostra ricerca si è concentrata sulla comprensione dei meccanismi d'azione della terapia genica nell'occhio e sulla valutazione della sua efficacia nel modello animale, che rappresenta un passo importante verso lo sviluppo di trattamenti innovativi per le malattie retiniche. La proteina al centro della nostra ricerca funziona come una sorta di motore molecolare, responsabile del trasporto di altre proteine e organelli all'interno dei fotorecettori e dell'epitelio pigmentato della retina. Abbiamo osservato che la terapia genica, mediante l'iniezione subretinica di un mix di due vettori virali Dual Hybrid, è stata in grado di ripristinare la funzionalità della proteina, correggendo il difetto di trasporto nelle cellule interessate della retina”. Sebbene il modello animale non consenta di predire direttamente l'impatto della terapia sulla visione, a causa della mancanza di una degenerazione retinica paragonabile a quella umana, i risultati ottenuti forniscono una prova concettuale dell'efficacia della terapia genica nel ripristinare i meccanismi cellulari compromessi dalla malattia

Lo studio clinico che partirà a breve, una Fase I-II, adotterà un approccio metodico e stratificato per valutare sia la sicurezza che l'efficacia del trattamento in due gruppi distinti di pazienti, basandosi su tre dosaggi differenti della terapia. “La nostra sperimentazione prevede una classica escalation di dose, partendo da un livello più basso verso dosi intermedie e poi più elevate. Questo processo ci permette di monitorare attentamente la tolleranza dei pazienti al trattamento e di adattare le dosi in modo sicuro ed efficace”. L'innovativo aspetto della sperimentazione risiede nella selezione e nel trattamento dei pazienti, che verranno stratificati non solo per età ma anche in base alla severità della loro condizione retinica. Il gruppo di Auricchio in collaborazione con il gruppo di oculisti della Università Vanvitelli di Napoli guidati dalla Prof.ssa Francesca Simonelli, infatti, avvierà il trattamento con pazienti adulti affetti da una forma avanzata della malattia, per poi estendere la terapia ad individui con una condizione meno grave, inclusi pazienti sia adulti che minori. “Questo approccio ci consente di valutare l'efficacia della terapia genica su un ampio spettro di stadi della malattia, con l'obiettivo di ottimizzare i benefici terapeutici per ogni gruppo di pazienti. Dopo aver verificato la sicurezza della dose iniziale in un adulto con malattia avanzata, passeremo a trattare con la stessa dose pazienti con condizioni meno gravi”.

Saranno pertanto inclusi pazienti a partire dagli 8 anni in su; anche persone di 19 o 25 anni possono presentare una condizione visiva idonea per la sperimentazione, a seconda dello stato di progressione della loro malattia. “Il nostro obiettivo finale è intervenire precocemente nella progressione della malattia, applicando la terapia genica non appena iniziano a manifestarsi i sintomi. Questa strategia si basa sulla convinzione che un intervento tempestivo possa offrire i migliori risultati terapeutici, rallentando o potenzialmente arrestando la progressione della patologia retinica”.

Il secondo programma in sviluppo da parte di AAVantgarde Bio è per una malattia diversa, perché invece che colpire la periferia della retina colpisce direttamente la parte centrale della retina, cioè la macula: si tratta di una distrofia o degenerazione maculare che si chiama malattia di Stargardt. “Questa è una delle malattie più frequenti. Ha una prevalenza di 1 su 10 mila e quindi ci sono molti pazienti affetti da malattia di Stargardt. Anche questa è una malattia giovanile, la progressione è variabile, ma in generale intorno ai 30 anni si è persa la vista”. Per questa patologia viene utilizzata una seconda piattaforma: “il concetto è lo stesso del Dual Hybrid, ossia usiamo due vettori perché un unico vettore non ha la capienza sufficiente per trasportare la terapia. Però il principio è diverso perché ognuno dei vettori esprime una mezza proteina; le due parti si ricompongono in una proteina più grossa una volta arrivate nella cellula bersaglio”. Per permettere questo processo il team di Auricchio si è ispirato ad un meccanismo utilizzato dai batteri per ricostruire proteine di grosse dimensioni. Un’ispirazione che potrebbe contribuire a riportare la vista a tanti pazienti. L’avvio della sperimentazione clinica è previsto per la metà del prossimo anno.

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