Una terapia genica in sperimentazione per una malattia rara può essere paragonata a una navetta spaziale che sulla carta è in grado di esplorare i lati più nascosti dell’universo: genera un forte entusiasmo iniziale e raccoglie consenso e partecipazione, ma bisogna accertarsi che nella pratica continui a funzionare bene per periodi prolungati di tempo al fine di garantire la sicurezza degli astronauti e raggiungere tutti gli obiettivi fissati. Per questa ragione, in uno studio clinico pubblicato sulla rivista Med-Cell Press gli scienziati dell’Istituto Telethon di Genetica e Medicina (Tigem), coordinati dal professor Nicola Brunetti-Pierri, hanno valutato sia l’efficacia che la sicurezza di una terapia genica sperimentale per la mucopolisaccaridosi di tipo VI (MPS VI) a distanza di almeno 3 anni dalla somministrazione.
La tossicità dei regimi di condizionamento rappresenta una delle principali barriere alla diffusione della terapia genica. Tradizionalmente, per preparare il midollo osseo a ricevere cellule geneticamente corrette si utilizza la chemioterapia, come l’agente alchilante busulfan, che però può essere associata a gravi effetti collaterali. La recente morte di un paziente affetto da anemia falciforme, coinvolto nello studio clinico con BEAM-101 - una terapia genica ex vivo basata sul sistema CRISPR sviluppata da Beam Therapeutics - ha evidenziato i rischi di questi protocolli di pretrattamento. I ricercatori stanno sperimentando soluzioni che evitino chemio o radioterapia, come anticorpi monoclonali e tecnologie a mRNA, promettendo terapie più sicure per il futuro.
Quelli di voi che seguono i programmi di Alessandro Borghese, Bruno Barbieri e Antonino Canavacciuolo sanno che il sale è l’elemento chiave di una buona ricetta. Il cloruro di sodio (NaCl), infatti, è un pilastro della cucina perché conferisce sapore, portando equilibrio nei piatti. E se rapportiamo la complessità dei protocolli di preparazione di una terapia avanzata alle procedure da seguire per ottenere un elaborato risotto o un buon secondo di pesce, perché non aggiungere un tocco di sale anche a queste complesse terapie? Lo devono aver pensato anche i ricercatori dell’Humanitas di Rozzano quando hanno scoperto che l’aggiunta di una quantità specifica di sale potrebbe avere un’utilità inaspettata nella preparazione delle innovative immunoterapie, come le CAR-T o le TCR.
Lunedì 18 novembre si è tenuto il primo appuntamento del nuovo format OTA Talk: uno spazio di discussione ideato da Osservatorio Terapie Avanzate (OTA) per affrontare specifici temi nel campo delle terapie avanzate. Questo appuntamento è stato dedicato alla manifattura, con l’avvio di un dialogo tra le realtà accademiche e private coinvolte nella produzione delle terapie avanzate e l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA). Un confronto che è frutto del lavoro che OTA ha portato avanti negli ultimi due anni con il retreAT, un progetto di policy shaping che ha coinvolto oltre 45 specialisti sulle terapie avanzate su 5 tavoli tematici, di cui uno proprio dedicato alla manifattura. Hanno partecipato all’OTA Talk Maria Luisa Nolli, membro del Board di Federchimica Assobiotech ed EuropaBio, Massimiliano Petrini, Responsabile della Cell Factory dell’IRCCS Istituto Romagnolo per lo Studio dei Tumori “Dino Amadori” di Meldola e Presidente di NOTA aps (Network Officine Terapie Avanzate), e Raffaella Sardelli, GMP Senior Inspector dell'AIFA, con la moderazione di Francesco Macchia, Coordinatore di OTA.
a cura di Anna Meldolesi
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