linfociti t, sale, azione antitumorale

Uno studio dei ricercatori dell’Humanitas di Rozzano rivela che, somministrato alle cellule ingegnerizzate prima dell’infusione, il minerale sarebbe in grado di promuovere l’azione antitumorale 

Quelli di voi che seguono i programmi di Alessandro Borghese, Bruno Barbieri e Antonino Canavacciuolo sanno che il sale è l’elemento chiave di una buona ricetta. Il cloruro di sodio (NaCl), infatti, è un pilastro della cucina perché conferisce sapore, portando equilibrio nei piatti. E se rapportiamo la complessità dei protocolli di preparazione di una terapia avanzata alle procedure da seguire per ottenere un elaborato risotto o un buon secondo di pesce, perché non aggiungere un tocco di sale anche a queste complesse terapie? Lo devono aver pensato anche i ricercatori dell’Humanitas di Rozzano quando hanno scoperto che l’aggiunta di una quantità specifica di sale potrebbe avere un’utilità inaspettata nella preparazione delle innovative immunoterapie, come le CAR-T o le TCR.

Non si tratta di uno scherzo ma di una ricerca pubblicata sulle pagine della prestigiosa rivista Nature Immunology in cui viene descritto il ruolo del sale che, se somministrato ai linfociti T in coltura prima dell’infusione, sembra in grado di attivarli e di aumentarne l’azione terapeutica. La scoperta è stata fatta da un gruppo di ricercatori dell’IRCCS Istituto Clinico Humanitas guidati da Enrico Lugli, responsabile del Laboratorio di Immunologia Traslazionale e del Flow Cytometry Core, in collaborazione con il Cancer Research Institute (CRI) di New York, che sostiene il laboratorio di Lugli dal 2021, quando il ricercatore - unico in Italia - si è aggiudicato il CRI Lloyd J. Old STAR Award.

La ricerca - effettuata su cellule in coltura e in modelli preclinici - ha un elevato potenziale traslazionale: se futuri studi clinici ne confermeranno i risultati, il sale potrebbe diventare un ingrediente importante, oltre che accessibile ed economico, da aggiungere alla combinazione di citochine e metaboliti già ora in uso nella preparazione delle terapie a base di linfociti T ingegnerizzati contro il cancro. Nel microambiente tumorale anche le cellule che dovrebbero essere più aggressive contro il cancro, come le cellule T CD8 del sistema immunitario, possono essere inattivate dal tumore stesso, il quale è in grado di farle entrare in uno stato disfunzionale di “esaurimento”. In questa condizione le cellule immunitarie non riescono più a svolgere la loro azione e smettono di proliferare. “Comprendere e invertire questo stato di esaurimento delle cellule T è fondamentale se vogliamo ottenere dei trattamenti che siano efficaci contro il cancro”, afferma Enrico Lugli, spiegando come anche terapie di frontiera come le CAR-T, basate sull’ingegnerizzazione del sistema immunitario per renderlo capace di riconoscere meglio le cellule tumorali, rischiano di andare incontro ai medesimi meccanismi di esaurimento.

Da quasi dieci anni il gruppo di ricerca guidato dal professor Lugli studia i meccanismi di esaurimento delle cellule T per mettere a punto delle strategie per disinnescarli, ma anche per questo team esperto l’azione di una molecola comune e presente ovunque, come il cloruro di sodio, si è rivelata una vera e propria sorpresa. “C’erano già dati preliminari su come diversi micronutrienti (dai grassi al glucosio, dal potassio al magnesio) possano influenzare la funzione delle cellule immunitarie, modificandone il metabolismo e alterandone il comportamento verso stati pro- o anti-infiammatori”, prosegue Lugli. “Ma sul ruolo del sale sapevamo pochissimo, soprattutto sulle cellule T CD8”. I ricercatori hanno scoperto che una singola aggiunta di NaCl alle cellule coltivate in laboratorio è in grado di risvegliare le cellule stesse, aumentandone la persistenza e l’azione anti-tumorale. Gli esperimenti si sono concentrati sull’utilizzo di NaCl nella fase di preparazione delle cellule T, prima della loro infusione. In particolare, essi hanno dimostrato che questo trattamento preparatorio è in grado di prevenire l’esaurimento delle cellule una volta trapiantate, probabilmente attraverso l’azione di uno dei due ioni che compongono il sale: il sodio (Na).

Ulteriori studi eseguiti in collaborazione con il dottor Matteo Simonelli, responsabile dello sviluppo clinico precoce di nuovi farmaci sui tumori solidi (studi di Fase I) e della Neuroncologia di Humanitas Cancer Center, e con l’oncologa e ricercatrice Agnese Losurdo, hanno infatti rivelato che livelli di sodio più elevati nel sangue sono associati a una migliore risposta all’immunoterapia tumorale, inclusa quella con i cosiddetti inibitori dei checkpoint. Questi dati, per ora ottenuti principalmente su modelli di laboratorio di malattia, sono senza dubbio da validare in contesto clinico. Seppur preliminari, essi tuttavia suggeriscono che si possa aumentare l’azione anti-tumorale dei linfociti, favorendone il metabolismo di NaCl. “I nostri risultati dimostrano che, in ambienti di laboratorio controllato, il cloruro di sodio ha un impatto significativo sulla funzionalità dei linfociti T CD8, cellule fondamentali nella risposta anti-tumorale”, conclude Lugli. “La scoperta aiuta a chiarire il ruolo del metabolismo nel riprogrammare il sistema immunitario e indica una strategia innovativa e sostenibile per potenziare le immunoterapie cellulari”.

È importante sottolineare che l’efficacia del sale nel protocollo di preparazione delle cellule T non ha nulla a che vedere con l’assunzione di sale attraverso la dieta: una dieta prolungata ricca di sale non solo non attiverebbe il sistema immunitario contro il tumore - la concentrazione sistemica è comunque troppo bassa - ma produrrebbe gravi danni a livello cardiovascolare. Cerchiamo di utilizzare con moderazione questo ingrediente fondamentale e lasciamone un pizzico ai superlinfociti T che ne hanno bisogno per poter svolgere al meglio il loro compito!

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