DNA e proteina

Un campo di ricerca che combina le informazioni provenienti dallo studio del materiale genetico e delle proteine, diventando emblema dell’oncologia di precisione 

Il dogma della biologia formulato da Francis Crick verso la fine degli anni Cinquanta aveva per protagonisti gli acidi nucleici (DNA e RNA) e le proteine. Oggi dallo studio di entrambi sono nati due campi di ricerca, rispettivamente la genomica e la proteomica. Se il primo - anche in forza del successo del Progetto Genoma Umano - ha applicazioni di più immediata comprensione, i risultati provenienti dall’analisi del secondo sono più difficili da collegare alla pratica clinica. E tuttavia tra le innovazioni di maggior rilievo di questo secolo c’è l’oncologia di precisione, la quale non può prescindere dall’integrazione di entrambi questi ambiti di ricerca.

A ricordarlo c’è un interessantissimo articolo, pubblicato all’inizio di aprile sulla rivista Cell, che partendo dalle crescenti applicazioni delle tecniche di analisi del genoma spiega come esse si siano rivelate fondamentali per la distinzione e la classificazione dei vari sottotipi tumorali. Un tumore, infatti, presenta un livello di complessità genetica spaventoso che si articola sul piano verticale, vale a dire dall’attivazione di uno o più oncogeni fino allo sviluppo delle cellule cancerose: alcune mutazioni hanno un impatto sulla biologia del cancro e altre, invece, rimangono passive. Le prime stimolano la crescita e la proliferazione del tumore, le secondo invece hanno significati non noti. O nessun significato apparente. Ma distinguerle non è semplice. Inoltre, un tumore possiede anche diramazioni “orizzontali”, differenziandosi da un individuo all’altro in termini di proliferazione o risposta alla terapia. Nonostante un tale livello di eterogeneità, la sempre più approfondita conoscenza dei protagonisti della cascata di segnali molecolari e cellulari che portano al cancro ha spinto i ricercatori a mettere a punto farmaci che prendano di mira bersagli specifici. È nata così l’oncologia di precisione che trova in prodotti come gli anticorpi monoclonali o altre innovative terapie oncologiche i suoi più importanti successi.

VEDERE IL QUADRO D’INSIEME: GLI STUDI DI PROTEOGENOMICA

Tuttavia, l’oncologia di precisione non sarebbe potuta esistere senza il Progetto Genoma Umano grazie al quale gli scienziati sono stati capaci di realizzare la fotografia di un genoma “sano”. Che qualcuno ha pensato di poter confrontare con quello “caratterizzato” dal cancro: per tale ragione, accanto al progetto guidato da Francis Collins il National Cancer Institute (NCI) statunitense ha lanciato il progetto Cancer Genome Atlas (CGA), con l’ambizioso obiettivo di descrivere l’intera sequenza dei genomi di varie cellule tumorali. Ma, come già affermato, il cancro ha una natura assai più complessa di quanto si possa pensare e appoggiarsi ai soli vantaggi della genomica sarebbe limitante: infatti, essa permette di far luce sui codici di input (cioè i geni) tumorali ma per ampliare la base d’informazione servono anche i codici di output, cioè le proteine. Perciò la proteomica, ovvero lo studio della struttura e dell’attività di tutte le proteine di un organismo, diventa essenziale per ridurre il divario tra genotipo e fenotipo di un cancro. Inoltre, seguendo la direzione imposta dal dogma della biologia si osserva come le proteine necessarie per la maggior parte delle attività biologiche siano oggetto di modificazioni post-traduzionali che aggiungono un ulteriore livello di complessità. Questo spiega l’attenzione del National Cancer Institute nei confronti del Clinical Proteomic Tumor Analysis Consortium (CPTAC) che integra i risultati del CGA, ampliando l’orizzonte al nuovo settore della proteogenomica, quale sonda di precisione per lo studio dell’oncologia.

La proteogenomica, quindi, consente una caratterizzazione più completa dei segnali regolatori in grado di fornire informazioni su quali percorsi siano attivati e disattivati in un dato tumore. Essa permette di effettuare ricerche su database di proteomica personalizzata, al fine di identificare nuove proteine concentrando l’interesse su presunti neo-antigeni, e si focalizza sulle aberrazioni genomiche che possono comportarsi da driver oncogenici. E, visto che un ulteriore campo d’indagine degli studi di proteogenomica corrisponde a quello del sequenziamento e dei trascritti dell’RNA, è stato possibile capire come proprio i livelli di espressione dell’RNA non siano sempre correlati a quelli proteici effettivi. Tutto ciò sta, dunque, garantendo agli scienziati un approccio più dettagliato per la comprensione dei meccanismi che si celano dietro la resistenza di un tumore alle terapie o che sottendono la tossicità ai farmaci. Il CPTAC ha mosso le basi dagli stessi tre tumori - il cancro del colon-retto, quello dell’ovaio e quello della mammella - già caratterizzati nel contesto del Cancer Genome Atlas, nel tentativo di attribuire una spiegazione alle mutazioni identificate da quest’ultimo. L’obiettivo delle analisi condotte dal CPTAC era esaminare la relazione tra le proteine e le modifiche ad esse addotte dopo la traduzione da geni alterati e lungo i processi biologici correlati, al fine di comprendere il significato di questo strato di informazioni aggiuntive, usandolo per fare chiarezza sulle origini molecolari dei tumori. Questo ha permesso, ad esempio, di guardare più a fondo ai processi di fosforilazione ed è stato fondamentale per mettere a punto i farmaci cosiddetti inibitori dei checkpoint immunologici.  

INCLUSIONE E COLLABORAZIONE PER SFIDARE IL CANCRO

Grazie alla proteogenomica si colma il divario tra lo studio dei geni e quello delle proteine ma la proiezione di questo approccio integrato nel futuro (anche immediato) implica il superamento di alcune sfide fra le quali la necessità di campioni biologici di piccole dimensioni per la caratterizzazione proteogenomica, la possibilità di soddisfare i requisiti di laboratorio clinici e ottemperare le considerazioni normative per le misurazioni proteomiche, e la necessità di una collaborazione efficace tra i laboratori con la condivisione di informazioni che riguardino set di dati estesi il cui accesso deve essere pubblico. La collaborazione tra enti di ricerca e istituzioni è un passaggio cruciale per la buona costruzione dell’edificio dell’oncologia di precisione e un uso condiviso della proteogenomica, cemento di tale edificio, non può che rappresentare un valido presupposto. Si stanno compiendo sforzi imponenti per sviluppare progetti sempre più inclusivi (come quello che ha condotto alla realizzazione di un atlante dei tessuti del corpo umano) e l’integrazione delle “scienze omiche” è necessaria per compiere un viaggio nelle profondità dei meccanismi che originano il cancro e far luce sui percorsi che conducono non solo a diagnosi accurate e terapie mirate ma anche alla scoperta di biomarcatori prognostici e predittivi. 

Lo studio delle mutazioni che definiscono il cancro è stato il primo passo sulla strada di un’oncologia di precisione, ma questo percorso è molto più tortuoso di quello che ci si può aspettare e gli studi di proteomica lo hanno confermato. Ciononostante proprio alla congiunzione tra i dati provenienti dallo studio dei modelli genomici e quelli derivanti dallo studio delle proteine risiede la risposta per potenziare lo studio dei tumori e migliorare le attuali opzioni terapeutiche. 

 

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