Le malattie rare sono da sempre il banco di prova di terapie innovative e l’epidermolisi bollosa non è da meno. OTA fa una panoramica delle terapie avanzate in fase di studio e già approvate
Nelle ultime settimane l’epidermolisi bollosa è stata al centro dei media nazionali a causa della vicenda Holostem, di cui abbiamo scritto qui. Delle terapie avanzate in campo per questa gravissima malattia genetica rara che colpisce gli epiteli abbiamo già parlato in passato: l’autorizzazione della prima terapia genica per l’epidermolisi bollosa è arrivata di recente negli Stati Uniti, altre due terapie geniche sperimentali sono in fase di studio e all’orizzonte si intravedono anche CRISPR e la terapia cellulare. Vista l’attualità del tema, Osservatorio Terapie Avanzate ha deciso di dedicare un approfondimento per chiarire lo stato dell’arte delle diverse terapie innovative in via di sviluppo per questa malattia.
L’EPIDERMOLISI BOLLOSA E LE SUE DIVERSE FORME
L’epidermolisi bollosa (EB) è una rara malattia genetica che causa bolle e lesioni in corrispondenza degli epiteli, la pelle in primis, ma sono coinvolte anche le mucose interne, la bocca e la superficie dell’occhio. Queste manifestazioni dolorose possono verificarsi spontaneamente e in seguito ai più lievi contatti e sfregamenti. La pelle dei piccoli pazienti è così delicata da essere paragonabile alle ali di una farfalla, motivo per cui viene usato il termine “bambini farfalla”, e resta tale anche nella vita adulta. A livello mondiale l’EB colpisce 1 bambino ogni 17.000 nati, mentre in Italia le stime sono di 1 caso ogni 82.000 nati.
A seconda della forma con cui si manifesta, la gravità dei sintomi può variare: alcune forme, purtroppo, possono risultare fatali fin dalla prima infanzia, mentre altre sono compatibili con la crescita, pur con tutte le complicanze del caso. Sebbene esistano sottotipi diversi, è noto che tutti originano da mutazioni nei geni che codificano per diverse proteine implicate nel mantenimento della stabilità strutturale degli epiteli e nell’adesione dello strato superficiale della pelle al derma sottostante. Sono quattro le tipologie principali identificate, diverse nella genetica e nella manifestazione clinica: l’EB simplex (EBS), l’EB giunzionale (JEB), l’EB distrofica (DEB) – ciascuna di queste con numerosi sottotipi – e l’EB Kindler (Fonte: Orphanet). È importante ricordare che la malattia può dipendere sia da una ereditarietà dominante che recessiva.
Attualmente in Europa - e, di conseguenza, in Italia - non ci sono terapie avanzate approvate per l’epidermolisi bollosa e si procede con un percorso clinico a supporto del paziente. Un approccio multidisciplinare è il metodo d’elezione: pediatri e medici di medicina generale, dermatologi, oncologi, oculisti, dentisti, nutrizionisti sono solo alcune delle figure coinvolte nella gestione dei pazienti EB. Nella quotidianità è fondamentale proteggere i tessuti da eventuali traumi e medicare accuratamente le ferite, ma anche porre attenzione alla nutrizione (che a volte richiede un supporto artificiale tramite PEG) e agli altri sintomi che possono insorgere, tra cui ad esempio i tumori della pelle.
La speranza è che le terapie avanzate, in particolare la terapia genica, possano in futuro cambiare la storia clinica dei pazienti: la ricerca in questo ambito, infatti, procede e i primi risultati si iniziano a vedere. Una prima autorizzazione è arrivata di recente dalla Food and Drug Administration (FDA) statunitense e altre due terapie geniche sperimentali sono in fase di studio. Inoltre, all’orizzonte si intravede anche CRISPR.
B-VEC: LA PRIMA TERAPIA GENICA APPROVATA PER L’EB DISTROFICA
Lo scorso maggio è stata condivisa la notizia che la Food and Drug Administration (FDA) statunitense ha approvato beremagene geperpavec (B-VEC, nome commerciale Vyjuvek™), terapia genica in vivo sotto forma di gel topico, prodotta dalla biotech Krystal, per il trattamento delle ferite in pazienti affetti da epidermolisi bollosa distrofica (DEB). L’autorizzazione all’utilizzo del farmaco, che viene applicato direttamente sulla cute, è indicata per pazienti affetti da DEB con mutazioni nel gene del collagene di tipo VII catena alfa 1 (COL7A1) di età pari o superiore ai sei mesi.
Quando il gene COL7A1 è difettoso, la proteina COL7 non funziona come dovrebbe e questo si traduce in una mancanza di stabilità tra gli strati cutanei. Infatti, il collagene di tipo VII è responsabile dell’ancoraggio del derma all’epidermide. Ma come funziona questa terapia genica in gel? B-VEC basa il suo funzionamento su un vettore virale – in questo caso si tratta di herpes-simplex virus di tipo 1 HSV-1), modificato in laboratorio – per trasportare copie funzionali del gene COL7A1 direttamente alle cellule della pelle del paziente grazie alla somministrazione topica. Questo tipo di vettore è stato scelto per diversi motivi: ha un'elevata capacità di carico, il tropismo per la pelle e la capacità di evasione del sistema immunitario, caratteristica che consente di ripetere il dosaggio (cosa che non è possibile nelle terapie geniche che richiedono una somministrazione sistemica “one shot”). La somministrazione in gel è un’opzione che può cambiare la gestione quotidiana della malattia: non richiede una somministrazione complessa, non prevede una procedura clinica invasiva e potrebbe permettere di trattare ferite nelle aree del corpo che non si riescono a trattare con le medicazioni classiche o con i trapianti, come ad esempio le mucose. Resta però un limite: non si tratta di una terapia definitiva, ma deve essere ripetuta nel tempo perché il vettore consegna il gene corretto alle cellule superficiali e non alle staminali della pelle, rendendo la correzione temporanea (soprattutto se si pensa a quanto velocemente la nostra pelle va incontro a rinnovo cellulare).
La sicurezza e l’efficacia sono state analizzate in uno studio di Fase III (di cui abbiamo parlato qui) - randomizzato in doppio cieco e controllato con placebo - che ha coinvolto un totale di 31 pazienti con DEB, di cui 30 con la forma recessiva della malattia e uno con la forma dominante. I risultati di questo studio sono stati pubblicati a fine 2022 e l’approvazione della FDA è arrivata pochi mesi dopo. Un altro studio clinico di Fase III è giunto a completamento durante l’estate e ha visto il coinvolgimento di 47 pazienti di età maggiore ai 2 mesi di vita e con una diagnosi di DEB. È in corso anche uno studio di tipo osservazionale per valutare i pazienti trattati nel lungo termine.
Ed è proprio di qualche giorno fa l’annuncio diffuso da Krystal Biotech sulla validazione da parte dell’Agenzia Europea dei Medicinali (EMA) della domanda di Autorizzazione all’Immissione in Commercio (MAA) di beremagene geperpavec. Il dossier di approvazione della terapia genica per il trattamento dell’epidermolisi bollosa distrofica in Europa è ora in fase di valutazione da parte del Comitato per i Medicinali per uso Umano (CHMP), la cui opinione è previsto per la seconda metà del 2024.
EB-101: COME CORREGGERE COL7A1 NELLE CELLULE
Una seconda terapia genica in sperimentazione per l’epidermolisi bollosa distrofica recessiva è EB-101 (prademagene zamikeracel, pz-cel), progettata da Abeona Therapeutics e attualmente in fase avanzata di sviluppo clinico. Il meccanismo di funzionamento prevede anche in questo caso il trasferimento di una copia funzionale del gene COL7A1 nei cheratinociti prelevati dal paziente, i quali vengono trapiantati nel paziente sotto forma di “fogli” di cellule geneticamente corrette, che vengono prodotti in laboratorio. In questo caso si tratta, quindi, di una terapia genica ex vivo che, nello specifico, utilizza un vettore di tipo retrovirale per il trasporto del gene. L’obiettivo principale è il trattamento delle grandi ferite croniche, che sono le più debilitanti, dolorose e complesse da gestire.
Nello studio clinico di Fase I/II condotto alla Standford University, EB-101 è risultato ben tollerato e le ferite trattate hanno mostrato prove di guarigione, mantenuta per alcuni anni post-trattamento. L’espressione del collagene di tipo VII è stata osservata a più di due anni di distanza e non sono stati rilevati effetti collaterali gravi. Lo studio di Fase III VITAL, iniziato nel 2020 e concluso nel 2022, ha arruolato 11 pazienti sul massimo dei 15 previsti e ha trattato 43 ferite. Il primo paziente trattato con questo approccio risale a marzo 2020 (ne abbiamo parlato qui) e lo studio è servito per valutare l’efficacia, la sicurezza e la tollerabilità della terapia genica. Stando alle informazioni condivise su Clinicaltrials.gov, un singolo foglio di cellule sarebbe in grado di trattare una ferita che si estende fino a 40 centimetri quadrati e a ciascun paziente possono essere trapiantati, all’interno della sperimentazione, un massimo di 6 “fogli” di cellule geneticamente corrette. I pazienti trattati verranno monitorati annualmente fino a 15 anni dopo il trattamento. I risultati, che supportano il proseguimento degli studi e una eventuale futura approvazione, sono stati presentati in vari eventi scientifici nel corso del 2023.
Pz-cel ha guadagnato diverse designazioni da parte degli enti regolatori americani e europei: Regenerative Medicine Advanced Therapy, Breakthrough Therapy e Rare Pediatric Disease and Orphan Drug. È recente l’accettazione da parte della FDA della revisione prioritaria per EB-101, che dovrebbe deliberare in merito a maggio 2024.
ITALIA, CULLA DELLA TERAPIA GENICA
Il Centro di Medicina Rigenerativa “Stefano Ferrari” di Modena e lo spin off universitario Holostem Terapie Avanzate sono da anni coinvolti nella ricerca delle possibili applicazioni terapeutiche delle cellule staminali epiteliali, tra cui proprio una terapia genica ex vivo per l’epidermolisi bollosa, le cui prime pubblicazioni in merito alla fattibilità risalgono al 2006. Il trattamento sperimentale sviluppato a Modena prevede il prelievo di cellule staminali epiteliali, la loro correzione dal punto di vista genetico in laboratorio e il trapianto di lembi di pelle geneticamente corretta per trattare le ferite del paziente.
In questo caso, però, la forma presa di mira è quella giunzionale con mutazioni nel gene LAMB3. Tramite l’utilizzo di un vettore retrovirale, una copia funzionale del gene LAMB3 viene inserito nelle cellule staminali epiteliali, così da permettere una modifica permanente. LAMB3 codifica per la laminina 332, un’altra proteina fondamentale per tenere ancorato lo strato superficiale della pelle al derma. Se questo gene è difettoso, è sufficiente un trauma di lieve entità o uno sfregamento per provocare lesioni bollose sulla pelle e sugli altri epiteli. Dopo gli studi di fase iniziale, il caso di Hassan ha portato questo approccio sulla copertina di Nature: il primo intervento salvavita al mondo basato sulla terapia genica con cellule staminali epidermiche geneticamente corrette per l’epidermolisi bollosa giunzionale. A distanza di circa 8 anni, Hassan sta bene e la sua pelle sana cresce ancora con lui. In virtù di questi risultati, un trial clinico di Fase II/III era pronto a partire alla fine del 2022. Purtroppo, a causa della notizia della messa in liquidazione di Holostem Terapie Avanzate, le cose sono state rallentate. Confidiamo che, grazie ai recenti sviluppi, la ricerca italiana sulla terapia genica per l'EB possa proseguire con successo.
ARRIVERÀ ANCHE CRISPR?
Di editing genomico per l’epidermolisi bollosa si parlava già nel 2019, quando uno studio preclinico – frutto della collaborazione tra gruppi di ricerca spagnoli – aveva dimostrato la capacità di Crispr-Cas9 di correggere un difetto genetico collegato all’epidermolisi bollosa distrofica recessiva (ne abbiamo parlato qui). Sono più di 650 le mutazioni sul gene COL7A1 associate a diversi sottotipi di EB, ma alcune sono più frequenti di altre. Scegliendo come obiettivo una delle mutazioni più diffuse, i ricercatori hanno eliminato un segmento del gene difettoso e ripristinato la produzione di collagene di tipo VII funzionale. La sperimentazione era condotta in laboratorio su cellule umane e su modelli murini, ma era solo un inizio.
Oggi il sistema CRISPR, che si è guadagnato un Premio Nobel nel 2020, si sta affacciando alla clinica e sono molti i trial che lo vedono protagonista. È di fine ottobre la notizia che due biotech – Healiva e C4U, rispettivamente svizzera e giapponese – hanno dichiarato che svilupperanno terapie basate su Crispr-Cas3 per trattare l’EB. Una collaborazione tra Svizzera e Giappone che potrebbe, in futuro, ampliare le opzioni di trattamento per l’EB.
L’editing genomico potrebbe essere fondamentale per il trattamento delle forme dominanti della malattia, che non beneficiano dell’inserimento di una copia del gene corretto nelle cellule. A differenza della terapia genica classica, che mira a veicolare nelle cellule il gene funzionale, l’editing corregge direttamente la mutazione: ovvero, invece di fornire alle cellule una copia del gene corretta, si trasporta al loro interno tutto il necessario per modificare efficacemente il DNA del paziente. A questo proposito, al Centro di Medicina Rigenerativa “Stefano Ferrari” è in corso uno studio preclinico all'avanguardia sull'utilizzo dell'editing genomico per il trattamento delle forme dominanti di EB e di altre malattie che colpiscono gli epiteli, grazie a un ERC Advanced Grant di quasi 2,5 milioni di euro vinto da Michele De Luca nel 2021 (ne abbiamo parlato qui).
...E LA TERAPIA CELLULARE?
Tra le varie opzioni che i ricercatori stanno valutando c’è anche la terapia cellulare allo-APZ2-EB. Infatti, la biotech tedesca Rheacell sta valutando gli effetti delle cellule staminali mesenchimali dermiche ABCB5+ (MSC ABCB5+) per il trattamento dell’epidermolisi bollosa distrofica recessiva. Stando a uno studio clinico che ha coinvolto diversi centri negli Stati Uniti e in Europa, queste cellule possiedono capacità immunomodulatorie, di riduzione dell'infiammazione e di guarigione dei tessuti. L’approccio è stato già valutato nel caso di ferite venose croniche, per le quali è stata concessa l’Autorizzazione all’Immissione in Commercio in Germania.
L’idea alla base di questo approccio è che, essendo una terapia infusa a livello sistemico, dovrebbe avere un effetto su tutto l’organismo: le cellule possono migrare verso i tessuti lesi, riducendo l’infiammazione locale e promuovendo la guarigione grazie al rilascio e deposito di collagene VII. Attualmente si è concluso uno studio di Fase I/II - a braccio singolo, non randomizzato, in aperto - che ha visto il coinvolgimento di 16 pazienti di età compresa tra 0 e 55 anni. I pazienti hanno ricevuto 3 dosi di terapia e sono stati seguiti per 12 settimane, con follow-up previsto a 12 e a 24 mesi dal trattamento.
Uno studio preclinico - i cui risultati sono stati pubblicati da un gruppo di ricerca internazionale, che vede tra le firme anche esperti dell’IRCSS Ospedale Pediatrico Bambin Gesù di Roma - su modello murino suggerisce che le cellule staminali mesenchimali ABCB5+ possono avere il potenziale di rallentare o arrestare la progressione della malattia. E, anche se gli effetti osservati nello studio sui pazienti sembrano promettenti, sono necessari ulteriori trial per approfondire il meccanismo di funzionamento di questo trattamento e gli eventuali effetti terapeutici sui pazienti.
PIÙ APPROCCI, PIÙ POSSIBILITÀ
Le malattie rare sono tante, spesso presentano molti sottotipi diversi, e la ricerca scientifica non sempre è in grado di rispondere efficacemente ai bisogni terapeutici di tutti i malati rari: tante patologie restano senza cura e tante, purtroppo, sono anche orfane di studi e triali clinici. Nel caso dell’epidermolisi bollosa, per fortuna, alcune opzioni sono già state approvate, altre sono in fase di valutazione da parte degli enti regolatori e altre in studio. Gli approcci descritti, seppur diversi tra loro, non devono però escludersi a vicenda: i sottotipi di epidermolisi bollosa (e, con essi, la genetica che li scatena) sono molti e ciascun paziente è diverso, con una complessità di ferite e sintomi ogni volta da valutare per decidere quale potrebbe essere la soluzione più idonea a migliorare la sua qualità di vita.
“Dopo molti anni di buio, la nostra comunità e le nostre famiglie vedono in questi ultimi tempi un po’ di luce. L’EB è infatti una delle poche malattie genetiche rare che sta per ricevere trattamenti”, dichiara Cinzia Pilo, presidentessa dell’associazione Debra Italia Onlus. “Le nostre organizzazioni, Debra Italia ETS e Fondazione REB ETS, seguono da vicino tutte le evoluzioni della ricerca a livello mondiale e lottano per fare in modo che qualsiasi terapia oggi disponibile arrivi quanto prima per tutte le varianti della malattia e per tutte le persone con EB anche in Italia. In un futuro che ci auguriamo quanto più prossimo, auspichiamo che i bambini e le bambine farfalla possano avere a disposizione più terapie tra cui scegliere, in base alle caratteristiche genetiche e fenotipiche della malattia e alle proprie esigenze di cura.”
La recente approvazione da parte della FDA ha aperto le porte degli enti regolatori alla terapia genica per il trattamento dell’epidermolisi bollosa, ma la strada da fare per portare una terapia efficace (o magari più di una) a tutti i pazienti del mondo è ancora piuttosto lunga e deve seguire tutti i diversi percorsi possibili per rispondere alle esigenze insoddisfatte, i cosiddetti “unmet needs”, delle molte persone in attesa di una cura.