Terapia genica

Domani, 8 settembre, è la Giornata Mondiale dedicata alla malattia. Sarà un’occasione di confronto tra gli esperti sulle nuove terapie disponibili e su quelle in arrivo

Se c’è una malattia che non ha bisogno di presentazioni quella è decisamente la fibrosi cistica, ad oggi considerata la patologia genetica a prognosi severa più diffusa al mondo. L’8 settembre, come è consuetudine da qualche anno, ricorre la Giornata Mondiale della Fibrosi Cistica che non sarà solo un modo per sensibilizzare il grande pubblico nei confronti di una malattia per certi versi ancora da comprendere, ma sarà anche un momento ideale per fare il punto sui farmaci approvati e sulle nuove strategie terapeutiche in via di sviluppo. Tra queste ultime spiccano la terapia genica e l’editing genomico.

TERAPIA FARMACOLOGICA

È di pochi giorni fa il comunicato con cui la Commissione Europea (CE) ha dato il via libera alla commercializzazione di Kaftrio (ivacaftor/tezacaftor/elexacaftor), in combinazione con ivacaftor, per il trattamento dei pazienti di età pari o superiore a 12 anni, aventi la mutazione F508del e una mutazione a funzione minima, o due mutazioni F508del, nel gene CFTR. Questo importante traguardo è il risultato di un percorso avviato proprio con l’approvazione, nel 2012 da parte della stessa CE, di Kalydeco (ivacaftor), un farmaco che agisce in maniera mirata sulla proteina CFTR (Cystic Fibrosis Transmembrane Conductance Regulator), ripristinando l’attività dei canali difettosi del Cloro. Le informazioni di sintesi della proteina CFTR si trovano sul gene omologo e proprio le mutazioni che riguardano questo gene sono la causa di un’alterazione delle capacità di trasporto degli elettroliti sulle membrane cellulari. Pertanto, il farmaco sviluppato da Vertex agisce aumentando le capacità di trasporto della proteina CFTR nei pazienti con diverse mutazioni, nello specifico: G551D, G1244E, G1349D, G178R, G551S, S1251N, S1255P, S549N, S549R o R117H.

Lo scorso anno la Food and Drug Administration (FDA) statunitense ha approvato anche Trikafta (elexacaftor/tezacaftor/ivacaftor) per pazienti con una copia della mutazione F508del e una mutazione di gating (F/G), oppure una copia della mutazione F508del e una mutazione a funzione residua (F/RF), nel gene CFTR. Come per Kaftrio anche per Trikafta risulta importante la mutazione F508del, considerata la più ricorrente all’origine di questa complessa patologia.

Secondo i dati disponibili, pubblicati sul Registro Italiano Fibrosi Cistica, sono circa 6000 le persone che in Italia convivono con la fibrosi cistica e gli studi condotti hanno confermato che la mutazione F508del è la più frequente delle oltre millesettecento che riguardano il gene CFTR. La variabilità allelica legata alla malattia è estremamente alta. Le mutazioni più diffuse sono state identificate ma l’ampiezza del gene e il numero di combinazioni di mutazioni che lo interessano rende difficile non solo pensare a un test di screening ma anche immaginare una terapia valida e definitiva per una patologia dalle manifestazioni cliniche piuttosto varie che danneggiano gli epiteli di più organi come le ghiandole sudoripare, il pancreas o il testicolo, non solamente i polmoni.

EDITING GENOMICO

Le terapie farmacologiche rappresentano una speranza per circa l’80% dei pazienti affetti da fibrosi cistica ma tra le future prospettive di trattamento, che ci si augura possano essere rivolte alla totalità dei pazienti, c’è anche l’editing genetico. Questa innovativa strategia prevede la possibilità di correggere la sequenza del DNA contenente la mutazione in modo tale che le cellule che si replicano mantengano la versione corretta del gene CFTR. La fibrosi cistica si trasmette per via autosomica recessiva e ciò implica che le mutazioni siano presenti in entrambe le copie del gene CFTR quindi serve uno strumento, o meglio un correttore, molto preciso come ad esempio CRISPR. È recente la pubblicazione di uno studio condotto da un gruppo di ricercatori olandesi che ha elaborato e perfezionato una versione di CRISPR definita base-editing la cui efficacia e sicurezza è stata testata su modelli di organoidi.

Anche l’Italia è attiva su questo nuovo fronte terapeutico con le ricerche della prof.ssa Anna Cereseto del CIBIO all’Università di Trento. Insieme al suo team di ricerca, Cereseto ha messo a punto una variante del sistema CRISPR - equipaggiato con la proteina AsCas12a – per correggere due mutazioni legate alla fibrosi cistica: 3272-26A>G (c.3140-26A>G) e 3849+10kbC>T (c.3718-2477C>T). Anche in questo caso l’efficacia è stata testata su modelli di organoidi e il sistema ha rivelato di poter indurre la produzione di proteine funzionali, creando ampi margini di speranza. Va inoltre sottolineato che le correzioni apportate dall’editing genomico vengono generalmente considerate definitive. Tuttavia, perché ciò accada è necessario un certo tasso di divisione cellulare che, a livello polmonare, non si realizza facilmente. Sarebbe dunque più facile prelevare le cellule dal paziente, eseguire la modifica genetica e reinfonderle nel paziente stesso, come nel caso di molte malattie genetiche ematologiche. Purtroppo, però, nel caso della fibrosi cistica questo è un procedimento assai difficoltoso.

TERAPIA GENICA

Gli scienziati stanno lavorando da anni sui possibili metodi di consegna nell’organismo dei pazienti delle sequenze geniche corrette, prendendo in esame anche i vettori virali, la via più sfruttata dalla terapia genica. I più usati sono gli adenovirus e i virus adeno-associati ricombinanti (AAV) ed entrambi sollevano un primo problema legato alla risposta immunitaria dell’ospite che può neutralizzare il vettore prima che infetti le cellule e vi traferisca il suo contenuto. Gli AAV generano una risposta immunogenica inferiore rispetto agli adenovirus ma, d’altro canto, hanno una capacità di carico inferiore e il gene CFTR, costituito da 250mila paia di basi, è troppo voluminoso per essere veicolato. Tra le altre difficoltà spicca quella legata alle cellule bersaglio che per la fibrosi cistica sono sia le cellule dell’epitelio di superficie che quelle delle ghiandole sottomucose, visto che il gene CFTR trova maggior espressione nelle sottomucose ma la malattia coinvolge in primo luogo bronchioli che, invece, ne sono privi. Per non parlare dell’ardua impresa nel riuscire a dosare la giusta percentuale di proteina CFTR necessaria per ristabilire la funzionalità dei canali, visto che occorre evitare la sovrespressione di un gene così particolare a livello sistemico e in cellule non coinvolte dalla terapia.

Nonostante tutte questi ostacoli, sono diverse le aziende che credono fermamente alle potenzialità della terapia genica e che stanno investendo in questa direzione: da Vertex, che ha stabilito un accordo di collaborazione con Affinia Therapeutics per sviluppare terapie geniche per la fibrosi cistica, fino alla società di terapia genica 4D Molecular Therapeutics e a Spirovant. Quest’ultima è una biotech di Philadelphia focalizzata sullo sviluppo di strategie di terapia genica per la fibrosi cistica e per altre patologie polmonari. Spirovant sta guardando oltre gli AAV, mettendo nel mirino l’utilizzo dei lentivirus le cui capacità di carico sono maggiori di quelle degli AAV e permettendo così di consegnare non solo il gene CFTR ma anche le sequenze aggiuntive e gli elementi regolatori per produrlo in maniera adeguata. I lentivirus, inoltre, sembrano avere meno probabilità di essere aggrediti dal sistema immunitario. Rispetto al 1989, quando il gene CFTR è stato scoperto, le speranze riposte nella terapia genica sono molto più concrete, anche perché si guarda con concretezza a metodi alternativi ai vettori virali che includono i plasmidi o le formulazioni a base di liposomi, tendenzialmente meno immunogenici. Inoltre, nuove biotech come ReCode Therapeutics stanno lavorando alla sintesi di molecole RNA transfer (tRNA) che hanno l’obiettivo di evitare l’arresto della produzione della proteina CFTR, mentre alcuni gruppi di ricerca si stanno adoperando per intervenire sui processi di maturazione dell’RNA messaggero (mRNA) che attraverso un complesso meccanismo molecolare darà luogo alla preziosa proteina deputata agli scambi cellulari.

Il fervore che si è generato intorno alle sperimentazioni cliniche sta entrando anche negli ambulatori dei clinici la cui fiducia nei progressi della scienza per la terapia della fibrosi cistica aumenta di anno in anno. A tutto vantaggio dei pazienti. La Lega Italiana Fibrosi Cistica (LIFC) si prepara, dunque, a celebrare questa nuova giornata con rinnovata speranza nella ricerca e un occhio di riguardo all’emergenza sanitaria prodotta dal virus SARS-CoV-2, il quale in Italia ha contagiato un numero, per fortuna, limitato di pazienti affetti da fibrosi cistica: 13 fino a maggio secondo i dati del Registro Italiano Fibrosi Cistica.

Si terrà domani la conferenza stampa online intitolata “La Giornata Mondiale della Fibrosi Cistica nell'anno della pandemia”, organizzata dalla LIFC in collaborazione con l'Osservatorio Malattie Rare e con il patrocinio della Società Italiana per lo Studio della Fibrosi Cistica.

 

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