L’organoide prodotto ha le stesse proprietà immunologiche, cellulari, biochimiche e anatomiche del paziente da cui è stato eseguito il prelievo
La stampa 3D per qualcuno è divenuta oltre che un simpatico passatempo anche un’opportunità di lavoro – artigiani ed orafi ne fanno uso corrente – e le sue applicazioni in campo medico sono sempre più interessanti. Una combinazione di sofisticati software per la scansione e l’elaborazione grafica, stampanti e materiali di ultima generazione ha portato a protesi più leggere, resistenti e ben tollerate dai pazienti. Ma un cuore stampato in 3D è tutt’altro paio di maniche. Innanzitutto si tratta di un organo con un funzionamento involontario dal significato cruciale, e poi solleva il problema della compatibilità immuno-istochimica con il soggetto ricevente.
In futuro potrebbe permettere alle persone affette da degenerazione della retina di leggere e muoversi autonomamente.
Nel mondo, 36 milioni di persone soffrono di cecità completa, tanto da non poter vedere né forme né fonti di luce. Per la maggior parte di queste persone si tratterebbe di situazioni risolvibili, come ad esempio la cataratta (che diventa cecità a causa di una assistenza sanitaria inadeguata), ma spesso la cecità è dovuta a patologie che non hanno ancora una terapia approvata. Un esempio è la retinite pigmentosa, la forma più comune di cecità ereditaria, che colpisce 1,7 milioni di persone nel mondo e normalmente porta a una perdita totale della visione entro i 40 anni.
L’editing genomico in utero potrebbe essere un approccio promettente per il trattamento di patologie genetiche polmonari letali.
Le gravi malattie congenite rare che colpiscono i polmoni, per le quali attualmente non esistono terapie risolutive, sono spesso causate da mutazioni in un singolo gene. Questo le rende possibili canditati per l’editing genomico, l’innovativa tecnologia che potrebbe correggere il difetto agendo direttamente sul DNA dei pazienti, se possibile prima che i sintomi si manifestino. Un recente studio, pubblicato su Science Translational Medicine, mostra in un modello murino come l’editing genomico eseguito in utero potrebbe essere una valida strategia per il trattamento di una patologia polmonare letale alla nascita.
L’idea è di stimolare le cellule del sistema immunitario in situ per aggredire il tumore e annientarlo. È in corso, negli Stati Uniti, uno studio clinico su pazienti con Linfoma non-Hodgkin.
In un interessante studio pubblicato ad aprile sulla rivista Nature Medicine i ricercatori del Mount Sinai Hospital di New York sono riusciti ad attivare una delle armi più preziose e difficili da impiegare contro i tumori. Il sistema immunitario. La strategia che ha portato all’ideazione dei vaccini, definiti dal prof. Rino Rappuoli, Medaglia d'Oro al Merito della Sanità Pubblica, “la miglior assicurazione sulla vita dell’umanità” si potrebbe rivelare inestimabile anche per combattere alcuni tumori resistenti ai trattamenti come il linfoma non-Hodgkin.
a cura di Anna Meldolesi
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