Diventare qualsiasi cellula specializzata del corpo umano è una delle caratteristiche delle cellule staminali pluripotenti (PSC) e anche il loro maggior vantaggio quando si parla di medicina rigenerativa, quella branca della medicina che mira a riparare o sostituire, tessuti o organi danneggiati. Uno dei problemi incontrati finora, però, è che le cellule staminali pluripotenti possono facilmente andare incontro a danno del DNA, portando a mutazioni genetiche e potenziali rischi per chi è destinato a ricevere la terapia. Per rendere l’approccio più sicuro, un gruppo di ricercatori dell'Università di Sheffield (Regno Unito) ha sviluppato un sistema, pubblicato lo scorso 9 giugno su Stem Cell Report.
Il danno cerebrale ipossico/ischemico è una condizione patologica simile all’ictus che si presenta nei neonati nel periodo perinatale e neonatale e costituisce uno dei principali fattori di rischio per mortalità e morbidità. Si verifica in 2-4 neonati su 1000 e, nonostante l’utilizzo – in alcuni casi – dell’ipotermia terapeutica, l'80% dei neonati asfissiati sviluppa segni neurologici di cui il 10%-20% rimane significativamente compromesso (ad esempio, paralisi cerebrale, disabilità mentale e motoria, epilessia). Senza tecniche di prevenzione o di cura, è stata a lungo considerata una condizione candidata alle terapie a base di cellule staminali. Studi preclinici su modelli murini sostengono la possibile applicazione delle cellule staminali neurali umane per questa condizione e, grazie alla risonanza magnetica, si potrebbero identificare le lesioni trattabili, evitando terapie inutili.
Una nuova promessa da parte delle terapie a base di cellule CAR-T contro il linfoma non-Hodgkin. È stato questo l’annuncio che Kite, società del gruppo Gilead, ha diffuso nel corso di una sessione orale al Convegno Annuale dell’American Society of Clinical Oncology (ASCO) – svoltosi per la prima volta in forma virtuale alla fine del mese di maggio - durante la quale sono stati presentati i risultati di un’analisi intermedia dello studio clinico ZUMA-5, condotto su pazienti adulti con linfoma non-Hodgkin (NHL) indolente (a crescita lenta) recidivante o refrattario, dopo almeno due precedenti linee di terapia.
La scorsa settimana è stata posta un’altra pietra miliare nella storia della digital health: EndeavorRx™ è il primo videogioco-terapia approvato nel mondo e la prima terapia digitale per la sindrome da deficit di attenzione e iperattività (ADHD). Indicata per i bambini dagli 8 ai 12 anni, negli Stati Uniti potrà essere prescritta dai medici come terapia di supporto affiancata da farmaci e/o programmi educazionali e da un percorso clinico. L’esperienza di gioco è stata scientificamente progettata per sfidare il cervello del bambino, richiedendo un certo livello di attenzione e cercando di farlo focalizzare su più compiti contemporaneamente. Gioco e divertimento cambiano le regole della medicina e, nel 2020, i videogiochi diventano terapia.
a cura di Anna Meldolesi
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