La maggior parte di noi pensa che a fermare le emorragie bastino solamente le piastrine. Ma la cascata di eventi che favorisce la coagulazione è uno dei processi più difficili da spiegare perché chiama in causa molteplici fattori tra loro concatenati. È sufficiente che uno solo di essi manchi o non funzioni perché insorgano malattie come l’emofilia che, per tutta la vita, obbligano i pazienti affetti dalle forme più gravi della malattia a periodiche infusioni del fattore carente al fine di scongiurare pericolosi episodi emorragici.
Non sempre quando si tratta di cuore le cose sono come sembrano. Per anni sono stati condotti trial clinici con cellule staminali per le malattie cardiache con risultati fallimentari, senza capire il perché. Oggi, forse, uno studio pubblicato su Nature sembra svelare il perché. Un gruppo di ricercatori del Cincinnati Children's Hospital Medical Center, nell’Ohio, ha infatti scoperto che la terapia con cellule staminali non migliora la funziona cardiaca con la produzione di nuovi cardiomiciti (le cellule del muscolo cardiaco), ma inducendo una risposta immunitaria che migliora la funzione dell’organo.
È sempre una buona notizia quella che ci riporta la vittoria della medicina su una brutta malattia. Ma che si sia tradotta in realtà l’idea di usare il sistema immunitario - inizialmente sconfitto - per annientare una patologia oncologica non più contrastabile con altri mezzi è straordinario. Ed è quello che i visitatori del Focus Live 2019 hanno potuto imparare lo scorso 24 novembre nel corso dello speaker’s corner dal titolo “Curare i tumori ai tempi dei superfarmaci” tenuto da Alessandro Rambaldi, professore ordinario di Ematologia dell’Università degli Studi di Milano e Direttore Dipartimento Ematologia-Oncologia, Ospedale Papa Giovanni XXIII Bergamo.
“Poco dopo la morte di Henrietta si iniziò a pensare alla produzione in serie di HeLa. Ne nacque una vera e propria industria, che arrivò a sfornare migliaia di miliardi di cellule alla settimana. Il tutto con un unico obiettivo: combattere la poliomielite.” Era il 1951 e la polio era al massimo della sua espressione. Ricercatori e medici di tutto il mondo stavano cercando una soluzione per questa malattia terribile e le cellule HeLa sembravano ottime per testare come le cellule rispondevano al virus, data la loro capacità di riprodursi molto più velocemente e con meno limiti rispetto alle cellule normali. Di queste cellule e della loro storia ha scritto Rebecca Skloot nel libro “La vita immortale di Henrietta Lacks”.
a cura di Anna Meldolesi
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