Negli ultimi decenni lo standard di cura per i malati di Parkinson è migliorato solo marginalmente. Per questo motivo, sebbene si tratti di un piccolo trial condotto su appena 12 persone, i primi risultati ottenuti con bemdaneprocel - la terapia cellulare sviluppata da BlueRock Therapeutics, filiale statunitense di Bayer - rappresentano un enorme passo avanti e un probabile punto di svolta. Bemdaneprocel è stata testata in uno studio clinico di fase I, condotto in aperto, i cui risultati sono stati presentati al Congresso internazionale sulla malattia di Parkinson e sui disturbi del movimento che si è tenuto a Copenaghen a fine agosto.
Oggi si celebra la giornata mondiale di sensibilizzazione sulla distrofia muscolare di Duchenne (DMD) e di Becker (BMD), promossa come ogni anno dalla World Duchenne Organization. Quest’anno il tema è “Duchenne: Breaking Barriers” (rompere le barriere): i pazienti, infatti, affrontano barriere fisiche, sanitarie e sociali e questo limita fortemente la loro capacità di partecipare pienamente alla vita. Una società inclusiva è fondamentale per la costruzione di un futuro migliore per tutti e l’accesso alle cure rientra tra i temi che vengono evidenziati in questa giornata. Tra i trattamenti in fase di studio per questa malattia genetica rara che causa una progressiva degenerazione muscolare c’è la terapia genica: a luglio sono stati pubblicati i risultati di uno studio di Fase II su delandistrogene moxeparvovec (SRP-9001, nome commerciale Elevidys), farmaco recentemente approvato negli Stati Uniti.
Sono passati quasi quattro anni da quando su Osservatorio Terapie Avanzate abbiamo parlato di milasen: un farmaco su misura, progettato dal gruppo di ricerca guidato da Timothy Yu al Boston Children’s Hospital, per trattare una sola bambina affetta da malattia di Batten. L’approccio era basato sugli oligonucleotidi antisenso (ASO), brevi molecole di DNA o RNA a singolo filamento che interagiscono con l’RNA messaggero per correggere gli effetti di quella specifica mutazione. Lo stesso team ha recentemente ideato un’altra terapia ‘n-of-1’, cioè specifica per una persona sola, per un bambino affetto da atassia telangiectasia. Non è ancora chiaro se il farmaco si rivelerà efficace, così come era stato per milasen, ma lo sviluppo di questi trattamenti personalizzati potrebbe in futuro cambiare l’approccio nei confronti delle malattie ultra-rare, anche se sono diversi gli ostacoli da superare.
Cinque persone sono state precedentemente considerate "guarite" dall'HIV: i pazienti di Berlino, Londra, Düsseldorf, New York e City of Hope. Tutti hanno subito un trapianto di midollo osseo per trattare gravi forme di cancro, ricevendo cellule staminali da un donatore con una mutazione delta-32 su entrambe le copie del gene CCR5. Questa mutazione, infatti, è nota per bloccare l'ingresso del virus dell’immunodeficienza umana nelle cellule dell'organismo. Nel caso del paziente di Ginevra il trapianto di cellule però aveva qualcosa di diverso, perché le cellule provenivano da un donatore che non presentava la mutazione in CCR5, il che significa che l’HIV può ancora entrare nelle cellule. Come è possibile?
a cura di Anna Meldolesi
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