Grazie all’evoluzione delle tecniche di manipolazione delle cellule staminali e all’introduzione di nuove tecnologie, oggi la ricerca ha a disposizione diversi modelli di organoidi umani per studiare le malattie e ideare possibili terapie. Tra gli organoidi creati fino ad oggi ci sono anche quelli cerebrali e, negli ultimi anni, la comunità scientifica ha cominciato a chiedersi quanto avanti fosse consentito spingersi nel tentativo di ottenere organoidi sempre più simili a un cervello vero e proprio. Proprio per discutere di questi dilemmi, e delle implicazioni che potrebbero esserci nel campo della ricerca sugli organoidi cerebrali, molti scienziati che si occupano di staminali si sono riuniti al Sanford Consortium for Regenerative Medicine dando luogo al primo vero ‘Summit etico’ sul tema.
Il carcinoma a cellule renali (RCC) è un tipo di tumore del rene che si sviluppa nel rivestimento dei piccolissimi tubi - chiamati tubuli renali - che si trovano in questo organo. È il tumore più comune che colpisce il rene nell'adulto e rappresenta circa il 90% di tutti i casi. Appare quindi evidente come la ricerca nel settore sia fondamentale e, tra le diverse opzioni, ci siano anche le terapie avanzate come l’editing genomico e le CAR-T. Sono due gli studi clinici in corso che prevedono la combinazione di queste due strategie: l’utilizzo di cellule T provenienti da donatori sani sono ingegnerizzate ex vivo tramite tecniche di editing genomico per esprimere CAR. La tecnica usata nella fase di “taglia-e-cuci” è però diversa: nel caso di ALLO-316 vengono utilizzati i TALEN, mentre CTX130 prevede l’utilizzo di Crispr-Cas9. Un recente articolo pubblicato su Crispr Medicine News ha fatto il punto su entrambi i trial clinici.
Non c’era momento simbolicamente migliore della vigilia di Pasqua per la diffusione di una notizia relativa al raggiungimento di risultati estremamente incoraggianti da parte di una terapia a base di cellule CAR-T destinata a bambini affetti da neuroblastoma. Finalmente, le CAR-T iniziano a produrre successi anche contro i tumori solidi. Teatro dell’importante evento è stata la sala stampa dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma, mentre a fornire ai numerosi giornalisti convenuti i dettagli di questo studio - contenuti in una pubblicazione apparsa sulla prestigiosa rivista The New England Journal of Medicine - sono stati gli stessi medici e ricercatori che lo hanno sviluppato, coordinati dal prof. Franco Locatelli.
Oggi, grazie alla terapia antiretrovirale (ART), l’HIV quasi scompare dall’organismo. Quasi perché, sebbene diventi praticamente irrilevabile e non possa infettare altre persone, sopravvive in uno stato silente. Nel caso di interruzione nell’assunzione della terapia, il virus si replica all’interno di serbatoi virali nel corpo umano e ricomincia a diffondersi. Per tagliare il traguardo della cura bisogna quindi eliminare le “riserve” virali. Il primo caso descritto di remissione del virus riguarda un uomo sieropositivo di 53 anni che ha subito un trapianto di midollo osseo a causa di una neoplasia ematologica: grazie all’utilizzo di cellule staminali con una mutazione che le rende resistenti all'HIV, provenienti da un donatore, il paziente ha smesso di assumere la terapia antiretrovirale e da allora è rimasto libero dall'HIV. L’ultimo caso è stato riportato su Nature Medicine lo scorso febbraio.
a cura di Anna Meldolesi
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