Quanto si può resistere, fermi ad aspettare, sapendo che il proprio figlio è affetto da una rarissima e grave malattia del cervello e che un innovativo trattamento è “fermo ai box”, rallentato da una macchina burocratica che non è in grado di tenere il passo del progresso scientifico? Per molto tempo i genitori di Simone sono rimasti in silenzio, fino a pochi giorni fa quando, in un post sul suo profilo Facebook, Sebastiano ha dato sfogo a mesi di preoccupazione per la salute di Simone, il figlio di poco più di 3 anni affetto da deficit di AADC. Per questa patologia oggi esiste una terapia genica approvata dalla Commissione Europea ma a cui l’Agenzia Italiana del Farmaco non ha ancora concesso il via libera.
La Human Genome Editing Initiative è arrivata al terzo - e forse ultimo - atto. Il primo summit (Washington 2015) si era svolto all’insegna dell’entusiasmo per l’invenzione di CRISPR, con lo scopo dichiarato di avviare un dialogo costruttivo tra scienza e società. La seconda edizione (Hong Kong 2018) è stata monopolizzata dall’annuncio della nascita in Cina dei primi esseri umani geneticamente modificati. La scorsa settimana gli specialisti riuniti nella capitale britannica hanno provato a superare lo shock e a concentrarsi sulle prossime sfide: allargare il ventaglio delle malattie trattabili, ridurre i costi delle terapie, semplificarle perché siano somministrabili ovunque nel mondo, raggiungere il maggior numero possibile di malati.
Classificata come Dispositivo Medico di classe II, è ora in attesa dell’ottenimento della marcatura CE: DTxO è un’app progettata appositamente per pazienti affetti da obesità che ha l’obiettivo di migliorarne la gestione in regime ambulatoriale. Un approccio non farmacologico che prevede l’introduzione di un piano dietetico, un programma di consigli e uno di esercizio fisico personalizzati, un programma di valutazione e supporto cognitivo-comportamentale, avvisi e promemoria per i farmaci e per l’esercizio, chat e visite online. A questo si aggiunge un percorso di gamification per invogliare e motivare il paziente a seguire il percorso. Lo studio clinico Demetra, recentemente approvato dal Ministero della Salute, coinvolge due centri italiani: l’Istituto auxologico italiano Centro ambulatoriale obesità e il Policlinico di Bari Ospedale Giovanni XXIII.
Cellule “cyborg” sintetizzate in laboratorio per riparare le ferite, trattare malattie come il cancro o trasportare farmaci direttamente agli organi che ne hanno bisogno. È forse l’ultima sceneggiatura che qualche produttore hollywoodiano spera di trasformare in un successo al botteghino? Al contrario. Si tratta, infatti, di una ricerca scientifica pubblicata lo scorso gennaio sulla rivista Advanced Science da un gruppo di ingegneri dell’Università della California, in collaborazione con i colleghi dell’Istituto di Scienze Biomediche dell’Academia Sinica con sede a Taipei. La notizia potrebbe far drizzare i capelli a quanti associano alla parola “cyborg” le immagini dei protagonisti di film come Robocop e Terminator, o fumetti come Ghost in the Shell. Ma è davvero questo che dobbiamo aspettarci o si tratta di qualcos’altro?
a cura di Anna Meldolesi
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