Le terapie avanzate sembrano resistere all’impatto che lo tsunami COVID-19 sta provocando in tutto il mondo. Almeno per il momento. Il blocco dei voli tra i diversi Paesi, infatti, ha messo a serio rischio il trasporto di materiale cellulare necessario sia per i trapianti di cellule staminali, che spesso provengono da donatori residenti in Paesi esteri, sia per le terapie cellulari CAR-T, che nella stragrande maggioranza dei casi vengono ingegnerizzate negli Stati Uniti. Per ora però le soluzioni intraprese sembrano garantire le cure salvavita, come conferma anche Franco Locatelli - Direttore del Dipartimento di Onco-Ematologia e Terapia Cellulare e Genica, IRCCS Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma e Presidente del Consiglio Superiore di Sanità. Mentre a risentirne un po’ di più sono i trial clinici.
Se le terapie avanzate sono ormai sdoganate, con alcuni prodotti già sul mercato e numerosi altri in fase di studio, altrettanto non si può dire della terapia genica o cellulare prenatale, che timidamente inizia a muovere i primi passi. Proprio lo scorso 26 febbraio, un gruppo di ricercatori dell' University of California San Francisco (UCSF), ha dimostrato, in modelli animali, che la somministrazione di cellule staminali in utero può essere una strategia per il trattamento della mucopolisaccaridosi di tipo VII (MPS7), nota anche come sindrome di Sly, che spesso può causare l’aborto. Sulla base di questi dati i ricercatori hanno chiesto alla Food and Drug Administration (FDA) il via libera per un trial clinico.
La terapia genica classica ha come obiettivo quello di fornire all’organismo una copia corretta del gene difettoso che è alla base dell’insorgenza della malattia. Nello studio della Jinan University of China, pubblicato su Nature Communications a fine febbraio, la terapia genica esce un po’ dallo standard: l’approccio è incentrato sull’utilizzo della tecnica per indurre la conversione tra diversi tipi cellulari. Si tratta di una ricerca sulla malattia di Huntington e, al contrario di quello che ci si aspetterebbe, i ricercatori non stanno cercando di ridurre l’accumulo della huntingtina mutata (mHTT), proteina responsabile della morte di alcuni tipi di neuroni e causa della patologia. Lo scopo è invece quello di riprogrammare e trasformare le cellule di supporto ai neuroni (cellule gliali) in neuroni funzionali in grado di sostituire quelli persi.
L’emergenza COVID-19 ha evidenziato la mancanza di una tecnologia rapida, semplice e poco costosa per il rilevamento dei virus. Come se ciò non bastasse, non abbiamo ancora un farmaco disponibile per fronteggiare questa pandemia, di cui non siamo in grado di prevedere la durata. Gli studi clinici in corso sono molti e prendono in considerazione diverse molecole e soluzioni tecnologiche, ma ancora non è stato trovato qualcosa di specifico ed efficace. In questo quadro d’incertezza trova il suo spazio anche CRISPR, il famoso sistema di editing genomico che potrebbe essere utilizzato per contrastare direttamente il virus o come test diagnostico in grado di identificare la presenza dell’agente virale.
a cura di Anna Meldolesi
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