La storia dell’oncologia insegna che la ricerca di “un’unica cura contro tutti i tipi di tumore” è un po’ come la ricerca della pietra filosofale. È uno slogan che medici e ricercatori di tutto il mondo sanno bene non avere attinenza con la realtà che punta, invece, a combinazioni di farmaci e strategie terapeutiche per giungere alla tanto agognata vittoria. Così anche adesso, con l’approvazione delle terapie CAR-T, non basta pensare di produrre e somministrare ai pazienti le cellule ingegnerizzate contando unicamente su un loro successo garantito, ma serve predisporre la strada a questi “superlinfociti”, facilitandone l’azione e anche limitandone i possibili effetti avversi.
Le strategie terapeutiche in sperimentazioni contro l’infezione COVID-19 sono molte e i farmaci vengono testati in trial clinici in tutto il mondo, aspettando la messa a punto di un vaccino adeguato. Le terapie più promettenti includono gli antivirali e gli anticorpi monoclonali, ma bisogna attendere i primi risultati per capire quali molecole saranno in grado di rispondere efficacemente all’emergenza da SARS-CoV-2. Un approccio innovativo contro i virus prevede di focalizzarsi sulle cellule del sistema immunitario e non su un farmaco. AlloVir, azienda statunitense da anni impegnata nello sviluppo di terapie cellulari, potrebbe ampliare la sua piattaforma per riuscire a prevenire infezioni virali come la COVID-19.
A pochi giorni dall’approvazione di Zolgensma® (onasemnogene abeparvovec) in Giappone, il 27 marzo AveXis - azienda inglobata da Novartis - ha annunciato che il Committee for Medicinal Products for Human Use (CHMP) dell’European Medicines Agency (EMA) ha espresso parere positivo sulla terapia genica per la SMA, raccomandandone l’autorizzazione all’immissione in commercio condizionata in Europa. Zolgensma ha ricevuto parere positivo per il trattamento dell’atrofia muscolare spinale (SMA) in pazienti con mutazione bi-allelica nel gene SMN1 e una diagnosi di SMA di tipo 1 o in pazienti con una mutazione bi-allelica nel gene SMN1 e con un massimo di tre copie del gene SMN2.
Quante possono essere le cellule coinvolte nella riparazione muscolare e come comunicano fra di loro? Per provare a dare una risposta, un gruppo di ricercatori della Cornell University (Stati Uniti) ha realizzato un atlante delle cellule staminali muscolari, coinvolte nella rigenerazione del tessuto muscolare. Dal lavoro, pubblicato il 10 marzo su Cell Reports, è emerso che sono circa 35 mila le singole cellule descritte dai ricercatori. Un lavoro importante, utile per capire come avviene il normale processo di riparazione del tessuto muscolare negli adulti, ma che, soprattutto, potrà aiutare a capire i deficit della rigenerazione che si verificano durante l'invecchiamento e nelle distrofie muscolari.
a cura di Anna Meldolesi
Website by Digitest.net