Il lupus eritematoso sistemico (LES) è una condizione autoimmune multifattoriale, divenuta celebre in serie televisive come E.R - Medici in prima linea o Dr. House - Medical Division, che comporta un drastico sfasamento dei meccanismi di immunoregolazione scatenato da varie cause e con uno spettro di sintomi piuttosto ampio: da forme lievi ad altre più severe, come quella della giovane donna tedesca a cui è stato somministrato un trattamento a base di cellule CAR-T che ha “congelato” i focolai infiammatori del LES. Siamo partiti proprio da questo caso per capire, insieme al dott. Fabrizio De Benedetti, responsabile dell’area di ricerca di Immunologia, Reumatologia e Malattie infettive e Direttore dell’U.O.C. di Reumatologia dell’IRCCS Ospedale Pediatrico Bambino Gesù (OPBG) di Roma, le ragioni per le quali le malattie autoimmuni possono essere bersaglio delle CAR-T anti-CD19, già utilizzate nel trattamento di leucemie linfoblastiche e linfomi.
Una delle similitudini più sfruttate quando si parla di terapie a base di cellule CAR-T è quella dei super-soldati, addestrati a riconoscere e distruggere i tumori. Si tratta di una semplificazione (adottata anche per le illustrazioni con cui abbiamo accompagnato la terza puntata del podcast Reshape - Un viaggio nella medicina del futuro) che aiuta a chiarire il meccanismo d’azione di queste terapie avanzate. Ma, riavvolgendo il nastro e fermandosi a riflettere un secondo viene da chiedersi come facciano i linfociti T che pattugliano l’organismo a riconoscere una cellula del loro stesso organismo, distinguendola ad esempio da un virus esterno. La risposta a questa domanda è connessa alla genesi delle malattie autoimmuni nei confronti delle quali le CAR-T, anti CD19 o di altro tipo, costituiscono una nuova frontiera.
I “modellini” possono essere ideati per rivivere affascinanti vicende del passato, per ammirare i dettagli di opere architettoniche o, anche, per sviluppare farmaci innovativi. È per quest’ultimo caso che possono servire gli organoidi oppure gli “organ-on-a-chip”, grazie a cui si possono ricreare organi in miniatura, riproducendo con fedeltà l’architettura di celle e tessuti, mimandone interazioni e funzionamento. Nel caso di alcuni tumori si possono identificare i punti deboli su cui agire con farmaci mirati. Esattamente ciò che hanno fatto i ricercatori guidati da Ana Lleo De Nalda - professoressa ordinaria di Humanitas University e responsabile del Laboratorio di Immunopatologia Epatobiliare di Humanitas di Milano - per il colangiocarcinoma, tumore raro di cui oggi ricorre la Giornata Mondiale.
Uno studio pubblicato ieri su Nature Medicine, firmato da medici e ricercatori dell’Istituto San Raffaele-Telethon per la terapia genica (SR-Tiget) di Milano, descrive i risultati a lungo termine della terapia genica per l’ADA-SCID, una immunodeficienza rara e molto grave. Approvata in Europa nel 2016, Strimvelis ha permesso di trattare 43 pazienti con ADA-SCID dal 2000 ad oggi, 22 nel contesto dello sviluppo clinico (con circa 15 anni di follow-up), 19 dopo la messa in commercio del farmaco e altri due pazienti hanno ricevuto la terapia genica con cellule CD34+ mobilizzate dal sangue periferico. Oggi la produzione e la distribuzione sono responsabilità di Fondazione Telethon, che ha salvato il farmaco dal ritiro dal mercato permettendone l’accesso a chi ne ha bisogno.
a cura di Anna Meldolesi
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