Lo scorso 6 febbraio, la Senatrice Elisa Pirro ha presentato un’interrogazione, a risposta in Commissione X - Affari sociali, sanità, lavoro pubblico e privato, previdenza sociale – con la quale ha richiesto chiarimenti al Ministro della Salute in merito alle misure da adottare per facilitare l'accesso dei pazienti alle terapie avanzate. Secondo quanto riportato nel testo dell’atto di sindacato ispettivo, da diverso tempo ormai, il Parlamento è impegnato a individuare delle soluzioni normative volte a consentire l’accesso ai pazienti alle terapie avanzate ma il Ministro della Salute non ha ancora provveduto a convocare il Tavolo interministeriale sulle terapie avanzate, volto ad individuare una soluzione normativa per rendere sostenibile l’acquisto delle terapie avanzate, che possa tenere conto delle caratteristiche intrinseche delle stesse e della loro componente di spesa di investimento.
Quello delle terapie a base di cellule CAR-T è ormai un pianeta dalle notevoli dimensioni che orbita nella galassia delle terapie avanzate: sono sei i prodotti sbarcati sui mercati statunitense ed europeo negli ultimi 5 anni, con indicazioni in costante aumento. Le CAR-T stanno riuscendo lì dove la chemioterapia aveva fallito, ottenendo l’approvazione degli organi regolatori contro le forme recidivanti o resistenti a più linee di trattamento di leucemia linfoblastica acuta (ALL), linfoma diffuso a grandi cellule B (DLBCL) e mieloma multiplo. Man mano che nuovi risultati giungono dagli studi clinici in corso il ventaglio delle indicazioni d’uso si allarga e cresce il numero di pazienti che può accedere a queste innovative terapie. Ciò solleva un serio problema di produzione che, senza utili soluzioni e strategie efficaci, potrebbe costituire una reale limitazione all’accesso. Una review pubblicata sulla rivista Nature analizza l’attuale quadro proponendo due nuove vie di produzione e distribuzione.
Descritta per la prima volta nel 1817 dal medico britannico James Parkinson nello studio “An Assay on the Shaking Palsy” (“Un saggio sulla paralisi tremante”), la malattia di Parkinson è la seconda patologia neurodegenerativa più diffusa dopo l’Alzheimer. Nonostante i due secoli dalla scoperta e l’elevata incidenza, l’eziologia del Parkinson resta ancora nebulosa e le terapie a disposizione mirano ad alleviarne i sintomi senza riuscire ad arrestarne il decorso. Partendo da queste basi, la comunità scientifica ha deciso, già da qualche anno, di puntare sulle terapia avanzate. A gennaio l’azienda Asklepios BioPharmaceutical (AskBio – filiale indipendente di Bayer), ha annunciato i dati preliminari dello studio clinico di Fase Ib condotto con la terapia genica AB-1005 su undici pazienti affetti da Parkinson.
Tutti i giorni per tutta la vita: il paziente affetto da diabete di tipo 1 non può mai sospendere la terapia insulinica. L’iniezione quotidiana di questo ormone, che il corpo non riesce a produrre da solo, è una questione di vita o di morte. Un’innovazione in questo campo arriva da un nuovo impianto sottocutaneo sviluppato dalle università di Cornell, Ithaca (Stati Uniti) e di Alberta, Edmonton (Canada), una promettente alternativa alle iniezioni giornaliere, ma anche ai trapianti o terapie cellulari che richiedono la somministrazione a vita di immunosoppressori. Il nuovo dispositivo, invece, funziona senza la necessità di ricorrere all’immunosoppressione e potrebbe rivoluzionare la gestione del diabete e semplificare la vita di chi lotta con questa malattia cronica. I risultati sono stati pubblicati su Nature Biomedical Engineering.
a cura di Anna Meldolesi
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