Un conto è lavorare su CRISPR per svilupparne delle versioni sempre più accurate, in grado di effettuare modifiche in specifici punti del DNA; un altro è trovare il modo di portare questo strumento di correzione dentro le cellule, superando il doppio strato lipidico che forma la struttura di base di una membrana. Tra le opzioni più utilizzate ci sono i vettori virali o l’elettroporazione ma, come ha dimostrato il successo dei vaccini a mRNA - compresi quelli per COVID-19, per cui è appena stato assegnato il Nobel per la Medicina - il ricorso alle nanoparticelle lipidiche ha stabilito ottimi risultati. Pertanto, come descritto nel lavoro recentemente pubblicato sulla rivista Blood, la dott.ssa Valentina Vavassori, insieme al dott. Samuele Ferrari e i colleghi dell’SR-Tiget di Milano hanno pensato di estenderne l’applicazione anche alle cellule T e alle staminali del sangue. Vediamo meglio in che modo.
Nel 2017 aveva fatto molto scalpore lo studio, condotto da ricercatori del Children's Hospital of Philadelphia in Pennsylvania (Stati Uniti), che vedeva come protagonisti 8 agnelli cresciuti in utero artificiale e sopravvissuti per circa un mese all’interno del dispositivo. Dopo altri cinque anni di ricerca sarebbero ora pronti per fare il passo successivo: ottenere l’approvazione per le prime sperimentazioni cliniche sull’uomo del dispositivo testato sugli animali. EXTEND (Extra-uterine Environment for Newborn Development), così chiamato, non è pensato per supportare lo sviluppo umano dal concepimento alla nascita, ma la speranza è che possa essere di aiuto per alcune situazioni di bambini nati estremamente prematuri (cioè prima delle 28 settimane di gestazione). Un articolo su Nature ha fatto il punto della situazione.
Scambiando le vocali del termine “parto” se ne ottiene uno (“porta”) di senso completamente differente. Lo stesso accade invertendo le sillabe: le “vocali” possono così trasformarsi in dei salutari ortaggi (“cavoli”). Nelle lingue, come in biologia, una differenza di un paio di lettere può stravolgere il significato di una parola. In questa plasticità è custodito il segreto per potenziare terapie avanzate come le CAR-T e sconfiggere malattie aggressive fra cui la leucemia mieloide acuta (AML). A spiegare come si possa raggiungere un tale straordinario risultato è Gabriele Casirati, ricercatore italiano al Boston Children’s Hospital/Dana Farber Cancer Institute e autore di una interessante pubblicazione sulla celebre rivista Nature.
E se nel futuro le macchine potessero vedere e comprendere il mondo come lo facciamo noi? I veicoli a guida autonoma potrebbero vedere la strada come un guidatore esperto e i robot interagire con oggetti e persone in maniera più efficace. Un futuro che potrebbe non essere così lontano, grazie ai sistemi di visione neuromorfici, che imitano il modo in cui il cervello processa le informazioni visive. I ricercatori della RMIT University di Melbourne (Australia) hanno realizzato un nuovo microscopico sensore, che vede e memorizza le esperienze visive esattamente come un occhio umano, la ricerca è stata pubblicata su Advanced Functional Materials. È solo il primo passo verso la costruzione di occhi bionici di nuova generazione per ripristinare la vista nelle persone affette da gravi malattie degenerative della retina, ne parliamo in occasione della Giornata Mondiale della vista che quest’anno cade il 12 ottobre.
a cura di Anna Meldolesi
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