Forse influenzati dalla famosa favola di Esopo “La lepre e la tartaruga” siamo generalmente spinti a credere che, per portare a termine un compito con accuratezza e precisione, occorra una buona dose di lentezza. ‘Chi va piano va sano e va lontano’ ci ripetiamo continuamente. Se questo può essere vero per la nostra vita quotidiana, spesso non lo è affatto quando abbiamo a che fare con i delicati meccanismi molecolari dell’editing genomico. Lo dimostra bene un articolo recentemente pubblicato su Molecular Therapy che illustra una nuova strategia di correzione di una mutazione genetica alla base della fibrosi cistica. Ce ne ha parlato la prof.ssa Anna Cereseto, capogruppo del laboratorio di virologia molecolare presso il CIBIO di Trento.
Alia Therapeutics, rivoluzionaria start up italiana specializzata in editing genetico nell’ambito delle malattie rare, ha già pienamente dimostrato di essere un’eccellenza a livello internazionale. Ora, grazie a un nuovo finanziamento da 4,4 milioni di euro da parte di Sofinnova Partners, Indaco Bio e un gruppo di investitori italiani riuniti da Banor SIM e Banca Profilo, potrà portare avanti quello che è il suo più ambizioso obiettivo: arrivare quanto prima al paziente. Letizia Goretti, nuovo Amministratore Delegato e Consigliere di Amministrazione di Alia Therapeutics, ci racconta le tecnologie in via di sviluppo da parte della start-up e i futuri obiettivi.
La pandemia di COVID-19 ha dato all’mRNA la notorietà di cui aveva bisogno per diventare protagonista della ricerca in ambito biomedico: i progressi compiuti negli ultimi anni sono stati notevoli e gli investimenti fatti hanno permesso di allargare il ventaglio degli obiettivi delle terapie a base di questa molecola. Tra questi, il cancro. Il termine vaccini potrebbe trarre in inganno, perché nel caso del cancro non sarebbero preventivi bensì terapeutici: infatti, mirano a insegnare alle cellule T del sistema immunitario ad attaccare un tumore esponendole a una proteina, o antigene, anche presente su una cellula tumorale. Pur non prevenendo la malattia, questa strategia – in combinazione con gli approcci più classici – potrebbe migliorare in futuro la gestione di diverse forme tumorali. Ma, attenzione, non è la bacchetta magica contro il cancro come alcuni titoli sensazionalistici apparsi sulle testate giornalistiche hanno voluto far trapelare.
Nel mondo delle corse automobilistiche c’è chi ritiene sia migliore una vettura veloce seppur poco affidabile, piuttosto che una più robusta ma incapace di buone prestazioni: nel primo caso, infatti, le potenzialità per vincere ci sono già ed è più facile fare gli aggiustamenti necessari ad acquisire affidabilità piuttosto che rivoluzionare un progetto alla ricerca dell’efficienza. È curioso come i paralleli tra terapie, fra cui le CAR-T, e le auto da corsa vengano con facilità: dopotutto, si tratta di prototipi avanzati di cui la ricerca non smette mai di occuparsi. E non solo sotto il profilo dell’efficacia ma anche della sicurezza, come dimostra lo studio Tox-Cart dedicato alla valutazione degli effetti collaterali delle terapie a base di cellule CAR-T considerate, non a caso, il fiore all’occhiello della moderna ricerca in campo emato-onocologico.
a cura di Anna Meldolesi
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